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Una nave dell'Unione Europea in missione nel Mediterraneo Una nave dell'Unione Europea in missione nel Mediterraneo

In Libia l'ingresso facile di armi allontana la pace

Nonostante l’Unione europea abbia trovato un accordo sulla missione che dovrà attuare l’embargo delle armi in Libia, l’enorme quantità di armamenti che entrano nel Paese è sempre più un nodo centrale per arrivare alla soluzione di un conflitto iniziato da più di 10 mesi

Andrea De Angelis – Città del Vaticano

Uno spiraglio di speranza, ma non molto di più. L’accordo raggiunto in Europa sulla missione che andrà a sostituire Sophia – quella lanciata nel 2015 dopo i naufragi che quell’anno provocarono un’autentica strage di persone migranti nel Mediterraneo - si pone come obiettivo l’attuazione dell’embargo di armi in Libia. Una missione navale e aereo-satellitare per garantire l’embargo di armi nel Paese africano, che già dalla fine di marzo dovrebbe sostituire la missione Sophia, con il possibile passaggio del comando della nuova missione dall’Italia ad altro Paese.

Diplomazia europea ancora a lavoro

Per attuare concretamente l’intesa raggiunta dai 27 Paesi europei ci sarà da lavorare molto. Il pattugliamento – stando a quanto emerso fino ad ora - riguarderà soprattutto la costa est, di fronte all’Egitto, tra Creta e la Cirenaica, dove si trovano i principali traffici via mare. Inoltre verrà introdotto anche il cosiddetto 'pull factor' - il fattore richiamo -, in base al quale se le navi dovessero attrarre flussi di persone migranti, saranno ritirate dalla zona in questione. Soddisfatti i vertici Ue per i frutti di una lunga discussione conclusasi con un parere favorevole unanime. I dettagli saranno affrontati nelle prossime settimane e non mancano le criticità, legate soprattutto ai parametri che fanno scattare il 'pull factor', ed alla gestione della ripartizione di eventuali persone soccorse in mare. Su una cosa però non si discute, ha spiegato Josep Borrell, Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza: “Se una nave incontra naufraghi deve salvarli, come prevede il diritto umanitario”. La legge del mare.

Il più grande arsenale di munizioni non controllato al mondo

La situazione, al di là delle intese dell’ultima ora, è drammatica. I combattimenti in corso e le violazioni dell'embargo sulle armi hanno reso la Libia "il più grande arsenale di munizioni non controllato al mondo". Lo ha affermato parlando ai giornalisti il vice rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite in Libia, Yacoub El Hillo, secondo il quale nel Paese ci sono da 150mila a 200mila tonnellate di munizioni non controllate. “Inoltre – ha aggiunto El Hillo – in Libia c’è un utilizzo record di droni a livello mondiale”.

Le parti si preparano ad un lungo conflitto

"Le armi non arrivano solo via mare, ma anche per via terra ed aerea. Dunque le misure di embargo nel Mediterraneo risolverebbero solo in parte il problema". Lo afferma nella nostra intervista Lorenzo Marinone, esperto di Nord Africa del Centro Studi Internazionali. Secondo Marinone gli armamenti arrivano ad entrambe le fazioni e l'aumento esponenziale fa pensare ad una cosa ben precisa: le parti si preparano ad un lungo conflitto. "Uno scontro di anni e - aggiunge - ancora più duro di quanto visto fino ad ora". Secondo lo studioso del Cesi, tra i maggiori esportatori di armi in Libia ci sono Turchia ed Emirati Arabi. "Le diplomazie sono a lavoro, ma il commercio di armi complica tutto", conclude.

Ascolta l'intervista a Lorenzo Marinone

La risoluzione Onu sul cessate il fuoco 

Per la prima volta dal riaccendersi del conflitto in Libia – dunque dall’aprile del 2019 -, la scorsa settimana il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha chiesto alle parti di "impegnarsi per un cessate il fuoco duraturo". I quindici membri dell’organismo hanno adottato una risoluzione - con 14 voti a favore e l'astensione della sola Russia - che riconosce i 55 punti adottati alla conferenza di Berlino ed insiste proprio sul pieno rispetto dell'embargo sulle armi, che questo mese è stato ripetutamente violato.

Un mese fa l’appello del Papa 

Lo scorso 19 gennaio, al termine della preghiera mariana dell'Angelus, Papa Francesco aveva auspicato la buona riuscita del summit di Berlino sulla crisi in Libia, esortando all’avvio di un cammino che potesse condurre ad una soluzione negoziata. La bozza della dichiarazione finale del vertice tenutosi nella capitale tedesca un mese fa ha chiesto, tra le altre cose, l’embargo sulle armi e l’avvio di un processo per un governo unificato.
 

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18 febbraio 2020, 11:05