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Emergenza Libia. Padre Baggio: c'è bisogno di attenzione e di garanzie

Interpella le coscienze l'esortazione del Papa, ieri all'Angelus, perchè si mettano a punto strategie di dialogo per la pace in Libia e percorsi di assistenza per le vittime di violenze e sfruttamento. Un richiamo politico e umanitario proprio mentre scontri si concentrano intorno alla città di Sirte e l'Onu torna a raccomandare rispetto e indagini per le fosse comuni ritrovate a Tarhuna. La riflessione di padre Fabio Baggio, sottosegretario del Dicastero per lo sviluppo umano

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Nelle parole di Papa Francesco, rivolte domenica scorsa dopo la , a chi muove i fili della politica e a tutti – introdotte e scandite dall’espressione semplice ma accorata “Per favore” - ci sono attenzione e umanità ma anche grande concretezza. Dell’appello e del richiamo possibile all’ultimo rapporto dell’Onu sulla Libia di maggio, abbiamo parlato con padre Fabio Baggio, sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale:

Ascolta l'intervista con padre Fabio Baggio

Padre Baggio ricorda il rapporto che l'Onu ha pubblicato a maggio, in cui – spiega – ci sono punti che convergono con l'attenzione richiesta dal Papa. Si tratta di mettere in atto propositi di dialogo tra le parti per arrivare a una riconciliazione, mentre però si agisca a favore delle persone che, anche a causa della pandemia, sono sempre più esposte a violenze e sfruttamento o bisogni essenziali estremi. Padre Baggio sottolinea che bisogna ricordare – come ha fatto il Papa e come fa il rapporto Onu – che ci sono le situazioni e le condizioni difficili e drammatiche dei migranti, ma ci sono anche le emergenze di libici che sono sfollati interni al Paese, a causa dell'avanzare o dello spostarsi dei combattimenti. Per quanto riguarda la responsabilità alla quale Papa Francesco ha richiamato tutti, padre Baggio mette in luce la differenza di ruoli. Ovviamente chi ha ruoli politici o militari è chiamato ad un tipo di intervento che non può essere lo stesso per tutti. Nel caso dei credenti, tutti possiamo pregare. Ma anche nel caso dei non credenti c’è un richiamo possibile: alla responsabilità, ad esempio, di non assuefarsi a contesti di violenza e a scene di “crudeltà”. Anche questo può dare un contributo prezioso: spronare le nostre società a cercare qualcosa di diverso, a procedere sulla via del progresso dell'umanità che significhi superare tali situazioni di mancanza di dignità e di futuro per le persone. E tenere alta l'attenzione mediatica aiuta a tenere deste le coscienze. Padre Baggio ricorda come alcune immagini, ad esempio, di bimbi migranti affogati, abbiano suscitato grande sdegno, maanche  che dopo qualche giorno sembrava già che nessuno se ne ricordasse più.

Il contenuto dell'intervento del Papa

Il Papa ha esortato “gli Organismi internazionali e quanti hanno responsabilità politiche e militari” a rilanciare "con convinzione e risolutezza la ricerca di un cammino verso la cessazione delle violenze, che porti alla pace, alla stabilità e all’unità" in Libia.” E poi è tornato ad assicurare la sua preghiera per tutti i civili coinvolti, in particolare ricordando “le migliaia di migranti, rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni”. Anche su questo piano si è espresso con grande concretezza: anche in questo caso ha detto “per favore” dopo aver messo il mondo davanti a una verità innegabile: “C'è crudeltà”. Il Papa ha ricordato quello che sappiamo tutti: “La situazione sanitaria ha aggravato le loro già precarie condizioni, rendendoli più vulnerabili da forme di sfruttamento e violenza”. Da qui l'invito alla comunità internazionale “a prendere a cuore la loro condizione, individuando percorsi e fornendo mezzi per assicurare ad essi la protezione di cui hanno bisogno, una condizione dignitosa e un futuro di speranza”. E poi il richiamo: “tutti abbiamo responsabilità, nessuno si può sentire dispensato. Preghiamo per la Libia in silenzio, tutti.”

Gli ultimi sviluppi della conflittualità in Libia

Il Governo di accordo nazionale libico (Gna) ha annunciato che dal Consiglio militare di Zuwara sono arrivati nuovi rinforzi militari per partecipare ai combattimenti nella città di Sirte controllata dal generale Khalifa Haftar. Si combatte ad ovest della città di Sirte "per partecipare alla liberazione dell'intera area dalle forze di Haftar". Intanto, dalle file di Haftar, che ha il suo centro di potere a Bengasi, il portavoce dell'autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), Ahmed al Mismari ha accusato la Turchia - principale alleato del Gna - di aver "schierato sette navi da guerra al largo delle coste libiche, oltre a inviare nuovi gruppi di mercenari, soldati turchi e ufficiali con l'obiettivo di controllare l'area della mezzaluna petrolifera dove si trovano gli investimenti della maggior parte delle compagnie straniere in Libia".  L’ufficiale di Bengasi ha aggiunto: "Abbiamo registrato crimini commessi dalle milizie che violano le alleanze internazionali a Tarhuna, Al Asabia e in diverse città libiche".

La drammatica questione delle fosse comuni

Accuse sono state rivolte alle milizie di Bengasi per il ritrovamento di "fosse comuni" nella località di Tarhuna, che nelle settimane scorse è stata riconquistata dalle forze di Al Serraj.  Da parte sua, l'Lna ha invitato la missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) ad accelerare le proprie indagini in merito, oltre a indagare sulle mine collocate intorno a Tripoli dopo che le forze di Haftar si sono ritirate. In una dichiarazione ufficiale, l'Lna ha negato qualsiasi responsabilità per questi crimini, chiedendo un'indagine imparziale e indipendente da parte delle organizzazioni internazionali sulle fosse comuni, rilevando che "le Nazioni Unite hanno chiesto indagini che l'esercito accoglie con favore". Da parte sua, la Commissione per i diritti umani del parlamento libico di Tripoli, dissidente rispetto a quello riconosciuto di Tobruk, ha precisato che sono undici le fosse comuni trovate dalle forze del Gna nelle aree della Tripolitania dalle quali si sono ritirati di recente gli uomini di Khalifa Haftar. La Commissione ha concordato con un gruppo di donne della società civile un "piano d'azione comune" per documentare tutti i "crimini di guerra" commessi dalle forze di Haftar. La denuncia è avvenuta durante un incontro tenuto dalla commissione presieduta dal deputato Luay Najib Al-Ghawi con un gruppo di donne della società civile interessate ai diritti umani, secondo una dichiarazione pubblicata dal Parlamento sulla sua pagina Facebook. 

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15 giugno 2020, 12:49