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Attacchi tra i civili nei pressi della città di Tajura Attacchi tra i civili nei pressi della città di Tajura 

Stenta l'impegno Ue contro il traffico di armi nel Mediterraneo

Non ha ancora preso forma la missione Irini, voluta per far rispettare l’embargo delle Nazioni Unite nelle acque della Libia. Doveva partire il 4 maggio, ma, oltre alla pandemia, ci sono questioni irrisolte tra i Paesi membri a creare ostacoli. Intanto, proseguono gli scontri sul terreno, mentre sembra sempre più ardua l'avanzata di Haftar verso Tripoli. Le nostre interviste

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Al momento, risultano impegnati una nave francese e due velivoli da pattugliamento, uno lussemburghese ed uno polacco, mentre nei giorni scorsi Malta si è ritirata e l’Italia, che ne detiene il Comando e ne ospita il Quartier generale, deve ancora completare l'iter del Decreto Missioni con il passaggio, forse anche in settimana, in Parlamento. L'Onu ha decretato l'embargo dal 2011: non devono arrivare armi al Governo di alleanza nazionale di Tripoli, guidato da Fayez al-Sarraj e neanche alle truppe del generale Khalifa Haftar a Bengasi. Per cercare di far rispettare l'embargo fin qui violato, l'Unione Europea ha lanciato a febbraio la missione Irini, mandando in pensione quella denominata Sophia, che aveva l'obiettivo di contrastare il traffico di esseri umani nel Mar Mediterraneo. Il comando di Irini, che in greco significa pace, è affidato all'Ammiraglio Fabio Agostini e dovrebbe chiamare in campo 500 uomini, oltre a prevedere da parte italiana una nave, un MPA P-72A, un Uav Reaper per un dispositivo complessivo di circa 500 uomini.

L'abbandono di Malta

A Bruxelles l’Alto rappresentante della politica estera e di difesa europea, Josep Borrell, sta cercando di far desistere Malta dal suo ritiro promettendo aiuti e finanziamenti per far fronte a nuovi flussi di migranti (che attualmente sono molto scarsi per il virus e la guerra in Libia). Il Governo di Malta ha deciso di uscire dall'impegno di Irini, adducendo questioni finanziarie. I media scrivono, però, che La Valletta teme che con l'avvio della missione nel prossimo futuro, in caso di un’eventuale ripresa dei flussi migratori, la Guardia costiera libica non aiuti più i maltesi a bloccare le partenze, scaricando sulle autorità maltesi il compito di controllare i flussi.

La contrarietà della Libia

Il governo presieduto da Fayez al Serraj sostiene che Irini, essendo una missione sostanzialmente navale, finirebbe col bloccare solo i rifornimenti che arrivano via mare dalla Turchia e non quelli ad Haftar che arrivano via terra dall'Egitto e via aerea dagli Emirati. Per questi ultimi vi sarebbe solo la possibilità di puntare l'indice sui violatori dell'embargo (Egitto ed Emirati) con il meccanismo del “naming e shaming” davanti al Comitato sanzioni delle Nazioni Unite che sarà presieduto tra breve dalla Germania. Delle criticità e delle potenzialità della missione Irini, degli interessi nazionali che hanno impedito finora un’azione coesa europea, della necessità di perseguire anche in parallelo il dialogo intralibico, coinvolgendo però i tanti attori dello scenario politico-sociale del Paese nordafricano, abbiamo parlato con Michela Mercuri, docente di Storia contemporanea dei Paesi del Mediterraneo all’Università di Macerata:

Ascolta l'intervista con Michela Mercuri

A sottolineare quanto sia arduo il compito di osteggiare il traffico di armi per le implicazioni diplomatiche, ma anche a ricordare proprio l’importanza e l’urgenza di farlo con un reale impegno politico, è il giornalista Francesco Terreri, che ha curato diverse pubblicazioni in tema di armi. Terreri, innanzitutto ribadisce che l'embargo non è rispettato:

Ascolta l'intervista con Francesco Terreri

Intanto non si fermano gli scontri sul terreno

Il generale Khalifa Haftar ha perso ieri una base aerea - quella di Watiya - conquistata dalle forze del primo ministro Fayez al Sarraj, che ha potuto così definire più vicina una "vittoria". La struttura, situata a 130 chilometri a sud-ovest della capitale libica, era considerata strategica per il generale della Cirenaica, che dall'aprile dell'anno scorso sta cercando invano di prendere Tripoli. La scorsa settimana, almeno due persone sono morte e sei sono rimaste ferite nell'attacco a Tripoli che ha colpito un centro profughi. Le persone del rifugio di Fornaj provengono principalmente dal vicino distretto di Ain Zara. Secondo le forze del governo di accordo nazionale di Fayez al-Serraj, l'attacco è arrivato dopo che l'aviazione della capitale aveva distrutto una contraerea russa recentemente consegnata proprio alla base militare di Al Watya, a sud della capitale.

A ricevere una battuta di arresto sono gli aiuti

Circa 400 mila libici sono stati sfollati dall'inizio del conflitto nove anni fa, circa la metà dei quali nell'anno passato, da quando l'attacco alla capitale, Tripoli, è cominciato. Prima che il coronavirus rendesse tutto ancora più complicato, a marzo scorso, i partner umanitari hanno riportato un totale di 851 restrizioni di accesso ai movimenti di personale e aiuti umanitari all'interno e verso la Libia. I rappresentanti di Unhcr, Oms, Oim, Unicef, Ocha, Unfpa e Wfp, in una dichiarazione congiunta, hanno chiesto la fine dei combattimenti in Libia e la protezione dei civili: ''Nonostante gli appelli ripetuti per un cessate il fuoco umanitario, anche dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, - si legge - le ostilità continuano senza sosta, impedendo l'accesso e la consegna di aiuti umanitari fondamentali”.

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18 maggio 2020, 21:02