Sahel: una regione alla disperata ricerca della pace
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
L'aumento della violenza nella regione del Sahel è il risultato di un accesso iniquo alla ricchezza, più che di scontri di carattere religioso. È quanto emerge dal rapporto presentato nei giorni scorsi dal Catholic Relief Services (CRS), l’organismo caritativo dei vescovi degli Stati Uniti per gli aiuti ai Paesi più in difficoltà. Lo conferma a Pope monsignor Laurent Birfuoré Dabiré vescovo di Dori e presidente della Conferenza episcopale del Burkina Faso e del Niger, nel corso della presentazione del documento, che spiega come negli ultimi anni il Sahel sia stato teatro di un’escalation di violenza a causa della nascita di numerosi gruppi terroristici. Si tratta di movimenti armati, che spesso sfruttano la motivazione religiosa per creare caos e instabilità nella regione. Ma la religione – sostiene monsignor Dabiré citando il rapporto del Catholic Relief Services – è solo il modo per questi gruppi per creare divisioni sociali, ma di fatto non esiste una guerra di religione.
Emergenza politica, sociale, economica e umanitaria
Burkina Faso, Niger e Mali sono i Paesi più colpiti dall’avanzata terroristica che da almeno cinque anni sta creando seri problemi a livello politico, sociale ed economico. I rispettivi governi si sono trovati impreparati a far fronte al terrorismo, che si è sviluppato in modo esponenziale in pochissimo tempo. Grave la ricaduta umanitaria di questa situazione – afferma monsignor Debiré –. Oltre un milione gli sfollati che, non potendo più lavorare per sostenere se stessi e le proprie famiglie, vanno avanti solo grazie alla solidarietà e alle iniziative caritatevoli. All’origine di tutto c’è l’insicurezza sociale causata dalle violente scorrerie di gruppi terroristici in continuo aumento, che si sono installati stabilmente in buona parte della regione sub-sahariana, cercando anche di coinvolgere nelle loro azioni gruppi sociali, etnici e religiosi.
Restituire pace e benessere al Sahel
Miseria, sofferenza e disperazione: sono questi gli aspetti salienti che caratterizzano oggi gran parte della popolazione del Burkina Faso, del Niger e del Mali. Per fermare questo trend – sostiene il presule – bisogna fermare questa violenza in modo da poter lavorare sul dialogo sociale, interreligioso e interculturale e riprendere gli sforzi che erano già in atto cinque anni fa per promuovere lo sviluppo economico della regione. I responsabili politici, sia a livello nazionale che locale, i capi religiosi e gli esponenti della società civile hanno un grande lavoro da fare per ricompattare un tessuto sociale che oggi è pericolosamente allo sbando. E’ molto importante – conclude monsignor Dabiré – che ci sia anche un forte sostegno internazionale per far ripartire la macchina del progresso e della convivenza civile.
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