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Protesta nel carcere romano di Rebibbia Protesta nel carcere romano di Rebibbia 

Coronavirus: rivolta nelle carceri italiane per il divieto di colloqui

Otto morti nel carcere di Modena. L’ispettore generale don Grimaldi: i cappellani siano segno di speranza e vicinanza

Michele Raviart – Città del Vaticano

Una diffusa protesta è scoppiata in queste ore in 22 carceri italiane, con incendi, saccheggi e tentativi di evasione. Causa scatenante dei disordini il divieto di colloqui diretti tra detenuti e famigliari per contenere la diffusione del Coronavirus.

Saccheggiata l'infermeria

La situazione più grave a Modena dove otto detenuti sono morti a causa di un abuso di farmaci dopo il saccheggio dell’infermeria del penitenziario. Quattro i decessi all’interno del carcere, mentre gli altri quattro sono morti dopo essere stati trasportati in gravi condizioni in penitenziari vicini. Tre le vittime anche a Rieti in circostanze analoghe. A Foggia una trentina di detenuti sono evasi. Undici sono stati catturati, mentre 23 sono ancora in fuga, mentre le rivolte continuano nel carcere di Siracusa.

Il rischio contagio c'è anche nelle carceri

Le violenze, come nel carcere di San Vittore, sono state accompagnate a richieste di un miglioramento generale delle condizioni dei detenuti. “Ci sono tante situazioni che hanno creato questa violenza nelle carceri”, spiega don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane, “la mancanza dei colloqui dei famigliari con i detenuti è stata un po' quella goccia che ha fatto traboccare il vaso, anche perché le carceri hanno bisogno anche loro di essere preservate dal contagio. Le direzioni hanno provveduto in modo particolare a mettere uno stop ai colloqui per una quindicina di giorni. Purtroppo questa cosa non è stata recepita bene ed è stato questo uno dei motivi che ha scatenato tanta violenza in tante carceri”.

Ascolta l'intervista integrale a don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane

Il ruolo dei cappellani

In questo contesto di incertezza, assume ancora più importanza il ruolo dei cappellani delle carceri. Spiega ancora don Grimaldi. “La risposta dei cappellani è stata prima di tutto di forte vicinanza anche se noi abbiamo avuto dei divieti a non poter celebrare l'Eucarestia, fare la catechesi o incontrare a gruppi i detenuti”, spiega, “però la presenza dei cappellani è fondamentale in questo momento perché sono segni anche di speranza e di vicinanza. Sono abbastanza presenti all'interno delle carceri per quello che è possibile, perché in questo momento le direzioni non danno libero accesso ai reparti o alle sezioni proprio per questi motivi”.

La vicinanza del Papa

In questo senso è continua anche la vicinanza del Papa, come dimostra la scelta di affidare alla parrocchia del carcere “Due Palazzi” di Padova. “Certamente il Papa è molto vicino al mondo del carcere”, conclude don Grimaldi, “e noi lo ringraziamo perché anche con le sue parole, con la sua vicinanza e anche con stimoli forti, certamente ha provocato anche l'interesse della società verso il carcere”.  

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10 marzo 2020, 15:16