La pace e la Costituzione: a Ginevra si torna a parlare di Siria
Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Il rischio, tra gli altri, è quello di “veder uscire la Siria dai radar dei media”, come ha denunciato lo scorso ottobre il cardinale Mario Zenari, nunzio nel Paese, riferendosi ad una “coltre di silenzio” che ha avvolto un Paese alle prese con un annoso conflitto. In tal senso, la ripresa dei colloqui per il futuro di Damasco e per una modifica alla Costituzione è certamente una buona notizia. Ottimismo misto a ragionevole prudenza sul buon esito dei colloqui è quello che trapela da Ginevra.
Quattro giorni di dialogo
In Svizzera, dunque, da oggi e fino a venerdì 4 dicembre riprendono i colloqui inter-siriani mediati dall'Onu per la modifica alla Costituzione del Paese. L'inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, Geir Pedersen, presiede in questi quattro giorni l’incontro del comitato costituzionale siriano, composto da diverse delegazioni: una governativa ed una delle opposizioni, ciascuna delle quali è divisa in una componente politica e in una della società civile. A causa della pandemia e delle conseguenti misure di prevenzione, numerosi membri delle delegazioni non saranno presenti fisicamente a Ginevra e parteciperanno via Internet.
Un percorso lungo un anno
Questi non sono certamente i primi colloqui sulla Siria. Infatti si tratta del quarto round dopo i primi tre che si sono svolti a Ginevra e in maniera virtuale a partire dall'autunno del 2019. Alla vigilia di questo nuovo appuntamento, Pedersen si è detto "ottimista" sulla possibilità di far avanzare in maniera costruttiva la discussione tra le parti. Un futuro, quello siriano, dove la popolazione auspica possa arrivare finalmente la parola pace, accompagnata da sicurezza e speranza, anche per i cristiani presenti nel Paese.
I cristiani in Siria
Quasi un cittadino su due, a partire dal 2011, ha dovuto abbandonare la propria causa a causa del conflitto in corso. Si parla di circa dieci milioni di persone, di cui oltre un terzo costretto a fuggire all’estero. Tra i rifugiati, anche molti cristiani. “Ad Aleppo sono pochissimi i cristiani ad avere fatto ritorno, solo qualche famiglia che si conta sulle dita di una mano”, ha affermato nella nostra intervista monsignor Joseph Tobji, arcivescovo dei maroniti di Aleppo. Il suo racconto mostra un Paese fragile, in grave difficoltà, dove “le sanzioni affamano la popolazione”, portando ad una situazione non dissimile da quando le bombe colpivano le città siriane.
Gli appelli del Papa
In più occasioni il Papa ha rivolto il suo appello per la pace in Siria, pregando per “l’amato popolo siriano”. Tra le altre, ricordiamo le parole dello scorso mese di giugno, quando al termine della recita dell’Angelus, alla vigilia della quarta Conferenza dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite per sostenere il futuro della Siria e della regione, Francesco pregò per il popolo siriano, per quelli vicini ed in particolare per i cittadini più piccoli e vittime del conflitto:
Preghiamo per questo importante incontro, perché possa migliorare la drammatica situazione del popolo siriano e dei popoli vicini, in particolare del Libano, nel contesto di gravi crisi socio-politiche ed economiche che la pandemia ha reso ancora più difficili. Pensate che ci sono bambini con la fame, che non hanno da mangiare. Per favore, che i dirigenti siano capaci di fare la pace.
Per restare all’ultimo anno, anche durante la visita a Bari nel mese di febbraio, in occasione dell’Incontro sul Mediterraneo come frontiera di pace, il Papa ha lanciato un nuovo, accorato appello per la Siria. All’Angelus Francesco ha chiesto che vengano messi da parte calcoli e interessi per salvaguardare le vite dei civili e di tanti bambini innocenti. E come dimenticare poi le preoccupazioni e le richieste concrete contenute in una lettera che il Papa ha voluto indirizzare al Presidente siriano Bashar Hafez al-Assad nell’estate del 2019.
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