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“Giovani favolosi”: progetti e guide all'uso della tv in questi giorni

Il presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, don Davide Milani, presenta il video del progetto di educazione al linguaggio audiovisivo realizzato nel Collegio San Carlo di Milano, e in questi giorni a casa consiglia di rivedere la serie tv “La guerra è finita” e il film “Fratello dove sei”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Un progetto per educare i giovani a comprendere ed utilizzare il linguaggio delle immagini, oggi che sono sempre più produttori - con le loro storie su Instagram e altri social media -  più che semplici fruitori, dei prodotti audiovisivi. E’ il percorso “Giovani favolosi. Dallo schermo al web”, che la Fondazione Ente dello Spettacolo (Feds), l’occhio sul cinema della Conferenza episcopale italiana, ha realizzato con 75 studenti del quarto liceo del Collegio san Carlo di Milano, prima dell’emergenza coronavirus. Un viaggio che oggi è raccontato in un video del quale Pope presenta un estratto.

I giovani, grandi produttori di audiovisivi sui social

Un’iniziativa in qualche modo profetica e che sarebbe molto utile a tutti i giovani costretti in questi giorni nelle loro case a produrre video con il proprio smartphone, come sottolinea don Davide Milani, presidente della Feds. Lo raggiungiamo a Lecco, nel cuore della Lombardia piegata dalla pandemia, dove è prevosto dal luglio 2018, dopo essere stato per 12 anni responsabile dell’Ufficio comunicazione della diocesi di Milano. Tra un funerale, mille telefonate di conforto ai parrocchiani e una Messa in diretta tv , don Davide, che è anche direttore del mensile “La Rivista del Cinematografo”, la più antica pubblicazione italiana di cinema, trova il tempo per consigliarci una serie tv e un film da recuperare, per rilassarci, ma soprattutto per riflettere e crescere, in questi giorni vissuti a casa. Cosi intanto ci parla del progetto “Dallo schermo al web”:

Ascolta l'intervista a don Davide Milani

R. - L'obiettivo era rendere i ragazzi utilizzatori consapevoli dell'universo dell'immagine in movimento, dell'universo video. Di più: produttori consapevoli. i nostri ragazzi producono e vedono, questa è una novità nel campo della comunicazione. Noi siamo sempre stati utilizzatori di contenuti, i nostri ragazzi invece sono soprattutto produttori, e producono di più di quello che vedono. Per essere produttori consapevoli, cioè per girare video con i loro smartphone, renderli pubblici, condividere in maniera consapevole devono imparare a vedere, occorre educare allo sguardo. Questo è stato il progetto di formazione che con molte competenze anche trasversali, di linguaggio, di immagini cinematografiche, abbiamo realizzato con 75 studenti delle classi quarte del Collegio San Carlo di Milano.

Che valore può assumere oggi, nel contesto dell' emergenza che stiamo vivendo, un progetto del genere per i ragazzi che in questi giorni a casa consumano anche producono ancora di più prodotti audiovisivi?

R. – Uno dei maggiori rischi, in questi giorni, per i ragazzi, giorni in cui l'orizzonte delle loro relazioni si riduce appunto esclusivamente ai social media,  giorni in cui appunto avranno, immaginiamo, lo smartphone nelle mani, è quello di una rappresentazione della realtà, di immagini girate nella propria cameretta. Immagini che possono avere come oggetto il proprio corpo, o poco di più. Abbiamo visto come molti ragazzi siamo molto in difficoltà a comprendere il tema dell' intimità, del pudore, della riservatezza, e facciano fatica a capire quanto sia rischioso, pericoloso e immorale condividere immagini che hanno come soggetto il proprio corpo. Un progetto così, è necessario perché educa ad uno sguardo critico sulla realtà, educa al valore, educa alla responsabilità verso di sé e verso gli altri, che uno si assume nel momento in cui condivide un video.

Ha visto i video realizzati dai ragazzi del collegio San Carlo? Che cosa l'ha colpita di più in generale, e quale in particolare l’è rimasto impresso?

