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Lavoratori della cava di granito in Madagascar Lavoratori della cava di granito in Madagascar 

Giornata mondiale della giustizia sociale: crescono le disparità

L’Onu punta il dito sulle politiche economiche che hanno disumanizzato le attività lavorative: sottoutilizzazione della forza lavoro e scarsa qualità del lavoro stanno privando i Paesi dei potenziali benefici di un enorme riserva di talenti umani

Roberta Gisotti – Città del Vaticano

Nel mondo permangono ed anche aumentano le disparità tra Paesi, popoli, società e cittadini, aggravando le economie, indebolendo la coesione sociale e impedendo alle persone di realizzarsi appieno. Lo denuncia l’Onu nell’odierna Giornata mondiale delle Giustizia sociale, proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2007, allo scopo di sostenere gli sforzi della comunità internazionale per eliminare la povertà, lottare contro la disoccupazione, promuovere il lavoro dignitoso, le pari opportunità uomo donna e la giustizia per tutti.

Colmare divario delle diseguaglianze nei Paesi e tra Paesi

“Colmare il divario delle diseguaglianze per raggiungere la giustizia sociale” è il tema scelto per la Giornata 2020, celebrata oggi nel Palazzo di Vetro a New York con una  Conferenza promossa dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil). E’ tempo infatti di bilanci, trascorsi 25 anni dal Vertice mondiale dello sviluppo sociale, svoltosi a Copenaghen nel marzo 1995, ed oltre 10 anni dalla Dichiarazione sulla Giustizia sociale per una globalizzazione equa, adottata all’unanimità da 182 Paesi membri dell’Oil, il 10 giugno 2008.

Oltre 200 milioni di persone sono senza lavoro

Se la giustizia sociale è il fulcro della missione globale delle Nazioni Unite per lo sviluppo e la dignità umana, siamo ancora molto distanti dalla meta, a partire dal fondamento del lavoro per tutti, retribuito equamente, svolto in condizioni dignitose, senza discriminazioni tra uomini e donne. La crescita dell’occupazione a livello globale dal 2008 è stata in media dello 0,1 annuo, rispetto allo 0,9 negli anni tra il 2000 e il 2007. Cosicché lo scorso anno oltre 212 milioni di persone erano senza lavoro, rispetto ai 201 milioni degli anni precedenti. Inoltre tra i lavoratori, oltre il 60 per cento non ha alcun tipo di contratto e meno del 45 per cento di quelli dipendenti è impiegato a tempo pieno e indeterminato. Ci sono poi 267 milioni di giovani, tra i 15 e 24 anni, che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione. Altrettanti sono sfruttati in occupazioni definite ‘subminime’, per condizioni di lavoro e paghe.

La disumanizzazione delle attività lavorative

I dati, resi noti dall’Onu, sono spaventosi e chiedono interventi urgenti da parte dei governi per correggere una deriva indotta dalla globalizzazione delle attività lavorative, che anziché produrre progressi nel rispetto dei diritti umani ha provocato un generale abbassamento del valore della forza lavoro, indotto dalla progressiva disumanizzazione delle politiche economiche volte ad ottimizzare i soli risultati finanziari, in scenari di mercato di beni e servizi sempre più competitivi e concentrati nelle proprietà di pochi soggetti, a danno del pluralismo d’impresa e della tutela dei lavoratori, sia nei Paesi industrializzati che in quelli via di sviluppo e nelle economie in transizione.

Criteri esasperati di produttività contro il bene comune

Criteri esasperati di produttività e speculazione finanziaria su scala globale e l’uso di tecnologie sostitutive del lavoro umano hanno preso il sopravvento su pianificazioni economiche pubbliche e private, che hanno dimenticato di soddisfare l’obiettivo del bene comune dei cittadini e della soddisfazione personale degli individui. “La sottoutilizzazione della forza lavoro e la scarsa qualità del lavoro indicano che le nostre economie stanno perdendo i potenziali benefici di un enorme riserva di talenti umani”, ammonisce Stephan Kuhn, capo autore del Rapporto dell’Oil “Prospettive occupazionali e sociali nel mondo: tendenze 2020”, dove si analizzano le questioni chiave del mercato del lavoro: disoccupazione, povertà lavorativa, disuguaglianza di reddito da lavoro e fattori che escludono le persone dal lavoro dignitoso, compromesso sovente anche nei Paesi sviluppati e democratici, sempre più afflitti dal precariato e da condizioni occupazionali al ribasso, spesso lesive dei diritti acquisiti nelle legislazioni nazionali.

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20 febbraio 2020, 10:49