Cassazione: feto durante il travaglio è persona
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Non più aborto colposo ma omicidio colposo. E’ il reato nel quale si incorre quando il personale sanitario, assistendo una donna che sta per partorire, viene considerato responsabile della morte di un bambino. Lo ha deciso oggi la Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi su un caso di malasanità avvenuto nella sala parto di una clinica di Salerno. Per i giudici, nel contesto attuale “di totale ampliamento della tutela dei diritti della persona e della nozione di soggetto meritevole di tutela, che dal nascituro e al concepito si è poi estesa fino all'embrione”, il feto “benché ancora nell’utero” è da considerarsi persona, nel momento della “transizione dalla vita uterina a quella extrauterina”.
Il caso di Salerno
L’ostetrica, nel caso in esame, non avrebbe monitorato correttamente il battito del bambino, suo specifico compito, nel momento del travaglio. La donna aveva anche dato il suo assenso alla somministrazione dell’ossitocina, farmaco che aumenta le contrazioni. Il bimbo è poi nato morto a causa della sofferenza fetale durata quasi mezz’ora, come stabilito dai periti. La Cassazione - verdetto 27539 della Quarta sezione penale - ha confermato la condanna per omicidio colposo a un anno e nove mesi di reclusione, pena sospesa, nei confronti dell’ostetrica alla quale sono state negate le attenuanti generiche per aver manipolato poi la cartella clinica della partoriente, allegando il tracciato di un’altra gestante.
Scienza e Vita: una decisione che è un passo in avanti
A Pope, il professore Alberto Gambino, presidente di Scienza e Vita, commenta la sentenza della Cassazione:
R. – Questa sentenza valorizza l’essere umano nei pochi momenti prima che veda la luce dall’utero materno, cioè si è stabilito che, durante il travaglio, un feto nel momento in cui si trova nel canale uterino ed è quindi in procinto di affacciarsi alla vita, esattamente in quel momento storico è già una persona in chiave giuridica. Naturalmente non stiamo parlando di persona in senso naturalistico; per il nostro diritto, il nostro ordinamento civile, si diventa titolari di diritti e di doveri nel momento della nascita e tuttavia non significa che prima della nascita non si abbiano dei diritti. Si hanno dei diritti soprattutto legati al diritto penale e pubblico, non si hanno diritti patrimoniali. Adesso la Cassazione nel valutare la persona che sta per nascere non distingue più il momento della nascita a quello antecedente la nascita; si parla di una dimensione completa, in qualche modo il feto può vivere a prescindere alla madre che lo sta partorendo. Nell’applicare le norme che, in questo caso sono legate alla perizia e alla colpa professionale, si rimanda all’omicidio colposo cioè quando uno senza volerlo provoca la morte di un essere umano. La Cassazione utilizza questa norma invece dell’aborto colposo che è pure un omicidio di un essere umano ma è attenuato, come pena, perché quell’essere umano non avendo ancora vista la luce si ritiene strettamente legato alla donna che lo sta partorendo. Ovviamente è tutto un discorso di cronologia, non dobbiamo fare troppa confusione: la vita nasce dal suo concepimento alla sua morte naturale e qui la Cassazione non entra nel merito di quando comincia o finisce la vita umana, si limita a dire che nei 9 mesi di gravidanza il feto è legato all’utero che lo ospita ma gli ultimissimi momenti, quando sta per essere espulso, la persona è talmente formata che va trattata come una persona già nata.
E’ innegabile che questo pronunciamento sia una precisazione importante…
R. – Direi che è una precisazione importante più in un’ottica culturale che giuridica perché nella Cassazione si fa riferimento – ed è questo il punto più significativo – che c’è stata un’evoluzione della tutela e dei diritti della vita nascente. La Cassazione riconosce che c’è stata, in questi ultimi anni, una particolare valorizzazione della persona umana in tutti i suoi stadi: dalla vita uterina alla vita nascente; alla vita sofferenza, alle fragilità fino alla vita terminale. In tutta questa galassia di diritti e tutele che vengono accordati in maniera sempre più significativa agli esseri umani, la Cassazione iscrive anche questa decisione, dicendo che a questo punto non si vede il motivo per cui un essere umano un minuto dopo la nascita debba essere trattato in modo diverso da un minuto prima della nascita. E’ un discorso legato al passaggio della formazione completa dell’essere umano, culturalmente importante nel quadro dell’ampliamento dei diritti e delle tutele.
Come presidente di Scienza e Vita, sente che il lavoro fatto in difesa della vita stia dando i suoi frutti?
R. – E’ una conferma di una prospettiva culturale, di valori e della centralità della persona. Qui il magistero di Papa Francesco ci ha aiutato molto perché quando il Pontefice ha messo il dito nella piaga parlando della cultura dello scarto, ha fatto vedere, con questa espressione, come le vite umane siano tutte uguali e non ci siano differenze dettate dalle condizioni sociali, economiche. Questo è stato un viatico straordinario per noi laici che difendiamo la vita nascente e vorremo che la difesa non fosse legata solo a quello che dice l’occhio ma a quello che la scienza dice. Anche se un essere umano non si vede con l’occhio perché è seminascosto nell’utero della donna, sappiamo che scientificamente è un essere umano ed ha gli stessi diritti dell’essere umano che è nato. In questo senso salutiamo come una evoluzione culturale questa decisione della Corte di Cassazione italiana.
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