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Manifestazioni del 28 aprile a Beirut, capitale del Libano (Patrick Baz / AFP) Manifestazioni del 28 aprile a Beirut, capitale del Libano (Patrick Baz / AFP)

In Libano cresce la protesta sociale. La Caritas aiuta chi ha fame

Nel Paese proseguono le manifestazioni di piazza, da Beirut a Tripoli dove ieri ha perso la vita un 26enne. I cittadini denunciano il crollo record della valuta nazionale e la crescita esponenziale dell'inflazione. Tutto ciò mentre è in corso la pandemia di Covid-19. L'intervista al giornalista libanese Camille Eid

Andrea De Angelis – Città del Vaticano

Non si arresta la violenta protesta di piazza in Libano, anzi aumenta con il passare dei giorni. Un morto e decine di feriti il bilancio di questo inizio settimana. A perdere la vita un giovane di 26 anni, ferito a morte nella notte di martedì a Tripoli, la seconda città del Paese che in queste ultime ore è diventata l'epicentro della protesta. Scontri si sono registrati anche in altri comuni a partire dalla capitale Beirut, dove un centinaio di persone ha marciato nel distretto di Hamra, dove si trova il quartier generale della Banca centrale, intonando slogan contro il suo governatore. A Saida, nel Sud del Paese, i manifestanti hanno lanciato ordigni contro la filiale locale della Banca centrale. A Tripoli, invece, centinaia di persone hanno saccheggiato una decina di banche, incendiando anche due veicoli militari.

La crisi economica

Il Libano sta vivendo una crisi economica che non ha precedenti negli ultimi trent'anni, dalla fine cioè della guerra civile. Una mobilitazione popolare iniziata già lo scorso autunno, che si è fatta particolarmente violenta questo mese. Nel frattempo nel Paese è cambiato l'Esecutivo: il nuovo è in carica da soli tre mesi. I cittadini accusano la classe politica di corruzione ed incompetenza e, come detto, nel mirino dei manifestanti sono finite anche le banche. La valuta nazionale ha registrato un crollo record, mentre l'inflazione cresce ad un ritmo insostenibile. Il risultato è, stando agli ultimi dati, un impoverimento generale della popolazione libanese: quasi un cittadino su due – la percentuale si aggira intorno ai 45 punti – si trova sotto la soglia di povertà. Un dato inimmaginabile appena un anno fa.

Il Governo chiede la fine delle violenze 

Il neo primo ministro Hassan Diab ha riconosciuto "un peggioramento della crisi sociale”, sottolineando come essa acceleri “ad una velocità record”, con riferimento dunque sia al crollo della valuta che alla crescita enorme dell'inflazione. Diab ha aggiunto che “comprende il grido del popolo”, messo a dura prova da una povertà che, come detto, riguarda quasi la metà dei libanesi. Allo stesso tempo il primo ministro ha fermamente condannato, durante una riunione del Governo, le manifestazioni violente e gli episodi di vandalismo, respingendole senza appello e denunciando, inoltre, delle “intenzioni malvagie dietro a tutto questo”. Raoul Nehmé, ministro dell'Economia, ha ammesso - pur senza specificare il periodo temporale - che i prezzi in Libano sono aumentati come mai prima d'ora, facendo registrare un drammatico +55%.

La Chiesa è protagonista della solidarietà

"Da sempre la Chiesa libanese è all'avanguardia nell'aiutare la popolazione, ma ora gli sforzi sono triplicati perché la situazione è drammatica". Lo afferma nell'intervista a VaticanNews il giornalista libanese Camille Eid, secondo cui non va dimenticato il ruolo della pandemia che "ha portato tantissimi cittadini da un giorno all'altro a perdere il lavoro". Le manifestazioni in Libano sono iniziate ad ottobre, "ma - evidenzia Eid - con il lockdown imposto dal Governo erano cessate, ma ora sono riprese con più forza perchè la gente ha davvero fame". Cosa ha risposto la politica? "Un primo passo c'è stato a livello di indagini, su chi ha portato a questa inflazione, ma negli ultimi mesi zero processi e nessun arresto. Occorre passare - afferma ancora il giornalista libanese - dalle parole ai fatti". 

Ascolta l'intervista a Camille Eid

L'appello del Papa 

Risale a sei mesi fa, quando le proteste di piazza avevano da poco avuto inizio, l'appello del Papa per il Libano. Domenica 27 ottobre 2019, dopo la preghiera dell’Angelus, Francesco esortava tutti “a ricercare le giuste soluzioni nella via del dialogo”, pregando la Vergine Maria, Regina del Libano, “affinché, con il sostegno della comunità internazionale,il Paese continui ad essere uno spazio di convivenza pacifica e di rispetto della dignità e libertà di ogni persona, a beneficio di tutta la Regione mediorientale. Che soffre tanto”. Anche durante l’Urbi et Orbi della Santa Pasqua, pronunciato lo scorso 12 aprile, il Papa ha rivolto il suo pensiero al Libano.

La Caritas

La Caritas Libano è protagonista degli aiuti alla popolazione. Sono circa duemila le persone impegnate a fornire sostegno, distribuendo viveri e medicinali in ogni regione del Paese. Inoltre è stato realizzato un numero per telefonare in caso di emergenza e nelle prime settimane sono oltre 30mila le chiamate arrivate alla Caritas. Stando ai dati resi noti dal direttore padre Michel Abboud - intervistato da Fides - sono almeno 12mila le famiglie che necessitano di assistenza per sopravvivere. Per rispondere a tale domanda l'impegno della Caritas è totale e si sta facendo tutto il possibile in un momento tragico per il Paese, alle prese anche con l'emergenza coronavirus.

La pandemia

In Libano, numeri alla mano, il Covid-19 non ha al momento causato un disastro paragonabile a quello di altri Paesi, ma la pressione sul sistema sanitario è notevole, così come i timori per i prossimi mesi. Oltre 700 i casi ufficiali, 24 le vittime e circa 150 le persone ricoverate. Tra i tanti soggetti impegnati in questa emergenza c'è anche Save the Children, l'organizzazione non governativa internazionale che si occupa di minori a rischio. Ieri, in un comunicato, ha reso noto che sta "provvedendo alla ristrutturazione di nove edifici abbandonati da poter essere utilizzati come centri di isolamento". L'organizzazione afferma inoltre di essere impegnata nella trasformazione di tende vuote presenti negli insediamenti di rifugiati nella Bekaa in unità di isolamento, per far sì che i pazienti possano auto-isolarsi all'interno dei campi. “In questo modo - ha affermato Jad Sakr, direttore di Save the Children in Libano - gli adulti possono rimanere vicini alla propria famiglia, soprattutto se sono i soli a prendersi cura di diversi bambini".

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29 aprile 2020, 12:12