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I pescatori liberati a Bengasi I pescatori liberati a Bengasi 

Liberi i pescatori di Mazara del Vallo. Mogavero: "un dono inaspettato del Natale"

I pescatori italiani trattenuti a Bengasi da settembre sono stati rliasciati. Il presidente del Consiglio Conte e il ministro degli Esteri Di Maio in Libia a colloquio con il generale Haftar. La gioia dei familiari e di Mazara del Vallo nelle parole del vescovo della città monsignor Mogavero.

Luca Collodi - Città del Vaticano

Dopo circa tre mesi è arrivato il giorno della liberazione per i 18 pescatori di Mazara del Vallo sequestrati in Libia nel settembre scorso. "I pescatori hanno già parlato con i loro familiari e sono a bordo dei due loro pescherecci 'Antartide' e 'Medinea'. Anche i loro colleghi musulmani dopo mesi sono riusciti a scambiare qualche battuta con i familiari”: ha detto il sindaco di Mazara del Vallo (Trapani), Salvatore Quinci. Il presidente della Repubblica italiana Mattarella ha appreso con soddisfazione dal presidente del Consiglio Conte la notizia della liberazione dei pescatori trattenuti in Libia ed ha espresso apprezzamento nei confronti del Ministero degli Esteri e dei  Servizi di informazione e sicurezza italiani "per l'impegno profuso per conseguire questo esito positivo". La vicenda dei 18 pescatori comincia 108 giorni fa, a settembre, quando vengono imprigionati in una caserma di Bengasi, città nell'est della Libia. Si tratta di otto italiani, sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi. Papa Francesco all'Angelus del 18 ottobre scorso aveva pregato, incoraggiando i pescatori e quanti potevano accelerare il loro rilascio.

Mogavero: un lampo che illumina il Natale di famiglie in sofferenza 

"Una bella notizia, commenta monsignor Domenico Mogavero a Radio Vaticana Italia. "Tanto più bella perché inattesa. E’ giunta come un lampo che si è immediatamente propagato. Tanto più bella anche per il tempo di Natale che stiamo vivendo". 

ascolta mons. Domenico Mogavero

R.- Sono stati giorni oscurati, offuscati da questa prigionia, soprattutto per le famiglie, per una città e forse anche per l'Italia intera, che andava prendendo consapevolezza di una tragedia, di un dramma che si consumava nella nostra città e sulla sponda libica, nel carcere dove i nostri 18 pescatori erano tenuti. Una bella notizia perché finalmente libera il cuore da un'angoscia che si faceva insopportabile con una rabbia ben contenuta con dignità dai familiari, ma una rabbia forte per un'ingiustizia che ritenevano tale, fatta a loro, alle loro famiglie e ad una città.

Monsignor Mogavero, cosa ci insegna questa vicenda?

R.- La riflessione è che questa grande sofferenza non dovrà più ripetersi. Si deve affrontare il problema del Mediterraneo, il problema di questo mare che è diventato un mare di angoscia, un mare di morte, un mare che nega la speranza, tutto questo deve finire. Affrontando adeguatamente sia il problema delle migrazioni, sia il problema delle acque territoriali libiche che contro ogni norma di diritto internazionale non vengono limitate alle 12 miglia dalla costa ma si estendono per 74 miglia.  E chi entra lì dentro viene perseguito come i nostri pescatori, perché da parte nostra c'è un diritto da far rispettare, da parte loro c'è un diritto non riconosciuto. Questo è un problema che deve essere posto sul tavolo degli organi internazionali, perché questa iniquità, questa disparità di trattamento, non può essere tollerata. Diciamo basta, così come avevamo detto basta per la prigionia dei nostri 18 marittimi.

 

Basta anche al fatto di utilizzare uomini come merce di scambio in vicende politico-militari…

R.-  Questo è l'aspetto veramente più odioso di tutta la vicenda. Si sono utilizzati 18 uomini per 108 giorni per forzare la mano al governo italiano e ottenere dei riconoscimenti che non possono essere riconosciuti. Io spero che questa trattativa sia finita con il riconoscimento di qualcosa che andava risolto così, senza contropartite, in modo onorevole per chi questo danno l'ha fatto e in modo sofferto, ma altrettanto onorevole, per chi questo danno lo ha subito. Spero che il prezzo che sia stato pagato, non lo so se è stato pagato un prezzo e di che genere, non sia tale da offuscare minimamente la gioia che rimane grande. Soprattutto una gioia che diventa luce nuova su questi giorni prenatalizi che ci prepariamo a vivere.

Questa liberazione può rappresentare un passo in avanti nella normalizzazione dei rapporti tra Tripoli e Bengasi?

R.-  Se una delle conseguenze potesse essere questa,  un corollario di pacificazione anche tra le due realtà, la Cirenaica con Bengasi e la Tripolitania con Tripoli, ecco, accetteremo anche la sofferenza di questi 108 giorni per ridare pace a un popolo che è molto amico dell'Italia, a cui l'Italia si sente molto vicina e che sta soffrendo ormai da anni le conseguenze di una guerra civile che insanguina città e paesi e che ha spopolato anche due belle Chiese.

In queste ore Mazara del Vallo è in festa?

R.- Come può capire la città è unita da un solo anelito che è quello di affrettare l'ora del rientro dei nostri pescatori. Ci vorrà ancora qualche ora prima del loro arrivo, però le ore, i giorni, non vengono più computati nel conto dei giorni di dolore, ma sono i giorni che ci aprono alla grande gioia di poterli riabbracciare. E’ un giorno bello e che capiti all'inizio della Novena del Natale è estremamente significativo. E’ veramente il dono più bello che il Natale potesse fare a queste famiglie, a questi pescatori ed a questa città.  

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17 dicembre 2020, 16:08