Tigray, raid aereo su un mercato
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
Un altro colpo mortale alla regione del Tigray, devastata dal conflitto che da quasi otto mesi contrappone l’esercito etiope e gli alleati eritrei alle milizie del Tplf, il partito popolare di liberazione tigrino. In mezzo, stritolata dalla violenza e dalla fame, la popolazione. E martedì 22 giugno, l’ennesima strage. Questa volta un attacco aereo ha colpito un mercato affollato nel villaggio di Togoga. I militari – secondo quanto riportato dagli operatori sanitari, per i quali sarebbero oltre 80 le vittime - hanno impedito alle squadre mediche di recarsi sul posto. Ancora nessun commento è arrivato dal governo.
Gli appelli di Papa Francesco
Solo dieci giorni fa, , l’appello di Papa Francesco "affinché cessino immediatamente le violenze".
Ma già dall'inizio di novembre, il Pontefice faceva sentire la sua voce. “Seguo con preoccupazione le notizie che giungono dall’Etiopia – furono le sue parole – mentre esorto a respingere la tentazione dello scontro armato, invito tutti alla preghiera e al rispetto fraterno, al dialogo e alla ricomposizione pacifica delle discordie”. Un appello reiterato anche il giorno di Natale, nel , quando Francesco invocò il Divino Bambino per la cessazione delle “violenze in Etiopia, dove, a causa degli scontri, molte persone sono costrette a fuggire”.
L'Onu avvia un'inchiesta
Michelle Bachelet, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha annunciato l'avvio di un'inchiesta entro agosto.
Bachelet ha inoltre affermato che ci sono state segnalazioni di esecuzioni di civili, violenze sessuali contro bambini e migliaia di persone sono state costrette a fuggire dalla proprie abitazioni. La crisi umanitaria non ha risparmiato nemmeno i rifugiati che, dalla vicina Eritrea, avevano cercato una nuova vita nel Tigray e che ora “sono rimasti senza cibo né acqua e non hanno accesso ai servizi essenziali come un alloggio o le cure mediche”. Già a gennaio scorso, Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, aveva denuncia il mancato accesso dell’Unhcr ai campi rifugiati di Shimelba e Hitsats.
I vescovi e le realtà cattoliche
A novembre, subito dopo l’esplosione del conflitto, la Conferenza Episcopale cattolica dell’Etiopia aveva chiesto alle parti in causa di porre fine agli scontri. Poco dopo, i vescovi dell’Eritrea, nonché l'Associazione dei membri delle Conferenze Episcopali dell'Africa Orientale, avevano espresso la loro solidarietà alla popolazione. Forte, inoltre, l’appello del Secam (Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar) per un "cessate il fuoco" immediato, mentre il Consiglio mondiale delle Chiese aveva pregato “per la fine del conflitto, per il ritorno sicuro degli sfollati e per un processo di riconciliazione inclusivo che porti a una pace sostenibile per tutti in Etiopia".
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