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Siria: una foto della linea del fronte tra Turchia e forze curde Siria: una foto della linea del fronte tra Turchia e forze curde 

Ultime ore per la tregua fra Turchia e curdi siriani

Scadono nella giornata di oggi le 150 ore di cessate il fuoco stabilite dall’accordo di Sochi tra Putin e Erdogan. Se entro stasera i combattenti curdi non si saranno allontanati di almeno 30 km dalla linea del fronte, Ankara riprenderà le operazioni militari. La nostra intervista all'esperto di questioni mediorientali, Alberto Negri

Federico Francesconi – Città del Vaticano

I combattenti dell'Unità di protezione popolare (Ypg) hanno tempo fino alle 18 di questa sera per allontanarsi da tutte le località al confine con la Turchia. I curdi avevano dato inizio alla ritirata già dopo un giorno dall’inizio della tregua, ma secondo il ministro degli esteri turco Cavusoglu, fino a ieri sera il ritiro delle truppe “non era ancora completato”. Al termine della tregua, se i curdi si troveranno ancora sul confine, il governo di Erdogan ha già minacciato di riprendere la sua offensiva; in caso contrario invece, inizieranno i pattugliamenti da parte delle forze turche e russe congiunte, che si spingeranno oltre il confine siriano per un raggio di dieci chilometri. Le forze di Putin e Erdogan pattuglieranno in sostanza le aree già passate sotto il controllo di Ankara durante la recente offensiva, e cioè tutte quelle che si trovano nella cosiddetta “zona di sicurezza”, compresa tra le città di Tal Abyad e Ras al Ayb, istituita da Erdogan – secondo un accordo con gli Usa precedente all’inizio dell’ultimo conflitto - per il rimpatrio dei 3,5 milioni di profughi siriani presenti in territorio turco.

Il ruolo dei curdi nella morte di Al-Baghdadi

Dopo riconoscimento del “ruolo chiave” giocato dalle forze curde nel raid contro il leader dello stato islamico Abu Backr Al-Baghdadi, arrivato questa mattina alla Cnn tramite una fonte del Dipartimento di Stato americano, anche le Forze democratiche siriane (Sdf) hanno rivendicato la loro collaborazione con la Cia nella raccolta di informazioni sulla posizione del capo dell'Isis. Secondo un tweet dell’ufficiale delle Sdf Polat Can, l’intelligence curda è riuscita intorno al maggio scorso a confermare lo spostamento a Idlib di Al-Baghdadi e a tenerne sotto controllo la posizione. “Al-Baghdadi ha spesso cambiato covo”, ha dichiarato Can, “ma la nostra fonte è riuscita a raggiungere la casa in cui si nascondeva e ha procurato indumenti intimi di Al-Baghdadi per confermare al 100% che si trattasse di lui”. Sempre secondo Can, l’eliminazione del leader del sedicente Stato islamico era stata prevista per il mese scorso, ma il ritiro delle truppe americane dalla Siria deciso da Trump e il conseguente attacco da parte dei turchi hanno costretto le Sdf a rallentare la loro collaborazione con i servizi segreti americani, nella cui operazione, la “risorsa” curda sarebbe stata comunque “coinvolta fino all’ultimo minuto”.

Cosa succederà ora all’amministrazione autonoma curda

Le forze curde, questa mattina hanno confermato la loro ritirata a 32 chilometri dal confine con la Turchia. Pur continuando a contestare le dichiarazioni di Ankara - sostenendo che la tregua stabilita da Erdogan e Puntin non sia stata effettiva – le Sdf hanno dichiarato che d’ora in poi “il rispetto della tregua e della nostra gente da parte della Turchia è responsabilità dei russi”. Sempre secondo Sdf, l’amministrazione autonoma del Kurdistan – che risulta comunque ridimensionata – “mantiene il controllo territoriale e politico delle aree con presenza russo siriana”, tuttavia non è chiaro in che misura questa autonomia sia stabile.

Il regime di Damasco

“Il regime di Assad ha resistito", afferma ai microfoni di Radio Vaticana Alberto Negri, giornalista esperto di questioni mediorientali. "Questo è un grande risultato per Mosca - prosegue -, come per l’Iran, e anche per il partito Ba’th di Damasco, l’ultimo rimasto dopo la caduta di quello iracheno. Però ci troviamo di fronte a problemi molto grossi: ci sono ancora milioni di rifugiati interni e un numero ancora maggiore di profughi all’estero, il cui ritorno a casa è estremamente difficoltoso; inoltre la situazione è complicata da tutto quello che sta avvenendo nella regione. Oltre alle milizie islamiche che si trovano nel golfo - dice ancora Negri -, anche in Libano e in Iraq vediamo la gente scendere in piazza contro quelli che sono i due nemici principali del Medioriente: l’ingiustizia sociale e la corruzione.” 

Ascolta l'intervista ad Alberto Negri

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29 ottobre 2019, 15:46