Uganda, Museveni per la sesta volta alla guida del Paese
Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Al potere in Uganda dal 1986, Yoweri Museveni ha 76 anni ed è uno dei leader più longevi al potere in Africa. Giurerà oggi a Kampala nella cerimonia di insediamento, dopo aver riportato alle elezioni dello scorso 14 gennaio, il 59 per cento dei voti, contro il 34,83 dei consensi assegnati al suo principale sfidante, il parlamentare e artista musicale Kyagulanyi Ssentamu, conosciuto come Bobi Wine. A permettergli di guadagnare per la sesta volta la presidenza e restare, dopo 35 anni, alla guida del Paese sono due modifiche costituzionali, che nel 2005 hanno abolito il limite dei due mandati presidenziali e nel 2017 hanno rimosso il limite di età di 75 anni per potere correre alla presidenza.
Nell’intervista a Pope, Sara De Simone, ricercatrice presso la Scuola di Studi internazionali dell’Università di Trento, sottolinea come nel continente africano siano diversi i presidenti al potere da molti anni: si pensi, ad esempio a Paul Kagame in Ruanda, mentre altri leader sono stati recentemente deposti, come al Bashir in Sudan e Robert Mugabe Zimbabwe. “Museveni – dice la ricercatrice - ha utilizzato un mix di strategie. Ha rimosso tutti i limiti legali che impedivano la sua rielezione e ha poi ha saputo creare tutta una serie di alleanze interne ed esterne, che gli permettono di continuare a restare al suo posto”.
Lo sviluppo del Paese e le ragioni del malcontento
Nel corso degli ultimi 35 anni Museveni, che il 29 gennaio del 1986 prese il potere con le armi, è riuscito sicuramente a rendere l’Uganda un Paese più stabile in un contesto territoriale caratterizzato da forte incertezza ed ha garantito la crescita adottando politiche economiche di successo. Allo stesso tempo però, nota De Simone, una serie di problemi interessa il Paese. “In primo luogo – aggiunge - il crescente autoritarismo con cui il governo ha esercitato il potere, come si è visto anche nel periodo immediatamente precedente e successivo alle elezioni, durante il quale l'altro candidato alla presidenza, Bobi Wine, è stato imprigionato e il suo team è stato oggetto di maltrattamenti e arresti arbitrari. Inoltre, c’è un problema forte disoccupazione che interessa soprattutto la popolazione giovanile”. Nel Paese, che conta più di 35 milioni di abitanti, il tasso di povertà calcolato dalle Nazioni Unite è del 21,4 per cento, mentre il 75 per cento della popolazione ha meno di 30 anni e l’età media è di 16 anni. “Metà della popolazione giovanile è disoccupata – ricorda De Simone - e il malcontento è in crescita, anche per questo che Bobi Wine è emerso come possibile leader di questa massa di giovani che andrebbe a costituire l'opposizione a Museveni”.
Le tensioni del periodo elettorale e il ruolo dell’opposizione
Un clima di forte tensione ha accompagnato la campagna elettorale per le elezioni parlamentari e presidenziali di gennaio e non sono mancati gli episodi di violenza. L’arresto di Bobi Wine e di un altro candidato alla presidenza ha scatenato proteste nel Paese sfociate in violenze dopo l’intervento delle forze di sicurezza. “Bobi Wine – continua la ricercatrice dell’Università di Trento – si è affermato come leader populista in un certo senso, ha raccolto questo malcontento diffuso, indirizzandolo su discorsi che sono largamente condivisi e che riguardano la democratizzazione del Paese e l’anti-corruzione. L’Uganda degli ultimi dieci anni è stata colpita da una serie di scandali di corruzione di alto livello e il malcontento è evidente soprattutto all'interno delle aree urbane”. Riguardo al ruolo che l’opposizione ha oggi nel Paese, De Simone spiega infine che gli spazi di manovra non sono tanti, al di là di dichiarazioni e prese di posizione.
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