“Gira la cartolina”: gli angoli di Bologna raccontati dai clochard
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Camminare per Bologna scoprendone angoli sconosciuti come l’ex stabile dell’Opera Pia in via Marsala fino alle lavandaie di via Piella dove c’era il mercatino dei Tigli, ma anche la stazione, la casa per eccellenza di chi vive in strada e cerca un riparo per la notte. “Gira la cartolina” è un progetto nato in collaborazione tra Ascom, la Confcommercio bolognese, Piazza Grande, associazione che si occupa di inclusione sociale, e l’Asp, Azienda Pubblica di Servizi alla Persona Città di Bologna. L’intento è di raccontare il capoluogo emiliano in modo diverso, con gli occhi dei clochard nelle vesti di guide turistiche, ma anche di dare loro un futuro con la creazione di una start-up.
Un modo per avere un reddito
“Gira la cartolina – racconta l’operatrice Sonia Callozzo – è nata da una delle iniziative del Laboratorio di Comunità Scalo, abbiamo fatto prima una formazione con laboratori di teatro per una migliore impostazione della voce e poi con l’affiancamento a vere guide turistiche”. Un primo passo che ha poi portato alla realizzazione di percorsi alternativi come “Memorie in centro”. “L’idea è che si promuovano modalità così – spiega – per permettere a queste persone di avere un reddito”.
I luoghi del cuore
Le guide speciali sono state scelte attraverso una collaborazione con vari enti che lavorano sul territorio. “I nostri sono itinerari inediti – sottolinea Sonia – che toccano luoghi noti ma anche luoghi che si intrecciano con la vita delle guide, luoghi dove hanno vissuto o che suscitano particolari ricordi. Un tour autentico nel vero senso della parola”. ”Alla base di Gira la cartolina non c’è solo l’idea che il povero sia una persona bisognosa – sottolinea l’operatrice - ma una persona con delle risorse. Non è la start-up dei senza fissa dimora, l’auspicio è che diventi una start-up aperta nella quale altri possano confluire perché l’idea è quella di far emergere l’esperienza di chi ha vissuto in strada non in senso negativo ma come risorsa”.
Giuseppe: dalla strada alla rinascita
Ha 65 anni, è stato un cuoco, ma dalla cucina alla strada il passo è stato breve. Tre anni a dormire in stazione poi la luce grazie agli operatori che lo hanno accolto, gli hanno dato fiducia e “salvato – racconta Giuseppe Cirillo – dall’unica strada che avevo davanti: il cimitero della Certosa”. Insieme a lui a fare da guide ci sono Biagio che abita in un container e Samantha che ha una disabilità ma anche una spiccata passione per il teatro. Giuseppe, raccontando la sua esperienza, dice di avere “un cuore nero”, pieno di rabbia per quanto accaduto in passato “che sarebbe lungo da spiegare” ma “senza alcun rancore per nessuno”.
La stazione di Bologna, luogo di dolore
“Quello che sto facendo è una cosa bellissima – racconta – mi piace la storia e l’arte. Racconto dei canali di Bologna che erano usati per il trasporto della seta, poi parlo delle lavandaie che lavavano i panni con la cenere”. Tappa importante è la stazione di Bologna, teatro nell’80 di una delle pagine più buie della storia italiana. Nell’attentato morirono 85 persone e altre 200 restarono ferite. “Qui racconto la mia esperienza. Mi spiace che quello che per me è un luogo di ricordo, di lacrime e di preghiera oggi è un luogo di schiamazzi. Lì ci sono delle vite perdute, il sangue di quelle persone”. Accanto al suo ricordo, Giuseppe legge la che si recò alla stazione di Bologna nel 1982 nel corso della sua visita pastorale. “Spero – conclude Giuseppe - di andare avanti ancora così in futuro”. Un futuro che Giuseppe ha avuto il coraggio di scrivere.
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