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Sbarchi a Lampedusa Sbarchi a Lampedusa 

Cento vittime nei naufragi a largo della Libia. Astalli: servono corridoi umanitari

Padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, raccoglie l’incoraggiamento di Papa Francesco, nel messaggio per i 40 anni di fondazione del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati, ed evidenzia l’attualità della visione profetica di padre Arrupe che quarant’anni fa fondò il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati. “Europa lontana da un cambio di mentalità”. Intanto altri naufragi nel Mediterraneo, 900 le vittime in questo anno

Marco Guerra – Città del Vaticano

Il mare che diventa cimitero. Una frase che nasconde vite, volti, mani che cercano aiuto tra le onde. Uno scenario che si ripete da anni. Ieri due naufragi sono costati la vita a quasi 100 persone. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha parlato di 74 vittime al largo della Libia, in 120 erano a bordo dell’imbarcazione, 47 i sopravvissuti.  Stesso luogo e altri 20 migranti in un secondo naufragio reso noto da Medici senza frontiere. Ma l’Oim, in un comunicato, non dimentica che tra le vittime di questi giorni ci sono stati anche dei bambini come Josef sei mesi.

Appello dell'Oim: la Libia non è un porto sicuro

Otto i naufragi dal primo ottobre, 900 le persone annegate nel Mediterraneo mentre cercavano di raggiungere le coste europee. L’agenzia Onu ribadisce il proprio appello alla comunità internazionale di togliere le restrizioni al lavoro delle Ong che conducono cruciali operazioni di soccorso e aggiunge che la Libia non è un porto sicuro per riportare i migranti. Stesso appello da Emergency e Open Arms, l’unica nave umanitaria impegnata in mare, che ribadiscono la necessità di un meccanismo di soccorso europeo che abbia come priorità la difesa della vita. Non si ferma intanto l'ondata di sbarchi a Lampedusa, dove in poche ore sono circa 246 i migranti approdati. L’hotspot dell’isola è al collasso con più di 600 ospiti mentre proseguono i trasferimenti sulle navi quarantena. 

Ieri Papa Francesco ha inviato una lettera di incoraggiamento al reverendo Thomas H. Smolich SI, direttore internazionale del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS), in occasione del 40.mo anniversario della nascita di questa realtà.

Il Papa: la famiglia umana sulla stessa barca

“Mentre rinnovate e approfondite il vostro impegno nel servire i bisogni vari e complessi dei rifugiati e degli sfollati, prego che tutti voi possiate trarre incoraggiamento e saggezza dalla visione e dall’esempio del vostro fondatore”, afferma il Pontefice ripercorrendo quella storia di dedizione che inizia con i “boat people” che scappavano dal Vietnam nei primi anni ottanta fino alla sfide migratorie dei nostri giorni che evidenziano come “l’intera famiglia umana sia sulla stessa barca”.

Don Santoro: miopia dell’Europa

“E’ successo quello che temevamo, per causa della miopia delle autorità italiane ed europee. Si impedisce di raggiungere le persone che invece continuano a muoversi per motivi economici o per scappare dalla guerre e il Mar Mediterraneo è diventato un grande cimitero”, così al microfono di Benedetta Capelli il commento di don Alessandro Santoro, impegnato nell’accoglienza dei migranti. “Le responsabilità sono grossissime, è inaccettabile che questo continui a succedere e noi dobbiamo a queste persone il nostro impegno fino in fondo”, aggiunge il sacerdote.

Ascolta le parole di don Alessandro Santoro

Padre Ripamonti (Centro Astalli): il Papa ci è vicino

“Il Papa ci è vicino e ci sprona a quella cultura dell’incontro che è sempre meno parte del nostro quotidiano ma che è fondamentale per affrontare le sfide del futuro”, spiega a Pope padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, che poi aggiunge: “L’intuizione di padre Arrupe (fondatore del JRS, nrd) quarant’anni fa era stata profetica e ci indicò tre parole: accompagnare, servire e difendere. Oggi queste tre parole mantengono la loro attualità”.

Ascolta l'intervista a padre Ripamonti

Patto Ue sulle migrazioni

Secondo padre Ripamonti esiste una difficoltà a livello europeo nell’attivare canali umanitari: “Il patto sulle migrazioni presentato a fine settembre aveva come punto centrale il controllo delle frontiere, quindi come tenere fuori le persone piuttosto che come aiutarle. Non c’è un cambiamento di mentalità e la creazione di vie sicure è pertanto difficile”. Il religioso gesuita non vede grandi cambiamenti anche dalla modifica dei decreti sicurezza: “Recepiscono le indicazioni del capo delle Stato sulle multe alle ong per i salvataggi in mare ma non vanno oltre, non c’è un cambio sostanziale nelle politiche italiane ed europee”. “Nel patto sulle migrazioni si parla di solidarietà ma è un termine svuotato – sostiene ancora padre Ripamonti -, perché solidarietà significa prendersi delle responsabilità sia come singoli sia come UE per affrontare il fenomeno migratorio, che è una questione complessa che non può essere risolta dagli Stati del sud Europa”.

Garantire il diritto a non migrare

Il presidente del Centro Astalli indica le azioni necessarie a livello internazionale: “Non solo canali sicuri, serve un’accoglienza strutturata e investimenti nei Paesi di origine maggiori e più controllati, in modo tale che si garantisca il diritto a non migrare”. “Uno dei grossi problemi sono gli investimenti in Africa – prosegue Ripamonti - che spesso mirano solo a rendere più difficile gli spostamenti delle persone anziché migliorare le infrastrutture, che rendano la vita in questi Paesi più adeguata alle esigenze della popolazione”.

Ong osteggiate

Infine il presidente del Centro Astalli sottolinea “che si è fatto in modo di rendere il lavoro delle ong sempre più difficile e questo ha portato le persone a viaggiare con maggior rischi”, ma “il controllo di questa rotta è importante perché altrimenti c’è il rischio che non si sappia cosa succede nel Mediterraneo”.

(Ultimo aggiornamento 13.11.2020 h 8.43)

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12 novembre 2020, 14:06