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Bangladesh: campo profughi Rohingya Bangladesh: campo profughi Rohingya 

Il rischio Coronavirus nel campo profughi Rohingya in Bangladesh

La pandemia rischia di colpire uno dei più grandi campi profughi del mondo. Si tratta di Cox’s Bazar, in Bangladesh, dove sono raccolti oltre 800 mila civili di etnia Rohingya fuggiti dalle violenze subite in Myanmar. A causa delle condizioni fatiscenti del luogo, il coronavirus rappresenta un rischio gravissimo per chi ci vive

Giancarlo La Vella - Città del Vaticano

“Al campo profughi di Cox’s Bazar, in Bangladesh, 855.000 civili Rohingya vivono, oggi, in 34 campi di fortuna, sempre più affollati: si stima che ogni chilometro quadrato sia occupato, in questo momento, da 40.000 persone”. È l’allarme lanciato da Simone Garroni, direttore generale di “Azione contro la Fame”, organizzazione umanitaria internazionale che, in questi giorni, sta coordinando un piano, per evitare che l’emergenza Covid-19 varchi i confini del campo profughi più grande al mondo.

Ascolta l'intervista a Simone Garroni

Una delle più grandi crisi umanitarie della storia

Situato a ridosso del Golfo del Bengala, in una città nota anche con il nome di Panowa, cioè “fiore giallo”, Cox’s Bazar è una vera e propria metropoli, situata in un’area estesa in cui si è consumata, negli ultimi anni, una delle più grandi crisi umanitarie della storia. Qui, infatti, a partire dal 2017, un gran numero di Rohingya ha attraversato il confine con il Bangladesh, stanziandosi nei pressi di una spiaggia che si estende per oltre 120 chilometri. Tra di essi anche migliaia di bambini: oltre il 40% soffre di malnutrizione cronica. La situazione di precarietà fisica è aggravata dalla carenza di acqua e detergente, che rende estremamente difficile il corretto lavaggio delle mani, prima regola di base riconosciuta e promossa dall’Oms per garantire una igiene adeguata in una emergenza di tali dimensioni.

Un piano per scongiurare la diffusione del coronavirus

Per far fronte alla diffusione del Covid-19, "Azione contro la Fame", grazie a uno staff di 1.248 operatori e 1.555 volontari, ha incrementato in questi giorni il numero delle attività di sensibilizzazione in tema di salute e igiene rivolte a adulti e bambini. Sono stati, inoltre, installati ulteriori punti di accesso all’acqua, che hanno potenziato il sistema di 289 luoghi di distribuzione posti a regime nei mesi scorsi. Infine, è stata predisposta una intensa operazione finalizzata alla sanificazione delle strade. Un piano di emergenza vero e proprio, coordinato in sinergia con le autorità locali, finalizzato a creare una “cintura di protezione” attorno al campo di Cox’s Bazar. Qui, "Azione contro la Fame", negli ultimi anni, ha distribuito quasi 90mila kit di igiene e installato 4.388 servizi igienici. Ha, inoltre, supportato con attività di sostegno psicologico oltre 150 mila rifugiati per aiutarli a superare il trauma delle violenze subite, consentendo loro di vivere meglio la loro condizione. All’interno di Cox’s Bazar, l’organizzazione serve ogni giorno anche cibo e pasti caldi. I bambini restano i soggetti vulnerabili più monitorati: 70.274 bambini sotto i cinque anni sono controllati ogni mese per scongiurare casi di malnutrizione. 26.881 bambini malnutriti, inoltre, hanno avuto accesso a trattamenti nutrizionali. 

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17 aprile 2020, 10:18