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In Burkina Faso la situazione più a rischio nel Sahel In Burkina Faso la situazione più a rischio nel Sahel 

Sahel: Per l’Onu tre milioni di persone soffrono la fame

Allarme di Fao, Unicef e World Food Programme. In Burkina Faso, Mali e Niger i conflitti e i cambiamenti climatici rischiano di portare alla malnutrizione lo stesso numero di persone della carestia del 2012. Necessari 127 milioni di dollari

Michele Raviart – Città del Vaticano

In Burkina Faso, Mali, Niger e in generale in tutta l’area del Sahel centrale 3,3 milioni di persone hanno bisogno di assistenza alimentare immediata. L’allarme è stato lanciato da Fao, Unicef e World Food Programme, che in un comunicato congiunto segnalano come, se non verranno prese misure adeguate, la mancanza di sicurezza sul cibo potrà colpire fino a circa cinque milioni di persone nel periodo estivo.

Una crisi umanitaria gravissima

“La situazione nel Sahel è una crisi umanitaria gravissima che è deteriorata rapidamente quest'ultimo anno”, spiega a Pope James Belgrave, portavoce del Wfp, “Stiamo vedendo la combinazione molto letale di conflitti armati, sfollamento delle popolazioni e livelli di fame e malnutrizione molto elevati. Sono tutti fenomeni aggravati poi dai cambiamenti climatici”.

Ascolta l'intervista integrale a James Belgrave, portavoce del World Food Programme

Mezzo milione di sfollati in Burkina Faso

Nel Sahel centrale operano decine di gruppi jihadisti, che hanno intensificato gli attacchi, specialmente in Burkina Faso. “Solo un anno e mezzo fa, questo era un Paese più o meno stabile”, spiega ancora Belgrave, “quest'anno invece stiamo parlando di quasi un terzo del paese che è in una zona di conflitto”. “All'inizio dell'anno scorso eravamo sui 90-100.000 persone sfollate, quest'anno stiamo già a più di mezzo milione di persone che sono scappate da casa”.

Il ruolo dei cambiamenti climatici

Nonostante una produzione agricola soddisfacente, in questo che è il periodo del raccolto, l’accesso alle aeree agricole rimane difficile per buona parte della popolazione che è rimasta nelle proprie abitazioni, mentre gli sfollati non hanno più accesso agli aiuti umanitari o ad altre forme di sussistenza.  Questo contesto è poi aggravato dai cambiamenti climatici, con ad esempio le mandrie che hanno anticipato il periodo di transumanza e raggiungono luoghi non sicuri per il conflitto. “Il clima non è più quello che era una volta e, specialmente nel Sahel centrale, non è più prevedibile e non è più una cosa su cui si può contare”, spiega ancora il portavoce del World Food Programme. Scarsità delle piogge e, parallelamente, un’abbondanza di precipitazioni che possono provocare inondazioni sono parte di un fenomeno che sta portando alla desertificazione dell’area. “I cambiamenti climatici”, spiega ancora Belgrave, “sono il sottofondo di una mancanza di acqua e la mancanza di piogge che genera molta più pressione su tutta la gente che vive nel Sahel centrale e specialmente sugli agricoltori”.

Il sostegno delle Nazioni Unite

L’obiettivo delle Agenzie delle Nazioni Unite è quello è di ottenere almeno 127 milioni di dollari entro sei mesi, per evitare uno scenario paragonabile a quello della carestia del 2012, con oltre 14 milioni di persone che soffrivano la fame. “Storicamente abbiamo sempre avuto una presenza lì lavorando con i governi e sui cambiamenti climatici”, ricorda Belgrave, “e con questa crisi stiamo facendo del tutto per assistere più di 2 milioni di persone nei tre Paesi, con investimenti in sicurezza alimentare, educazione, nutrizione e agricoltura”.

Il rischio per i bambini

Da monitorare anche la situazione dei bambini, in una situazione generale vicina a quella che l’Oms definisce “malnutrizione acuta” nei tre Paesi. “Centinaia di migliaia di bambini vengono privati dell’istruzione, sono vulnerabili allo sfruttamento e a rischio di malnutrizione. I bambini e i giovani continuano a pagare il prezzo più alto di una crisi che non hanno creato. Dobbiamo agire adesso con i partner per evitare una tragedia”, ha dichiarato Marie-Pierre Poirier, direttore regionale dell’Unicef per l’Africa Occidentale e Centrale.

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04 febbraio 2020, 14:52