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Sako: in Iraq aumentano i manifestanti, serve il dialogo col governo

Proseguono le proteste in tutto l’Iraq per chiedere provvedimenti contro la corruzione dilagante e soluzioni all’alta disoccupazione. Intervista al Patriarca caldeo di Baghdad, il cardinale Louis Raphael Sako, che dice: “dal 2003 a oggi non abbiamo visto progetti” concreti per il Paese

Giada Aquilino - Città del Vaticano

Ponti e strade bloccati nel sud, manifestazioni con almeno un morto e decine di feriti a Baghdad. Questo lo scenario di oggi in Iraq, dove i manifestanti, in strada ormai dal 1° ottobre, hanno proclamato uno sciopero generale. La repressione delle dimostrazioni, in quasi due mesi, ha già provocato circa 350 vittime e 16 mila feriti. È la “massa” ad essere “uscita in strada”, “donne, bambini, giovani, anziani”, anche “l’élite intellettuale”: “di giorno in giorno i manifestanti sono più numerosi, non solo a Baghdad ma anche nelle città del Sud”, con ripercussioni generali in tutto il Paese, “le strade sono bloccate, le scuole e le università sono chiuse”. A tracciare a Pope un quadro della situazione è il Patriarca caldeo di Baghdad, il cardinale Louis Raphael Sako, che in una nota dei giorni scorsi aveva già evidenziato quanto fosse necessario esaminare “attentamente” ciò che sta accadendo da settimane, “gestire la crisi” e guardare sul serio “alle legittime richieste dei manifestanti” per salvare il Paese, fortemente “debilitato dalle guerre e sopraffatto da debiti e problemi”, evitando un “tunnel” senza uscita (Ascolta l'intrvista al cardinale Sako).

Divario tra popolazione e classe politica

Collegamenti interrotti oggi a Najaf e Bassora e nelle province di Babel, Diwaniyah, Karbala, Muthanna e Maysan. Nel centro della capitale una persona è morta oggi e almeno 17 sono rimaste ferite dopo il lancio di gas lacrimogeni e proiettili di gomma da parte delle forze di sicurezza, che da settimane cercano di domare la contestazione anti governativa. Testimonianze sul posto definiscono la protesta come la più imponente della storia recente irachena, dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003: a innescarla, secondo i movimenti di protesta, l’alta disoccupazione - 1 giovane su 4 in Iraq è disoccupato - e la corruzione dilagante. “Questa gente è scesa in strada chiedendo per la prima volta una vita degna e servizi, ma anche un’autorità “civile che restituisca l’unità del Paese, un Paese per tutti senza distinzione”, afferma il cardinale Sako. “Queste persone - riferisce - non hanno lavoro, c’è povertà, tutta la vita è paralizzata a causa della corruzione, del divario tra la popolazione e la classe politica”. Il Patriarca caldeo di Baghdad sottolinea ancora la “posizione pacifica” dei dimostranti, pur non escludendo infiltrazioni di chi vuole “rovinare” queste manifestazioni.

Una iniziativa di dialogo

La Chiesa irachena, e in particolare il cardinale Sako che lo fa “per la terza volta”, “chiede che il governo ascolti le richieste dei manifestanti, che - ribadisce il porporato - sono legittime: la sicurezza, la stabilità, il lavoro, i servizi”, invocando inoltre giustizia di fronte a chi ha “rubato le ricchezze del Paese”. “Dal 2003 a oggi - denuncia - non abbiamo visto progetti, l’elettricità non c’è, si interrompe di continuo, come il flusso dell’acqua o il servizio nelle scuole”. Racconta di essere andato “a visitare i feriti delle manifestazioni in un ospedale” che in passato era “ottimo” e adesso è in condizioni precarie. Assieme a tutti i vescovi e i fedeli, riferisce, “aspettiamo una iniziativa per risolvere” tale crisi: “il governo - prosegue - deve ascoltare le richieste della gente e porre fine questa situazione” di stallo: “la soluzione militare”, le violenze, creeranno soltanto “altri problemi”. Il dialogo invece rimane “l’unica maniera per risolvere i problemi” del Paese.

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26 novembre 2019, 16:00