ҽ

Migranti cercano di tagliare la barriera tra Grecia e Turchia Migranti cercano di tagliare la barriera tra Grecia e Turchia 

Migranti: ancora scontri al confine greco-turco

Ferita una persona, ma Atene nega l’uso di armi alla frontiera, dove sono ammassati migliaia di profughi. Il padre gesuita Joyeux: "Non basta il denaro dall’Europa, manca il coraggio spirituale e pratico di affrontare le situazioni"

Michele Raviart – Città del Vaticano

Continuano gli scontri al confine tra Grecia e Turchia, dove migliaia di migranti sono ammassati alle frontiere, dopo che Ankara ha aperto le frontiere con l’Unione Europea e Atene ha sospeso per un mese le richieste di asilo. A Pazarkule/Kastanies i migranti hanno lanciato pietre contro la polizia greca, che ha risposto con gas lacrimogeni.

La smentita di Atene

Gli scontri sono iniziati dopo che un migrante è stato ferito a una gamba da un proiettile mentre cercava di tagliare la recinzione che separa i due Paesi. Il governo di Atene ha smentito categoricamente di aver sparato e ha accusato la Turchia di fabbricare notizie false per screditare la Grecia, dopo che si era diffusa la notizia di una vittima. Nelle scorse ore Atene aveva mostrato un video in cui si vedevano poliziotti turchi lanciare lacrimogeni contro le forze di frontiera greche.

Erdogan: l’Ue viola i diritti umani

Da parte il sua il presidente turco Erdogan, che oggi incontrerà il presidente del Consiglio europeo Michel, ha accusato la Grecia di “affondare i gommoni lasciando morire i bambini a bordo” e ha affermato in parlamento che “ogni Paese europeo che cerca di rimandare indietro i rifugiati a cui ha chiuso i confini, picchiandoli e affondando le loro barche, viola la Dichiarazione universale dei diritti umani”.

A Lesbo 500 persone trasferite su una nave

È critica infatti anche la situazione nelle isole dell’Egeo, e in particolare a Lesbo, dove 500 persone tra cui molti bambini sono state imbarcate su una nave greca dopo aver passato due notti accampate nel porto di Mitilene. Il loro arrivo era stato osteggiato dalla popolazione locale, che aveva impedito alle autorità e alle organizzazioni non governative di occuparsi di loro trasferendoli nei centri d’accoglienza. Queste persone, riferisce il Ministero della difesa greco, rimarranno sulla nave in attesa di una sistemazione sul continente.

La testimonianza di padre Joyeux

Una situazione tesa, spiega alla collega della redazione francese Manuela Affejee il gesuita padre Maurice Joyeux, a Lesbo per il servizio internazionale per i rifugiati e per anni direttore di JRS Grecia.

Ascolta l'intervista di Manuela Affejee a padre Maurice Joyeux

L’esercito è presente al porto e nei dintorni, le strade sono bloccate, soprattutto quelle che portano al campo di Moria nel quale sono rifugiate 19 mila persone. Alcuni rifugiati, veramente pochissimi, provano a partire in barca per andare ad Atene, senza sapere bene come fare. C’è soprattutto il problema delle ong che sono state attaccate e che quindi stanno allentando la loro presenza nel campo di Moria perché non è più vivibile. Purtroppo, verrà così a mancare quel minimo d’aiuto nel campo di Moria e nel campo di Kara Tepe, che è un altro campo con una gestione un po’ migliore del primo. Li chiamano “campi”, ma come sapete sono delle bidonville a tutti gli effetti, con delle situazioni di pericolo notevoli per i giovani e per i meno giovani.

Lei parlava degli operatori umanitari che sono molestati e maltrattati da parte della popolazione che sembra esasperata: come spiegare questa esplosione di rabbia?

R. – Credo che non si debba parlare della "popolazione", perché non sarebbe giusto nei confronti dei greci. Credo ci siano militanti di estrema destra che sfruttano la situazione per considerarsi in guerra con la Turchia e quindi cacciare via tutti gli stranieri, nello stesso momento in cui si chiede aiuto all’Europa. Ma questi sono estremisti che a volte hanno connivenze con persone nella polizia o della guardia costiera o nello stesso esercito. Secondo me, questo fenomeno non è molto controllato né molto controllabile, ma potrebbe degenerare. Spero che il governo greco vada a verificare perché lì sta accadendo qualcosa di veramente, profondamente ingiusto e pericoloso - e non solo per i rifugiati ma per il clima generale in Grecia.

Cosa pensa dell’annuncio che ha fatto ieri la presidente della Commissione europea, Ursula van der Leyen, che si è recata in Grecia per manifestare la solidarietà e il supporto dell’Unione Europea alla Grecia?

R. – L’annuncio del fondo stanziato per aiutare la Grecia, sì, grazie all’Europa. Ma poi mi chiedo: è questa la soluzione? Si pensa sempre di poter risolvere il problema stanziando dei fondi, dando denaro, mentre i problemi reali sono altri. Se il dossier dei rifugiati fosse trattato da personale sufficiente, se ci fosse un aiuto reale, sul terreno, da parte dell’Europa tramite risorse umane che potessero collaborare con l’esercito o con la polizia o con i legali che si occupano dei rifugiati per orientarli o per gestire la questione, allora – secondo me – ci troveremmo di fronte a un aiuto un po’ più realista. Per quanto mi riguarda, ho sempre pensato che manchi una forza d’intervento europea per garantire le nostre frontiere con i Paesi che sono limitrofi all’Europa e questa è una mancanza di coraggio: manca il coraggio spirituale, il coraggio intellettuale e pratico di affrontare le situazioni.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

04 marzo 2020, 14:50