L'ong Emergenza sorrisi: si aiutino i medici dell’Afghanistan
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
"Occidentali, aiutateci ad andare via di qui!". La richiesta di aiuto che arriva da Kabul è quella di un uomo diventato invisibile per non morire, un medico, che dall’arrivo dei talebani vive nascosto e che chiede l’anonimato per non essere colpito, perché da oltre un decennio lavora con l’organizzazione italiana Emergenza Sorrisi. A Pope, il chirurgo parla velocemente, poche e rapide parole, per raccontare la pressione che sente su di sé e sulla sua famiglia, perché quella collaborazione avviata per anni con gli stranieri, oggi “infedeli”, potrebbe costare la vita a lui e a tutta la sua famiglia. Lui, che ad oltre 1.200 piccoli ogni anno ha ridato un sorriso che era stato tolto dalle malformazioni, dai traumi di guerra o dalle gravi ustioni, oggi è un uomo braccato.
Bersagli per aver collaborato con gli "infedeli"
“Migliaia di persone stanno aspettando davanti all'aeroporto senza passaporti o visti”, racconta ancora, “alcuni dei miei colleghi stanno scappando da Kabul, io sto cercando di andarmene, ho chiesto aiuto per farlo”. L’appello è straziante, su tutto pesa anche il dolore di non poter fare più niente per tutti i bambini che hanno bisogno. “Per favore sosteneteci. Non so cosa succederà. Il futuro è sconosciuto, ma penso che il mondo sappia cosa potrebbe riservarci. Il fatto che i Paesi stiano portando via la loro gente significa che sanno cosa succederà qui. Dovete aiutare le persone ad andare via da qui!”.
Per portare in Italia lui e la sua famiglia, si è attivata Emergenza Sorrisi che quotidianamente raccoglie richieste di aiuto da parte dei medici afghani che collaborano con l’organizzazione. “Siamo in pena per loro”, dice Fabio Abenavoli, anche lui medico e presidente della ong. “Questi nostri colleghi – spiega a Pope – sono nascosti nelle loro abitazioni, preoccupati per le figlie e per le famiglie. Nel corso degli anni hanno studiato insieme ai medici stranieri, hanno studiato anche nelle università straniere, in Italia li abbiamo portati più volte e ovviamente ora sono dei bersagli, non possono essere accettati in un contesto dove si tornerà all’epoca medievale”.
L’appello all’Italia, si evacuino i collaboratori locali
Abenavoli da giorni è in contatto con le autorità italiane per cercare di aiutare il medico e la sua famiglia. “Abbiamo già inviato una richiesta alla Farnesina, al Ministero degli Esteri e a quello della Difesa, prima ancora all’ambasciata italiana in Afghanistan, con la quale ci siamo relazionati. Io capisco la grande confusione, ma bisogna che, in qualche modo, si diano da fare, perché altrimenti sarà tardi”. La richiesta è così pressante, perché finché in aeroporto continueranno ad essere presenti i militari stranieri, sarà possibile evacuare le persone. “Quando dodici anni fa arrivammo per la prima volta a Kabul ad operare – è il ricordo di Abenavoli - abbiamo incontrato questo medico che faceva ogni anno pochi interventi chirurgici di correzione del labbro leporino e palatoschisi e deformità del volto. Attualmente lui è diventato il referente in tutto l’Afghanistan per questa patologia”.
Il sorriso donato ai bimbi afghani
A tanti bambini e alle loro famiglie, negli anni, Emergenza Sorrisi ha dato la speranza di un futuro normale. È stato fatto un lavoro incredibile, portato avanti soprattutto grazie al personale locale, e ora sembra tutto perduto. “Dobbiamo essere molto concreti, non possiamo pensare che queste persone (i talebani, ndr) in questi anni siano cambiate. Nonostante ieri leggessi sul giornale il comunicato stampa con cui vogliono identificarsi come innovativi, sicuramente si tornerà indietro e questo ritornare indietro contempla anche che ci sarà un bagno di sangue, io non credo che saranno risparmiati dall’essere nuovamente sottomessi a quello che era la legge della sharìa”. Si deve fare qualcosa, conclude il presidente di Emergenza Sorrisi rivolgendosi alle autorità italiane, “bisogna che queste persone siano trasferite in Italia, dove potranno poi distribuire questa loro conoscenza e da dove potranno rafforzare il futuro dei giovani in Afghanistan, per farlo nuovamente cambiare”.
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