La popolazione mondiale in grave insicurezza alimentare
Marco Guerra - Città del Vaticano
Il numero di persone che affrontano una grave insicurezza alimentare e che richiedono cibo, nutrizione e mezzi di sussistenza urgenti, è aumentato nel 2020. Questa è la pessima notizia che arriva dal quinto Rapporto Globale sulle Crisi Alimentari, stilato da Global Network Against Food Crisies (GRFC), di cui fa parte anche la Fao.
Le ragioni delle crisi
Lo studio indica che guerre, cambiamenti climatici e shock economici, aggravati dalla pandemia di Covid 19, sono le ragioni principali di questa emergenza, che riguarda almeno 155 milioni di persone in 55 Paesi del mondo. Si tratta del livello più alto in cinque anni di rapporti GRFC.
Le aree più colpite
Il numero di persone in crisi nel 2020 è aumentato di 20 milioni rispetto al 2019 (134,7 milioni in 55 Paesi) e l’Africa è rimasto il continente più colpito e in cui risiede il 63% della popolazione in emergenza. Le situazioni più gravi sono state riscontrate in Burkina Faso, Sud Sudan e Yemen, dove 133mila persone nel 2020 erano in piena catastrofe alimentare e necessitavano di un'azione urgente per prevenire decessi diffusi e il collasso totale dei mezzi di sussistenza. Al limite, lo scorso anno, anche la condizione di 28,4 milioni di persone in 38 dei 55 Paesi in crisi alimentare. La Repubblica Democratica del Congo, l'Afghanistan, lo Yemen, il Sudan, il Sud Sudan, l'Etiopia, Haiti e lo Zimbabwe avevano ciascuno più di 1 milione di persone in emergenza. Il rapporto pone poi i riflettori sulla condizione dei bambini. Nel 2020, 75,2 milioni di minori sotto i 5 anni, nei 55 Paesi in crisi alimentare, erano sotto peso e altri 15,8 milioni erano deperiti.
I fattori di insicurezza
I principali fattori di crisi alimentare acuta nel 2020 sono stati: conflitti/insicurezza (99,1 milioni di persone in 23 Paesi/territori); shock economici, compresi quelli derivanti da Covid-19 (40,5 milioni di persone in 17 Paesi) e condizioni climatiche estreme (15,7 milioni di persone in 15 Paesi). Le guerre restano quindi il principale motore delle crisi alimentari, infatti gli esperti che hanno redatto il rapporto osservano che, nonostante le restrizioni di movimento per contenere la diffusione della pandemia, le situazioni di conflitto sono peggiorate in diversi Paesi. Il coronavirus ha poi sicuramente esacerbato le fragilità di molti Paesi in crisi economica. Per questo motivo oltre 40 milioni di persone soffrono di insicurezza alimentare in 17 Paesi nel 2020, una quota in aumento rispetto a circa 24 milioni di persone in otto Paesi nel 2019.
Le previsioni
Le previsioni per il 2021 sono drammatiche. Si stima che 155mila persone in Sud Sudan e Yemen dovranno affrontare una vera e propria catrastrofe alimentare. I conflitti resteranno la principale causa delle crisi alimentari, ma saranno le crisi economiche dovute al Covid-19 ad aggravare la situazione nelle maggioranza dei Paesi.
Dichiarazione della Rete mondiale contro le crisi alimentari
“A un anno di distanza dalla dichiarazione relativa alla pandemia di Covid-19, le prospettive per il 2021 e gli anni successivi appaiono fosche. È probabile che i conflitti, le restrizioni introdotte per arginare la pandemia che inaspriscono le difficoltà economiche e la persistente minaccia di condizioni meteorologiche avverse continueranno a provocare crisi alimentari”: hanno dichiarato le organizzazioni fondatrici della Rete mondiale vale a dire l’Unione europea (UE), l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), il Programma alimentare mondiale (WFP) di concerto con USAID, l'agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale, a margine della pubblicazione del rapporto.
Intensificare lo sforzo della comunità internazionale
“La pandemia Covid-19 ha rivelato la fragilità del sistema alimentare mondiale e la necessità di creare sistemi più equi, sostenibili e resilienti per garantire un’alimentazione regolare e nutriente a 8,5 miliardi di persone entro il 2030 – si legge ancora nella nota -. Se si vogliono conseguire gli Obiettivi di sviluppo sostenibile è indispensabile trasformare in maniera radicale i nostri sistemi agroalimentari”. Nell’intento di far fronte a tali sfide, la Rete mondiale fa inoltre sapere che intensificherà le iniziative per promuovere sistemi agroalimentari sostenibili sotto il profilo sociale, ambientale ed economico. Quest’anno, inoltre, sosterrà eventi di rilievo, quali il vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari, la Convenzione sulla diversità biologica, la Conferenza sui cambiamenti climatici e il vertice “Nutrizione per la crescita” e collaborerà con l’iniziativa lanciata dal G7 per evitare le carestie.
Ragusa: situazione peggiorata negli ultimi 5 anni
“Dagli anni '90 in poi si era assistito ad una graduale diminuzione del fenomeno delle crisi alimentari acute, ma negli ultimi cinque anni la situazione è peggiorata per un mix di fattori, quali guerre, crisi economiche, cambiamenti climatici e ora anche il Covid 19. La pandemia in corso ha determinato un impatto notevole e le restrizioni hanno posto fine ad un’economica informale sui cui si basavano molte realtà locali”, spiega a Pope Orazio Ragusa, portavoce della Ong Azione Contro la Fame.
Portare la questione sul tavolo del G 20
Ragusa ricorda che i Paesi del Sahel vivono condizioni non solo di mancanza di cibo, ma anche dell’acqua. Oltretutto le restrizioni imposte per la pandemia hanno anche impedito a molti pastori di portare le loro greggi al pascolo e a molti altri adulti di lavorare per garantire quel minimo di sussistenza alle loro famiglie. L’esponente della ong esorta infine l’Italia a sfruttare la presidenza del G 20, per mettere sul tavolo delle Nazioni più potenti la questione della lotta alla fame come obiettivo di medio-lungo termine.
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