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La crisi economica legata al coronavirus fa crollare il Pil La crisi economica legata al coronavirus fa crollare il Pil 

Asvis: l'Europa esca più forte dalla crisi, non conta solo il Pil

Per effetto del coronavirus, il Prodotto Interno Lordo nell'Eurozona calerà dell'8%, la disoccupazione salirà al 9,6%. Enrico Giovannini, portavoce dell'Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile: "Le condizioni di salute del sistema sanitario, le disuguaglianze e la qualità dell'ambiente dovranno essere messe allo stesso livello"

Alessandro Guarasci - Città del Vaticano

In tutta Europa i governi stanno mettendo a punto iniziative per sostenere l’economia, le imprese, le famiglie, colpite dalla crisi del coronavirus. Per l’Eurozona ci sarà una contrazione media del Pil dell’7,7% nel 2020, ma in alcuni paesi, come Italia e Grecia, sarà superata la soglia del 9%. La disoccupazione salirà al 9,6%.  “E' abbastanza chiaro che siamo entrati nella recessione economica più profonda nella storia Ue", così il commissario all'Economia Paolo Gentiloni. E' urgente rivedere quindi i modelli di crescita e di sviluppo. Per l’economista Enrico Giovannini, portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile “quattro mesi fa, all'incontro del World economic forum di Davos, non si parlava altro che di un cambiamento del capitalismo per renderlo più responsabile, più sostenibile, per evitare i danni ambientali e lottare contro le disuguaglianze. Questa crisi ha enfatizzato molto la fragilità dei nostri sistemi sia economici sia sociali”:

Ascolta l'intervista a Enrico Giovannini

R. - Tutto ciò ha mostrato le relazioni che esistono tra qualità dell'ambiente e la diffusione dei virus. Al termine di questa crisi domandandoci che cosa dobbiamo cambiare, la risposta dovrebbe essere "tanto", non necessariamente "tutto". Ma questo dipende molto dalla politica, dal cambiamento di mentalità degli individui, e anche dal punto di vista di chi gestisce le imprese.

Professore, dunque meno attenzione al Prodotto interno lordo e più agli indici di benessere?

R. - Il Pil è una misura importante della quantità di produzione di ricchezza prodotta, e proprio in questi mesi guardando i dati Istat scopriremo che la caduta del prodotto, grazie a una politica fiscale espansiva, non necessariamente si trasforma in una caduta di pari entità del reddito delle famiglie. E quindi dobbiamo guardare dati diversi. Le condizioni di salute del sistema sanitario, ma anche le disuguaglianze destinate, e la qualità dell'ambiente dovranno essere messe allo stesso livello, o certamente più in evidenza rispetto a prima accanto alle variabili economiche. Dobbiamo imparare a leggere la complessità. Credo che questa drammatica crisi ci mostri proprio le eccessive semplificazioni che abbiamo avuto nel passato, pensando che la crescita del Pil, ahimè molto bassa in Italia negli ultimi vent'anni, fosse comunque un indice di soddisfazione e di solidità del sistema.

Ma allora secondo lei quando la Commissione Ue ha varato il Green Deal è stata previdente?

R. - Io sono molto contento di come la Commissione sta reagendo a questa crisi. Vorrei ricordare che il documento sottoposto all'attenzione dei capi di stato e di governo all'ultimo Consiglio Europeo si intitola “Per Un'Europa resiliente, sostenibile e giusta”. Vuol dire che la Commissione intende definire le politiche future anche rispetto al cosiddetto fondo per la ripresa. Questo in coerenza con le decisioni e l’assunzione dell' agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile come stella polare di tutte le politiche. Ora però dipenderà dagli stati membri. Ed è qui dove vedo il rischio che già vivemmo nella crisi 2008-2009, ovvero che alcuni paesi scelgano la crescita quantitativa, la ripresa del Pil purché sia. E quindi magari buttando a mare i piani di riconversione ecologica, senza attenzione per le condizioni dei lavoratori e così via. Quel film che abbiamo visto più di 10 anni fa spero proprio non si ripeta.

Quando si è parlato di aiuti per i paesi colpiti al coronavirus, la tensione nel Consiglio Europeo, nei vertici dei capi di stato europei è stata comunque molto alta.  I Coronabond potevano essere un'alternativa valida rispetto a quello che poi è stato approvato?

R. - Certamente sì, perché inizialmente non si è percepito quanto stava avvenendo. E dunque pensare che fosse accaduto in Italia, in particolare in alcune aree, solo per disattenzione o cattiva gestione della pandemia è stato un riflesso condizionato sbagliato. Abbiamo visto quanto è complesso gestire la fase 1, la fase 2, e quanto è necessario anche un concetto di solidarietà europea per mettere in campo strumenti finanziari massicci per il futuro. La partita sui cosiddetti Coronabond non è necessariamente finita. Questa settimana la Commissione dovrebbe mettere sul tavolo i dettagli per il finanziamento del piano per la ripresa, e ci sono varie opzioni. Vedremo se i capi di stato e di governo avranno non solo la solidarietà, ma anche la lungimiranza per decidere correttamente. O l'Europa esce più forte da questa crisi o il rischio di disintegrazione. può diventare reale.

Quale consiglio si sente di dare in questo momento al governo italiano per sostenere le famiglie?

R. - Noi come Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, insieme al Forum disuguaglianza e diversità di Fabrizio Barca, abbiamo proposto l'istituzione di un reddito di emergenza e di graduare meglio i famosi 600 euro per gli autonomi. Sembra che il governo sia orientato a lanciare questo reddito di emergenza per coloro i quali non sono coperti da altri ammortizzatori sociali, e sono potenzialmente milioni. Spero che questo modo di realizzare il reddito di emergenza non faccia la fine di altri provvedimenti, che poi si bloccano per motivi procedurali o che vengono attuati con lentezza

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06 maggio 2020, 12:11