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Sport senza frontiere: attivato il progetto "Joypoint" Sport senza frontiere: attivato il progetto "Joypoint"

Sport senza frontiere: a causa del lockdown, nuovi gap nei bambini più vulnerabili

Ripartono le attività della onlus impegnata nel rendere lo sport accessibile a tutti. Con noi il presidente Alessandro Tappa

Amedeo Lomonaco - Città del Vaticano

Le limitazioni messe in atto per il contenimento del Covid-19, oltre ad incidere in generale sulla salute della popolazione, sulla coesione sociale e sullo sviluppo dei territori, hanno avuto un forte impatto sulle categorie più vulnerabili e in particolare sul benessere psicofisico dei bambini. Lo sottolinea Alessandro Tappa, presidente di "Sport senza frontiere" aggiungendo che dopo la fase più acuta della pandemia ripartono le attività della onlus a servizio di bambini e famiglie vulnerabili.

Ascolta l'intervista ad Alessandro Tappa

R. - Dopo il periodo del lockdown, abbiamo ritenuto importante e necessario riportare i bambini all'aria aperta a giocare, a divertirsi e a stare insieme. In base alla nostra esperienza del “Joy summer camp”, nata nel 2017 per dare un aiuto ai bambini colpiti dal terremoto nel Centro Italia, abbiamo pensato di esportare quel modello mettendo a disposizione dei Joy Point, ovvero centri estivi sportivi e ricreativi. Centri che possono accogliere, in primis, tutti i bambini che seguiamo durante l’anno. Si tratta di minori vulnerabili che si trovano in una situazione di disagio socio-economico con famiglie che, a causa del coronavirus, hanno visto aggravarsi la loro situazione da questa punto di vista.

Quali sono i nuovi bisogni di queste famiglie in questo periodo?

R. - Dopo la chiusura delle scuole, la sospensione dell’attività sportiva e l’impossibilità di uscire, i bambini hanno accumulato diversi gap dal punto di vista relazionale, cognitivo, ludico e motorio. I bambini sono molto delicati e anche molto forti nello stesso tempo. Hanno bisogno di socializzare. Perciò abbiamo riscontrato che è necessario adesso riportarli ad un certo tipo di attività per curare i traumi accumulati.

Riferendosi alla pandemia, si parla spesso di problemi di salute legati all’apparato respiratorio ma ci sono altri effetti, non secondari, generati dal lockdown, che comportano traumi di natura psicologica. E questi riguardano un po' tutti ma in particolare proprio i bambini e in special modo quelli più vulnerabili…

R. –  E' così, inoltre i bambini più vulnerabili appartengono spesso a famiglie in condizioni particolari. E durante questi mesi ci sono state dinamiche in queste famiglie, in particolare in quelle monofamiliari, dove a volte accadevano cose non troppo piacevoli. In più i bambini privati della possibilità di uscire, di giocare e di stare con gli altri loro coetanei hanno accumulato tanti gap. Faccio degli esempi: bambini stranieri che per esempio prima del lockdown parlavano benissimo la nostra lingua, hanno smesso di parlare. Altri bambini hanno sviluppato gravi disturbi del sonno. Per altri ancora abbiamo riscontrato alti livelli di irascibilità. Questo riguarda tutti i bambini. Ma chiaramente quelli che vivono in situazioni più disagiate hanno subito spesso anche traumi familiari abbastanza importanti. È quindi importantissimo che abbiano altri punti di riferimento e ritrovino altre relazioni che possano dar loro fiducia.

Un'iniziativa, come quella legata ai centri estivi, in questo periodo specifico, è un ponte essenziale in vista anche della riapertura delle scuole…

R. - Questo è importantissimo perché consente ai bambini di riprendere un percorso educativo, relazionale. Noi che ci occupiamo di utilizzare lo sport come strumento di integrazione, di inclusione e coesione sociale lo facciamo durante tutto l'anno. Infatti siamo già pronti, insieme alla riapertura delle scuole, anche a riportare i bambini a fare le attività sportive inserite nei corsi sportivi normali secondo il nostro modello di intervento. Perciò questa attività estiva è proprio un ponte necessario per far riprendere a loro un certo ritmo dandogli benefici e strumenti che gli consentano di riprendere un percorso per poi andare ad inserirsi nuovamente nella parte scolastica e sportiva. Per questo, noi stiamo dotando i nostri centri estivi con una serie di laboratori per lavorare su aspetti espressivi e motori, su quelli dell’educazione digitale, degli stili di vita e dell’alimentazione. 

Sport senza frontiere e il lockdown

Durante la fase di lockdown, Sport senza frontiere ha messo in campo risorse, esperienza e capacità per garantire anche in quel periodo, una costante vicinanza ad oltre 400 bambini che vivono situazioni di disagio socio-economico o psicologico. Di seguito il video della onlus:

Sport Senza Frontiere e l'emergenza Covid-19

Durante la fase più acuta della pandemia, Papa Francesco ha più volte esortato a pregare per le famiglie, costrette a restare a casa per l’emergenza coronavirus. "Oggi vorrei ricordare - ha detto il Pontefice lo scorso 21 marzo durante l'omelia nella Messa mattutina a Santa Marta - le famiglie che non possono uscire di casa. Forse l’unico orizzonte che hanno è il balcone. E lì dentro, la famiglia, con i bambini, i ragazzi, i genitori… Perché sappiano trovare il modo di comunicare bene tra loro, di costruire rapporti di amore nella famiglia, e sappiano vincere le angosce di questo tempo insieme, in famiglia. Preghiamo per la pace delle famiglie oggi, in questa crisi, e per la creatività".

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30 giugno 2020, 08:00