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Milizie libiche in combattimento Milizie libiche in combattimento 

Libia: il governo di al-Sarraj riconquista Sirte. L'Ue chiede una soluzione diplomatica

Secondo Mosca le truppe del governo riconosciuto dalla comunità internazionale hanno ripreso il controllo di Sirte. A sostegno di Tripoli anche la Turchia che invia le prime truppe in Libia. Nel pomeriggio vertice dei ministri degli Esteri di Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna a Bruxelles

Marco Guerra – Città del Vaticano

In Libia si fa sempre più complessa la situazione sul terreno. Sirte è sotto il controllo delle forze governative di Fayez al-Sarraj, lo ha detto all’agenzia Interfax Lev Dengov, capo del gruppo di contatto russo in Libia. La città portuale libica, importante snodo per il petrolio estratto nell’area, ieri era stata attaccata e in parte conquistata dalle truppe del generale Haftar, l’uomo forte della Cirenaica appoggiato dall’Egitto e da altre forze regionali.

Erdogan annuncia invio di truppe turche

“Le forze di Tripoli hanno arrestato dozzine di prigionieri di guerra, sequestrato 20 mezzi e ucciso 50 persone tra i soldati dell'esercito di Haftar”, tuttavia le ostilità continuano ed è possibile che la situazione “possa cambiare”, ha aggiunto Dengov. E in questa cornice instabile si inserisce anche l’entrata in campo della Turchia. Domenica il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha reso noto l'invio "progressivo" di soldati turchi in Libia.

Vertice dei maggiori Paesi Ue

L’escalation di violenze ha indotto l’Unione Europea ad annullare la missione diplomatica che avrebbe dovuto prendere il via oggi nel Paese nordafricano con una delegazione composta dai ministri degli Esteri italiano, francese, tedesco e britannico. L’azione di Bruxelles si è fermata anche alla luce del sanguinoso attacco all'Accademia militare di Hadaba che, pochi giorni fa, ha provocato una trentina di morti, attribuita, tra voci e smentite, alle forze di Haftar. Nel frattempo il ministro degli esteri italiano Di Maio e l'Alto rappresentante dell'Ue per gli Affari esteri Borrell hanno ribadito che per Europa non esiste soluzione militare e che continua la strategia di pressing diplomatico.  Lo stesso Di Maio ha annunciato un vertice straordinario sulla Libia che si terrà oggi pomeriggio a Bruxelles con i suoi omologhi di Francia, Germania, Gran Bretagna.

Unicef: chiuse oltre 200 scuole

Sul fronte umanitario si segnala l’allarme lanciato dall’Unicef riguardo alle difficoltà nel garantire l’istruzione. Secondo un bollettino dell’agenzia delle Nazioni Unite, il recente aumento delle violenze a Tripoli e nei dintorni ha causato la distruzione di cinque scuole e la chiusura di altre 210, portando oltre 115.000 bambini fuori dalle scuole nelle aree di Ain-Zara, Abu Salim e Soug al Juma’aa. L’Unicef evidenzia che i bambini che non vanno a scuola sono esposti a maggiore rischio di violenza e reclutamento nei combattimenti e chiede alle parti in conflitto di proteggerli, fermare gli attacchi contro le scuole e astenersi dalle violenze, inclusi gli attacchi indiscriminati sui civili e le infrastrutture civili.

La mediazione dell’Ue

“Interessi contrapposti dei Paesi europei impediscono una mediazione efficace dell’Ue”, così a Pope Luciano Bozzo, docente di Relazioni Internazionali dell’università di Firenze, analizza le difficoltà dell’azione diplomatica dell’Unione Europea e della comunità internazionale:

Ascolta l'intervista a Luciano Bozzo

R. – Qui non è più il tempo degli auspici. Occorrerebbe prendere atto una volta per tutte che se l’Europa non riesce a parlare ogni qual volta è in campo una crisi seria lo si deve al fatto che gli interessi nazionali di quei Paesi sui quali è costruita l’Unione europea sono spesso incompatibili. Nel caso della Libia questo è evidente. C’è una evidente incompatibilità - sin dall’inizio della crisi... basta vedere l’intervento francese armato... - tra l’interesse italiano in quel Paese e l’interesse dei partner francesi. Probabilmente lo stesso discorso vale anche se lo allarghiamo alla Gran Bretagna. Il recente fallimento di tutti i timidi tentativi europei di svolgere un ruolo di mediazione nella crisi libica mi sembra la manifestazione palese di questo stato delle cose. Purtroppo non credo che la situazione cambierà nel prevedibile futuro anche perché l’ingresso in gioco di potenze extra-europee - a loro volta legate da vincoli e interessi con gli attori europei, vincoli e interessi contrastanti - serve soltanto a complicare ulteriormente la situazione.

Anche la comunità internazionale non si è palesata con una voce forte. Si può avere un approccio multilaterale per far cessare le armi?

R. - Il problema è che noi siamo entrati ormai da alcuni anni in una fase storica della vita del sistema internazionale in cui al multilateralismo si è progressivamente sostituito l’unilateralismo, i rapporti a due. E questo e il caso, per esempio, dell’amministrazione americana. Vale un po’ il discorso già fatto per l’Unione europea, cioè è la differenza profonda a volte degli interessi nazionali delle grandi potenze che rende impossibile un’azione incisiva, per esempio, dell’organizzazione delle Nazioni Unite.

L’intervento della Turchia in favore del governo riconosciuto dall’Onu di Al Serraj rischia di provocare un’escalation militare?

R. - Certamente e a questi uomini si aggiungono anche quelli già inviati da altri attori internazionali che agiscono sul campo, provenienti dal mondo arabo, francesi, schierati molto spesso sui due diversi e opposti lati della barricata. L’intervento della Turchia è particolarmente pericoloso perché rischia di provocare una immediata escalation del conflitto ma anche perché rovescia su quel teatro forze combattenti di cui non si conosce esattamente la natura e questo apre scenari imprevedibili. La Turchia sta assumendo un ruolo di potenza regionale nel Mediterraneo e portando una minaccia perlomeno implicita e un domani forse anche esplicita agli interessi in termini petroliferi e agli interessi in termini di flussi migratori.

Gli schieramenti in campo vedono l’uomo forte della Cirenaica contro il governo legittimo di Al Serraj. Si può arrivare a un accordo tra queste due componenti o la situazione di contrapposizione è destinata a durare a lungo?

R. - La situazione di contrapposizione non è facilmente risolvibile perché oltre al dissidio interno tra queste due componenti, che poi non sono due componenti monolitiche, perché intervengono poi interessi locali, interessi tribali, interessi cittadini, insomma a questo stato di fatto di frammentazione di interessi diversi e contrapposti si aggiunge l’entrata in campo di forze esterne. I primi ad essere entrati in campo sono stati i francesi, poi  gli inglesi e poi si sono aggiunti tutti gli altri e il quadro è molto complesso e proprio questa complessità e gli interessi e gli interventi esterni finiscono per rendere più difficile la soluzione del conflitto. Non ci aspettano anni facili.

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07 gennaio 2020, 13:08