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Libia, al-Serraj chiede sostegno all'Onu

Tracciamo il quadro della situazione politica in Libia a seguito dei recenti sviluppi sul terreno tra le truppe del governo riconosciuto internazionalmente di al-Serraj e quelle del suo rivale, il generale Haftar, con la popolazione stremata da anni di guerra e l’irrisolta questione migratoria. Ci aiuta nella riflessione l’esperto di Nord-Africa, Luciano Ardesi

Elvira Ragosta – Città del Vaticano

Sostegno nello sforzo di unire i libici e di lavorare a una soluzione politica per il Paese. E’ quanto chiede ad Europa e Onu, in un'intervista pubblicata oggi sul quotidiano italiano La Repubblica, Fayez al Serraj, il presidente del governo libico internazionalmente riconosciuto. Guarda al futuro della Libia Serraj, allo sviluppo del processo democratico e del progresso politico, che – afferma - esigeranno nuovi rappresentanti. Sull’attuale situazione del Paese e soprattutto sugli ultimi sviluppi sul terreno tra le truppe del governo di al- Serraj e quelle del generale Haftar, l’esperto di questioni Nord-africane Luciano Ardesi dice a Pope: “Al- Serraj è riuscito a rompere l'assedio che il rivale Haftar aveva cinto attorno a Tripoli e si è spinto fino ai confini con la Cirenaica, che è, diciamo così, il terreno dove Haftar si è insediato. Questo significa che l'equilibrio è ritornato ad uno stato in cui era un anno fa, prima dell'offensiva che lo stesso Haftar aveva lanciato contro Tripoli e questo dà a Serraj un margine di manovra che non aveva più da molto tempo.

Ascolta l'intervista a Luciano Ardesi

 Al Serraj chiede all'Europa e all’Onu di aiutare per una soluzione politica della crisi libica. Che prospettive ci sono?

R. - Da quando al-Serraj è riuscito a rompere l'assedio attorno a Tripoli sicuramente ha una maggiore possibilità di prendere iniziative politiche, però Haftar conta ancora sull'appoggio di altri Paesi e quindi si prospetta comunque uno scontro armato all'ultimo sangue, perché Haftar non sembra avere l'intenzione di cedere al rivale contro il quale combatte ormai da anni.

 Da che cosa dipenderà il futuro politico e istituzionale del Paese?

R. - Dipenderà dalla politica estera degli Stati che si stanno occupando della Libia in questo momento, in modo particolare Turchia e Russia. Finora i due Paesi, che avevano la stessa rivalità in Siria, ma che erano riusciti a trovare un accordo sulla questione siriana, non sono ancora riusciti a trovare un equilibrio sulla Libia. Io penso che fino a quando questa rivalità continuerà e non sarà trovato un punto di equilibrio tra i due, la guerra in Libia continuerà, con più o meno intensità, come abbiamo conosciuto in questi ultimi anni

Come vive la popolazione libica in questo momento, quali sono le sue difficoltà?

R. - Naturalmente è una popolazione stremata dalla guerra, che ha colpito diverse regioni della Libia, anche nel Sud - ma di questo si parla molto poco. Inoltre, anche se con intensità minore, è stata colpita anche dalla pandemia; probabilmente i dati sono sottostimati per il fatto che la struttura sanitaria del Paese è stata sconvolta e in gran parte distrutta dalla guerra, però è una popolazione che sopravvive con grosse difficoltà alle guerre e alle tensioni che ci sono tra le diverse milizie che scorrazzano nel Paese.

Resta di forte attualità anche la questione migratoria per la Libia, che soluzioni ipotizzare in questo senso?

R.- E’ difficile. Fintanto che durerà la guerra, sia Haftar che al- Serraj ‘giocheranno’ sui flussi migratori per fare pressione sul'Europa o verso l'uno o l'altro partner per ottenere un appoggio che gli consenta di rafforzarsi poi sul piano interno. Da questo punto di vista non ci sono buone prospettive, anche perché continuano i campi di detenzione, non tutti controllati peraltro dai governi, ma alle volte sono praticamente dei campi nelle mani di milizie private che vengono gestiti nei modi che conosciamo, cioè con assoluta negazione della dignità di queste persone. 

Nel futuro assetto istituzionale della Libia si può ipotizzare la compresenza delle due figure, di al-Serraj e del generale Haftar?

R.- Io penso che sarà molto difficile. L’Onu ci ha provato un anno fa, ha convocato una conferenza nazionale che doveva trovare un equilibrio, una sorta di coesistenza tra i due rivali e Haftar ha rovesciato il tavolo e ha cominciato ai primi di aprile dello scorso anno l'offensiva che lo ha portato alla periferia di Tripoli. Vedo difficile, dopo un una guerra così intensa e una rivalità così forte anche sul piano personale, riuscire a mettere d'accordo i due rivali, anche perché fino ad ora non c'è stata la necessaria pressione internazionale per costringere questi due personaggi a trovare un accordo.

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19 giugno 2020, 13:00