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I bombardamenti su Tripoli colpiscono anche i civili I bombardamenti su Tripoli colpiscono anche i civili 

Libia: continua la guerra tra rischio covid e crollo del petrolio

La lotta tra le forze del generale Haftar e l’esercito del governo del premier Al-Serraj cambia lo status quo sul terreno, mentre le grandi potenze si occupano di gestire la pandemia. Le Nazioni Unite chiedono una tregua per il Ramadan e per scongiurare la crisi sanitaria

Michele Raviart – Città del Vaticano

Si continua a combattere in Libia dove le milizie legate al generale Haftar stanno bombardando Tripoli e si stanno scontrando con le forze del governo riconosciuto dalla comunità internazionale nella vicina città di Tarhuna. La missione Onu in Libia, Unsmil, ha denunciato la morte di cinque persone e il ferimento di 28 civili, tra cui donne e bambini, durante gli ultimi raid sulla capitale.

L’esercito libico guadagna terreno

“Nelle ultime due settimane c’è stata una chiara svolta per una delle due parti perlomeno in alcune zone del Paese”, spiega a Pope Arturo Varvelli, direttore dell’ufficio di Roma dell’European Council on Foreign Relations (ecfr) e esperto dell’area. Le forze dell’esercito libico (Gna) sono infatti riuscite a recuperare alcune città della costa prima occupate da Haftar. “Questo sostanzialmente dà nuova vitalità al Gna”, spiega ancora, “che adesso sta mettendo in difficoltà addirittura gli avamposti che a Tahruna il generale Haftar aveva conquistato nell’ultimo anno”.

Ascolta l'intervista integrale a Arturo Varvello sulla situazione in Libia

La diplomazia è ferma

Una situazione che sta mettendo in discussione il percorso di pace intrapreso a Berlino lo scorso gennaio e che, complice anche la pandemia, come ha spiegato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, ora si è bloccato. “Il cammino diplomatico è proseguito ma si è arenato perché il conflitto militare ha avuto un’escalation”, spiega ancora Varvelli. “Penso che la comunità internazionale in questo momento sia affaccendata in altre cose. È evidente che i govreni sono distratti, quelli europei soprattutto, dalla crisi covid, e mi immagino che le cose sul terreno possano andare avanti”.

Le conseguenze interne ed esterne della crisi petrolifera

Decisivo sarà poi il comportamento dei Paesi del golfo, sostenitori di Haftar, che potrebbero risentire del crollo dei prezzi del petrolio. “E’ finita quindi la fase nella quale chiaramente avevano una disponibilità finanziaria economica che si tramutava in aiuto militare ed economico verso il generale Haftar”, afferma Varvelli, “siamo entrati in una nuova fase”.La crisi petrolifera ha anche delle importanti ripercussioni sull’economia stessa della Libia, sebbene la produzione di petrolio sia stata spesso fermata dal blocco degli impianti durante la guerra e i prezzi concordati negli accordi di sfruttamento siano fissi e non direttamente collegati alla volatilità del mercato. Spiega infatti l’analista dell’Ecfr: “La Libia è un Paese che basa il 95% dei propri introiti sulla vendita di idrocarburi all’estero e una situazione nella quale i prezzi sono così bassi fa erodere la ricchezza accumulata che esiste ancora nella Banca centrale e nel Fondo sovrano. Non sono molti i mesi davanti a noi prima che questi fondi possano arrivare a un punto critico”.

Meno di 60 positivi al virus finora

In questo contesto in Libia si affaccia anche il rischio della pandemia. 59 i casi di coronavirus ufficialmente registrati ed un morto, ma si teme che il virus possa diffondersi, tanto che la stessa missione Unsmil ha chiesto una tregua umanitaria sia per celebrare l’imminente Ramadan sia per consentire alle autorità “di fornire i servizi d’urgenza, curare i feriti e affrontare la crescente minaccia del covid-19”. Il sistema sanitario libico, afferma ancora Varvelli, è infatti “disastrato e al collasso”. Numerosi sono i problemi igienici e spesso manca anche l’accesso all’acqua, interrotto deliberatamente in alcune città durante la guerra.

Preoccupa la sorte dei migranti

L’Organizzazione internazionale per le migrazioni, poi, ha espresso poi grave preoccupazione “per la sorte di centinaia di migranti che quest’anno la Guardia Costiera libica ha riportato a terra e dei quali non si hanno più notizie”. Si stima infatti che almeno 1500 persone siano detenuti in undici “centri per la lotta contro l’immigrazione”. Nei giorni scorsi, infatti, almeno 800 persone sono partite dalla Libia per raggiungere l’Europa ed è difficile prevedere l’impatto della pandemia sui flussi migratori futuri. C’è la  prospettiva di una crisi economica globale, conclude Varvelli, “che si rifletterà anche e in buona parte anche sui Paesi del nordafrica, sul Sahel e sull’Africa profonda. Le ricadute e le conseguenze anche in termini di fattori che fanno migrare la popolazione africana continueranno ad esistere e forse saranno anche più importanti”.

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22 aprile 2020, 16:36