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Le bandiere di Unione europea e Regno Unito Le bandiere di Unione europea e Regno Unito 

Ue e Regno Unito alla resa dei conti sulla Brexit

Si torna a parlare di Brexit: secondo le anticipazioni di stampa, il premier britannico Boris Johnson intende chiudere tutta la vicenda entro 38 giorni. Siamo nel tempo della transizione e in ballo c’è la questione commerciale. Con noi l’economista, esperto di governance, Giovanni Fiori

Fausta Speranza – Città del Vaticano

La pandemia ha distolto l’attenzione dal processo di negoziazione in corso, anche se i colloqui tra Londra e Bruxelles sulla Brexit sono proseguiti. E’ tornato a parlarne il quotidiano Telegraph, riferendo indiscrezioni secondo le quali il premier britannico Boris Johnson chiarirà presto che un accordo, applicabile entro la fine dell'anno, deve essere raggiunto entro il Consiglio europeo del 15 ottobre prossimo. Secondo il premier, dunque, se non si arriverà ad una soluzione entro quella data, "non ci sarà un'intesa per il libero commercio ed entrambi dovremmo accettarlo e andare avanti". Si tratterebbe dunque di 38 giorni di tempo. 

Il periodo di transizione

Dopo l’uscita del Regno Unito dall’Ue, formalizzata a fine gennaio, si è aperto il periodo utile per capire se Londra uscirà anche dall’accordo commerciale con Bruxelles con una nuova intesa oppure senza. Formalmente la transizione è prevista dal 1 febbraio 2020 fino alla fine dell’anno. Dunque,  fino al 31 dicembre di quest’anno, il Regno Unito continuerà ad operare in base alle norme europee e non sono previsti cambiamenti immediati nella libera circolazione delle persone. I cittadini europei potranno, quindi, continuare a entrare e uscire dal Regno Unito come sempre, con passaporto o carta d’identità. Le patenti di guida, ad esempio, manterranno la propria validità.

Incognite sul 2021

Per quanto accadrà alla fine del periodo di transizione restano invece incertezze. Bisogna capire se Londra e Bruxelles raggiungeranno un nuovo accordo commerciale o meno. Nella seconda ipotesi, si verificherà il caso della cosiddetta “hard Brexit”. Del punto nodale in discussione al momento e delle conseguenze già registrate o ipotizzate per il prossimo futuro abbiamo parlato con Giovanni Fiori, economista docente di Governance all'Università Luiss:

Ascolta l'intervista con Giovanni Fiori

Secondo Fiori la possibile dichiarazione di Johnson sembra più orientata a presentarsi come posizione di forza per il suo elettorato interno piuttosto che un vero messaggio all'Unione Europea. Il punto chiave in discussione - spiega l'economista - è stabilire in che misura, oltre al libero scambio con gli altri e le abolizioni delle tariffe, l’Ue consenta al Regno Unito di avere in qualche modo una continuità legislativa con il mercato interno europeo. In sostanza si tratta di stabilire se nei prossimi anni il Regno Unito si impegni o no all’armonizzazione delle regole con il mercato europeo o voglia invece andare per la sua strada. Questo significherebbe che Bruxelles applicherebbe le tariffe normalmente applicate agli altri Paesi del mondo al di fuori dell’Ue. Londra non può pretendere un accordo simile a quello che aveva, restando all'interno dell'Ue, perché altrimenti passerebbe la linea che si può uscire dall'Unione senza uscire dall'accordo. Per Bruxelles è inaccettabile. Secondo Fiori, è probabile che si trovi una sorta di accordo che eviti proprio la hard Brexit e che rappresenti un compromesso accettabile. Il professor Fiori inoltre parla di quanti, al di là dei "contendenti", possano trarre beneficio da questa situazione di incertezza, citando i giganti dell'economia: Stati Uniti e Cina, ma anche sottolineando che per altri, come la Russia, potrebbe esserci più un vantaggio politico nella debolezza dell'Europa che un tornaconto economico. Fiori spiega anche come i mercati abbiano già subito l'impatto della Brexit e come il Regno Unito attualmente soffra anche molto il costo della pandemia, capitata proprio in questa fase particolare per il Paese. 

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07 settembre 2020, 12:33