R. – L’immagine che uso è quella del mouse da muovere. I nostri ragazzi sono dentro questo flusso di comunicazione costante e sembrano non essere consapevoli di quello che vedono e di quello che producono. Se però svegliati, se li rendiamo responsabili, spiegando loro le cose, mettendoli in gioco non facendo delle prediche, diventano perfettamente consapevoli. E questo l'abbiamo visto nei video che hanno prodotto. Quello che mi ha colpito di più è un lavoro nel quale la responsabilità verso le persone più fragili, che spesso sono quelle più prese in giro, bullizzate diremmo, è emersa con grande chiarezza nel momento in cui abbiamo provato a far vedere loro la realtà dal punto di vista delle persone più fragili, e non solamente da quello di chi si sente più forte.

I protagonisti della serie tv "La guerra è finita", foto Rai
I protagonisti della serie tv "La guerra è finita", foto Rai

Don Milani, da esperto e appassionato di cinema, ci dia qualche consiglio di visione per questi giorni a casa: un film da recuperare e una serie televisiva televisiva, che ci aiutino a riflettere e a crescere.

R. - E’ andata in onda su Raiuno, all’inizio dell’anno, tra gennaio e febbraio, una serie che ha avuto mediamente dei buoni ascolti in prima serata, tratta da una storia vera. E’ disponibile su Raiplay, gratuitamente,  e si chiama “La guerra è finita”. Molti usano la metafora bellica , per descrivere quello che stiamo vivendo. Non so se la metafora è opportuna, però ricordando questa serie mi ha colpito.  Racconta dei giorni successivi alla Liberazione quando due ragazzi, legati alla Resistenza, Davide e Giulia, e si incontrano per caso. Aiutati da un ex ufficiale della Brigata ebraica, occupano un casale abbandonato, nel quale ospitano bambini italiani e bambini stranieri che si trovano nel nostro territorio, figli di militari e di disertori, e aiutano  questi ragazzi a recuperare la voglia di vivere. Ecco io penso che questa serie purtroppo è stata profetica e avremmo bisogno di rivederla perché, al termine di questa grande crisi che stiamo attraversando, noi dovremmo recuperare la voglia di vivere, di vivere con autenticità le nostre relazioni, l’esperienza sociale, il lavoro, la nostra vocazione, la famiglia.

Una scena del film "Fratello dove sei", foto Universal Pictures
Una scena del film "Fratello dove sei", foto Universal Pictures

E consiglio anche un film, un po’ datato, anche se a mio avviso immortale. Un film dei fratelli Coen, uscito nel 2000, “Fratello dove sei”, con protagonista George Clooney. Racconta di questo viaggio che Clooney fa per tornare dalla propria famiglia. Inizialmente lo presenta come un viaggio verso un grande tesoro da trovare, da recuperare. Coinvolge in questo viaggio degli improbabili compagni di viaggio, ex galeotti. E in realtà si scopre poi alla fine che non c'è nessun tesoro da trovare, il vero tesoro è che Clooney vuole tornare dalla sua famiglia che ha abbandonato. Ecco è una metafora di quello che stiamo vivendo perché in tutto questo film il protagonista, in ogni situazione, in ogni avventura rocambolesca in cui si trova, adotta il principio della realtà. Lui ha un obiettivo da raggiungere, ma fa i conti con la realtà, e integra quello che gli capita con la realtà nella propria vita. Legge i segni che ha davanti, ogni volta. Un segno epico di una mucca sul tetto, il grande segno che guida questo film. Ecco, dovremmo fare a mio avviso così anche noi, in quello che ci capita. Non pensare al giorno in cui ripartiremo, come tante macchine chiuse ai box che scalpitano per uscire fuori e sfrecciare ancora a 200 all’ora, ma questa è la nostra vita. Siamo costretti a vivere così, ma questi sono giorni buoni per la nostra vita, per la nostra salvezza, per le nostre relazioni. Ecco, impariamo a leggere questi segni, e a vivere bene queste giornate. Ogni giorno, anche oggi, è un giorno buono per amare ed essere amati.

