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Beirut. "Speranza, è la nostra ultima parola"

La testimonianza è di padre Abdo Raad un sacerdote che vive nella Beirut piegata dal dolore. Nelle sue parole c'è tutta la gratitudine per l'appello del Papa e per i tanti volontari, semplici cittadini, che sfidano il contagio da Covid-19, per aiutare anche solo con una bottiglia d'acqua, chi ha perso tutto

Emanuela Campanile e Luca Collodi - Città del Vaticano

Ancora una notte di scontri e proteste antigovernative a Beirut per la doppia esplosione avvenuta martedì scorso nel porto della capitale, che ha causato 157 morti e oltre 5 mila feriti - bilancio ancora provvisorio - a cui si aggiungono circa 300mila sfollati di cui 80mila bambini,come riportato dall’Unicef .

"La causa dell'esplosione a Beirut è ancora sconosciuta e c’è la possibilità che si sia trattato di un intervento esterno attraverso un missile, una bomba o qualcos'altro". Lo ha dichiarato, secondo quanto riportano i media locali, il presidente libanese, Michel Aoun, che rifiuta un'inchiesta internazionale sull'accaduto per timore che la "verità sia distorta" e che promette di ricostruire la città meglio di quanto non fosse prima puntando anche ad una revisione di un sistema politico che definisce "paralizzato" dal sistema del consenso.

Anche un solo bicchiere d'acqua

Intanto cercare sopravvissuti, estrarre corpi dalle macerie, offrire un po’ d’acqua alle migliaia di feriti in fila davanti agli ospedali danneggiati o comunque inagibili, è la Beirut dei più piccoli, della gente comune. Indagini, proteste, arresti, scontri, tutto si svolge nei 4 km quadrati di devastazione dove, dice Padre Abdo Raad al microfono di Luca Collodi,  "cerchiamo di darci coraggio" e ci aggrappiamo alle parole del Papa:

La testimonianza di padre Raad

R. - Noi cerchiamo di fare una raccolta fondi con associazioni, con amici, ma anche i nostri volontari sono lì per strada a dare una bottiglia di acqua a un ferito. Cinque ospedali sono fuori uso e i feriti sono in fila davanti all'ospedale... è una cosa terribile. Allora noi cerchiamo di essere un po' coraggiose, nonostante tutto. Le parole del Santo Padre sono state per noi parole di speranza, parole di coraggio di cui abbiamo bisogno. 

Speranza resta, per noi, l'ultima parola. Anche la Chiesa ha messo 20 scuole a disposizione della gente che non ha più casa. Vediamo nei prossimi giorni cosa si fa, cosa faranno anche le organizzazioni. Noi possiamo fare poco, sicuramente non possiamo ricostruire gli ospedali, ma cerchiamo di guarire qualche ferita. Questo è il nostro ruolo, dare un sorriso, una parola di incoraggiamento alla gente, soprattutto ai bambini, che in questo momento ne hanno bisogno.

Covid19, come una piaga su piaga

A rendere ancora più difficile la situazione, è la diffusione del Covid-19. "Ai nostri volontari dico di stare attenti, lo dico sempre - ripete più volte nell'intervista padre Raad - e nonostante tutto vanno avanti, vanno per le strade ad aiutare. E' una tragedia nella tragedia". Il Libano sta attraversando un momento estremamente complicato e difficile in cui il crollo dell'economia, la pandemia e gli ultimi eventi stanno vertiginosamente aumentando disoccupazione e povertà. Secondo i dati raccolti da Save The Children, solo a Beirut oltre mezzo milione di bambini lotta per sopravvivere contro la fame. Molte sono le famiglie che non possono più permettersi cibo, elettricità, combustibile per cucinare, acqua e altri prodotti essenziali.

La preghiera di chi conosce il dolore

La solidarietà internazionale si è subito mobilitata così come il sostegno spirituale di chi conosce la sofferenza: domani Giornata di preghiera e digiuno in Iraq per la Chiesa in Libano, promossa dal Patriarcato caldeo di Baghdad.

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07 agosto 2020, 13:47