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Migranti a bordo della nave Sea Watch Migranti a bordo della nave Sea Watch 

Libia: sempre più urgente chiudere i centri di detenzione

Chiudere immediatamente tutti i centri di detenzione in Libia, dove migranti e rifugiati sono detenuti in condizioni disumane. Questo l’appello lanciato dal segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres. Secondo Guterres sono oltre 2.700 le persone detenute in questi centri di cui il 22% bambini. L’intervista a Flavio di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni.

Marina Tomarro - Città del Vaticano

Condizioni di detenzione orribili con denunce di torture, sparizioni forzate e violenze di ogni genere commesse da funzionari che gestiscono i centri, senza cibo e nessuna assistenza sanitaria. Così il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres in un rapporto presentato ieri al Consiglio di sicurezza dell'Onu, spiega l’urgenza della chiusura immediata dei centri di detenzione in Libia, dove ormai tutti i diritti umani vengono calpestati ogni giorno. Nel rapporto si dice come questi migranti sono regolarmente minacciati quando chiamano le loro famiglie per chiedere il pagamento di un riscatto. E quando sono considerati troppo deboli per sopravvivere, spesso sono abbandonati vicino ad un ospedale o lasciati a morire per strada.

Diritti umani costantemente calpestati

“Ormai sono tanti mesi che anche noi come Organizzazione Internazionale per le Migrazioni - spiega il portavoce Flavio Di Giacomo -, stiamo chiedendo alla Libia, e alla comunità internazionale di accettare il principio che questi centri vadano chiusi. Noi siamo presenti in quel Paese, e entriamo in alcuni di questi centri, ma non su base giornaliera o comunque solo per alcune ore al giorno, e ci rendiamo conto che oltre a poter portare kit di medicinali, materassi e beni di prima necessità, non possiamo fare altro. Vediamo chiaramente quali sono le condizioni di questi centri, dove non è garantito il rispetto dei diritti umani. Noi preferiamo comunque starci per cercare di alleviare le sofferenze di queste persone, che sono moltissime, e vivono in condizioni al di là di qualsiasi standard accettabile di accoglienza”. Solo quest'anno sono stati 8 mila i migranti che hanno cercato di fare la traversata del Mediterraneo, ma non ce l’hanno fatta e sono stati rimandati nei centri di detenzione. Tra loro anche donne e bambini. “Alcuni di questi centri – continua Di Giacomo - sono sempre controllati dal ministero dell’Interno, ma non fanno parte della lista dei centri di detenzione ufficiali. Centinaia di migranti sono stati trasferiti in strutture in cui nessuno può entrare e non abbiamo notizia di quello che è loro successo. Non possiamo neanche sapere se stanno bene. Il timore è quello che possano essere di nuovo venduti ai trafficanti per essere torturati a scopo di riscatto. Quindi la situazione in Libia è grave, questi centri andrebbero chiusi e sostituiti da centri di accoglienza in cui poter valutare quelle che sono le necessità e le vulnerabilità dei migranti. Siamo purtroppo molto lontani da questa situazione e non è accettabile che cose del genere possano succedere a pochi chilometri dall’Italia”.

Ascolta l'intervista a Flavio Di Giacomo

La comunità internazionale cosa potrebbe fare di più in questo momento?

R - Bisognerebbe essere molto più chiari, innanzitutto evitando che le persone intercettate in mare vengano riportare in questo Paese. Questa è la prima cosa che si dovrebbe fare. Smettere di appoggiare il lavoro della guardia costiera libica, che va bene che salva le persone che potrebbero morire in mare, ma queste non possono essere poi riportate in Libia, perché non è un posto sicuro. Tra l'altro, bisognerebbe anche raccontare in modo diverso quello che è il fenomeno migratorio, perché in realtà in questi primi 8 mesi dell’anno sono arrivate ventimila persone in Italia. Una situazione quindi, assolutamente gestibile, dove non ci troviamo di fronte ad emergenze in termini numerici, ma sicuramente in un’emergenza dal punto di vista umanitario perché, purtroppo, fino ad oggi si contano 558 morti nel Mediterraneo.

Quali potrebbero essere invece le soluzioni praticabili?

R – Dobbiamo pensare che la situazione in Libia, non potrà essere risolta in poche settimane o mesi. Bisogna avere pazienza e la politica deve muoversi. Però la prima cosa che bisogna fare è che questi centri non vengano riempiti, ed evitare che le persone vengano riportate in Libia dalla guardia costiera. Poi la politica dovrà lavorare molto in Libia, per far sì che ci sia una stabilità nel Paese, però chiaramente questo è un discorso molto più ampio, che richiede un approfondimento differente.

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04 settembre 2020, 13:26