Nel video “Giovani favolosi” il racconto di un viaggio

Nel video "Giovani favolosi", , ascoltiamo don Milani ricordare che “Fondazione Ente dello Spettacolo ha deciso di investire in questi temi della formazione dei giovani a proposito della consapevolezza del linguaggio, perché vede un'emergenza semantica. I ragazzi vedono molti segni visivi, vedono molti audiovisivi, le ricerche lo dimostrano, ma non sanno capire la natura del segno. Quindi noi dobbiamo educare i ragazzi a comprendere cosa c'è dietro le immagini, quale costruzione di senso c'è dietro quella gran massa di audiovisivi che i ragazzi guardano”.

Incontro-lezione del progetto "Giovani Favolosi"
Incontro-lezione del progetto "Giovani Favolosi"

I docenti: immagini usate ancora in modo superficiale

La dirigente scolastica del Collegio San Carlo, Antonella Sacchi, sottolinea che l’Istituto ha aderito al progetto perchè “ama sfidare queste nuove opportunità in ambito di educazione”. E Giulia Missaglia, docente di Storia e filosofia, chiarisce che “le immagini sono persistenti nella vita dei ragazzi”, che le utilizzano anche per esprimersi, ma non comprendono bene “che a volte l'immagine va codificata. Questo è ancora un passaggio che secondo me manca e che deve essere fatto”. E quindi, sottolinea, “l’immagine è oggi ancora utilizzata in maniera superficiale dai ragazzi”.

Il regista-docente: postano storie come scrivessero sul diario

Il regista Agostino Ferrente, docente del corso “dallo schermo al web”, ricorda poi che insieme alla curatrice del progetto, Maria Grazia Cazzaniga, hanno pensato che prima che insegnare ai giovani “come produrre immagini, sarebbe stato fondamentale dargli gli strumenti per interpretare il diluvio di immagini a cui siamo sottoposti”, “negli smartphone, nei computer, nei display per strada”. Il fatto che ormai ognuno di loro “abbia una propensione a creare immagini con Istagram, con YouTube e a diffonderle sui social – sottolinea però Ferrante - non significa che ognuno di loro lo fa perché è diventato un film maker. Questo è un equivoco. Io credo invece che l'uso delle storie sia un'evoluzione moderna di quello che era il vecchio diario e che ognuno può decidere se condividerlo meno con più gente possibile. Perché ognuno di noi ha bisogno dell'approvazione degli altri”.

Studenti  del Collegio San Carlo nel progetto "Giovani Favolosi"
Studenti del Collegio San Carlo nel progetto "Giovani Favolosi"

Sanno usare i video, ma non comprendono i rischi

Interviene anche la docente di italiano Alice Macchi, per spiegare che “i ragazzi cercano di dare di sè la migliore immagine possibile. Nel momento in cui scelgono di condividerla su Instagram o altri social network, sicuramente sanno usarli benissimo, ma dall'altro lato non guardano ai rischi: come nel “bugiardino” di una medicina  sanno benissimo quando devono prenderla ma non girano il foglietto per vedere tutti i rischi possibili”.

La coordinatrice: hanno imparato a rappresentare se stessi

Maria Grazia Cazzaniga, coordinatrice del progetto: “Giovani Favolosi, dallo schermo al web”, racconta che “I ragazzi si sono confrontati con i diversi modi di rappresentare la realtà. Una stessa storia può essere raccontata in tanti modi diversi. La loro stessa storia può essere raccontata in tanti modi diversi. Quindi hanno imparato che la storia non è semplicemente un mettersi davanti alla telecamera e raccontare delle cose. Un'immagine, un inquadratura, un silenzio tutte queste cose contribuiscono a raccontare la propria realtà. E crearsi uno stile, creare una propria rappresentazione è quello che volevamo aiutarli a fare”.

Don Milani: nel video esprimono il senso della loro vita

Le conclusioni sono affidate ancora a don Milani: “L'audiovisivo  - spiega il presidente della Feds - non ha a che fare con il diletto, non ha a che fare con l’ entertainment, ma ha a che fare con l'accesso al senso del mondo e al senso dell'esperienza. Quindi al senso pieno della vita. Per questo Fondazione ente dello spettacolo investe su di loro affinché abbiano un accesso vero al senso della propria esistenza e del reale”.

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02 aprile 2020, 13:23