Ambiente: aumenta la consapevolezza sulle emissioni, ma non basta
Michele Raviart – Città del Vaticano
Il 2020 doveva essere l’anno in cui avrebbero dovuto realizzarsi i primi effetti delle politiche sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica per prevenire il cambiamento climatico. L’accordo di Parigi sul clima prevedeva infatti di contenere l’aumento della temperatura a un massimo di un grado e mezzo. Un risultato disatteso anche se, come dimostrano i risultati della “settimana della Laudato Si’” appena conclusa, è a aumentata la consapevolezza di “decarbonizzare” l’economia e l’approvvigionamento energetico.
L’impegno di istituzioni e conferenze episcopali
In una dichiarazione 42 istituzioni religiose di confessioni differenti hanno votato un documento in cui si impegnano a eliminare gli investimenti legati a combustibili fossili, in questo seguite da alcune conferenze episcopali, ultima delle quali quella della Filippine. Un percorso importante e necessario, spiega a Pope Andrea Masullo, direttore scientifico di Greenaccord:
R. - Per decarbonizzazione si intendono essenzialmente due modalità. La prima è non utilizzare combustibili fossili e quindi non aumentare le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera e la seconda, altrettanto importante, è sottrarre l'anidride carbonica già emessa negli anni precedenti dall'atmosfera, con attività come piantare gli alberi o utilizzare materiali da costruzione che contengono tanto carbonio. Questa è una modalità ancora poco esplorata e poco praticata ma è la cosa più importante per il futuro, se vogliamo ridurre l'impatto dei cambiamenti climatici. Non emettere infatti vuol dire mantenere le concentrazioni sui livelli attuali che già presentano delle grosse criticità, mentre nel lungo termine dovremmo cercare di tornare indietro.
Tecnicamente quali sono le modalità per cominciare a “decarbonizzare” l'economia e l’approvvigionamento energetico?
R. - Anche in questo caso abbiamo altri due binari. L'efficienza, e cioè ridurre i consumi energetici, che non significa solamente rendere più efficienti le apparecchiature che utilizziamo adesso, ma anche creare nuovi strumenti. Per esempio avere efficienza carbonica nei trasporti significa non utilizzare veicoli che usino combustibili fossili. Ma attenzione poi alle “soluzioni critiche” come l'auto elettrica, perché dipende da come l’elettricità viene prodotta altrimenti diventa soltanto un “pro forma” perché se utilizziamo combustibili fossili per produrre l’elettricità che mettiamo nelle auto, forse paradossalmente aumentiamo l'emissione. Quindi la cosa fondamentale è approvvigionare il sistema energetico con energia rinnovabile.
La comunità internazionale si è mossa con degli accordi, il più noto forse è l’accordo di Parigi che è del 2015 e doveva cominciare ad avere i primi effetti quest'anno, nel 2020. A che punto siamo?
R. - Purtroppo tolta la parentesi di questa terribile situazione che stiamo vivendo e anche un’attenuazione dovuta alla crisi economica precedente la pandemia, le concentrazioni nell'atmosfera di Co2 non stanno diminuendo. Anzi in questi ultimi anni hanno superato una soglia importante per i climatologi che sono le 400 parti per milione, una soglia senza precedenti e che ci porta in scenari molto molto difficoltosi. Ci è richiesta una frenata urgente e gli accordi attualmente non stanno producendo gli effetti desiderati. L'Unione Europea si è attrezzata con diverse iniziative tra cui la più importante è l'obbligo di redazione per tutti i Paesi membri di “piani energia e clima”. Ma anche questi piani, che sulla carta dovrebbero raggiungere degli obiettivi quantitativi, mancano di governance e di strumenti per seguire il percorso tracciato. Stiamo ancora procedendo troppo lentamente e con poco coraggio. Non dimentichiamoci che se è vero che le fonti rinnovabili godono di incentivi, le fonti fossili paradossalmente godono di incentivi maggiori di quelle rinnovabili, come ad esempio le agevolazioni per le attività estrattive e via dicendo.
Questa settimana si sono ricordati i 5 anni dalla “Laudato ‘si”, che tra i temi affronta anche quello delle energie rinnovabili. A tal proposito ci sono molte istituzioni cattoliche channo annunciato di disinvestire dei combustibili fossili. Che cosa vuol dire?
R. - Gran parte dei prodotti finanziari internazionali si riferiscono direttamente o indirettamente ad attività estrattive di combustibili fossili. Per molti anni e tutt'ora parzialmente, anche se in maniera più attenuata, sono degli strumenti molto redditizi. Disinvestire significa escludere questo tipo di investimenti e finanziare magari attività che riguardano le fonti rinnovabili che anche esse cominciano a diventare molto redditizie, come nel caso dell'energia eolica, ormai prossima la maturità, o l'energia fotovoltaica, già pienamente sviluppata.
Quanto tempo ci vorrà tecnicamente per riconvertire tutto questo sistema di approvvigionamento?
R. – L’Unione Europea ha posto un obiettivo importante al 2050, che prevede l’80% di riduzione delle emissioni. È è un obiettivo definitivo e determinante e ci sono soltanto 30 anni di tempo. Riteniamo che sia davvero l'ultima spiaggia. Si può fare. 30 anni, con l'innovazione tecnologica che sta correndo soprattutto sulle fonti rinnovabili possono essere un periodo sicuramente sufficiente, però bisogna muoversi in fretta mentre co si sta muovendo troppo lentamente e se ci si muove troppo lentamente non è possibile conseguire questo obiettivo soltanto nell'ultimo tratto del percorso degli ultimi 10 anni, che sembra essere un po' il trend dei Paesi industrializzati.
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