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Popolazione in fuga dalle zone dei combattimenti Popolazione in fuga dalle zone dei combattimenti 

Libia: a rischio le fasce più vulnerabili della popolazione

All’acuirsi degli scontri nei dintorni di Tripoli, aumenta la possibilità di una crisi umanitaria. A pagare il prezzo più alto sfollati, rifugiati e migranti

Andrea De Angelis – Città del Vaticano

Mentre in Libia gli scontri tra i sostenitori di Haftar e di Sarraj non si fermano, anzi raggiungono l’apice come riferito dall’Onu che giudica quelli delle ultime 24 ore come “i più pesanti dallo scoppio delle ostilità”, si moltiplicano gli appelli al cessate il fuoco da parte delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea. Sul campo, organizzazioni umanitarie come Terre des Hommes, da sessant’anni in prima linea per proteggere i bambini dalla violenza e dallo sfruttamento, lavorano per interventi d’emergenza nei territori dove i conflitti rendono difficile anche garantire la sussistenza dei civili.

Bambini arruolati dalle milizie

“Ci sono bambini, minori arruolati dalle milizie per combattere negli scontri di questi giorni. In un simile scenario è ovvio e naturale che queste persone tentino di fuggire alla ricerca di un posto, di un porto sicuro”. Così Bruno Neri, responsabile dei progetti di Terre des Hommes in Libia, ai microfoni di Radio Vaticana Italia descrive uno degli aspetti più tragicI del conflitto nel Paese africano. “La situazione è critica – spiega – e anche i trasportatori di beni di prima necessità, di cibo hanno paura a recarsi nei luoghi dove il conflitto è più aspro”. Tra questi c’è sicuramente il campo di Qasr bin Ghasheer, che ospita circa 600 migranti.

Ascolta l’intervista a Bruno Neri

Lo spettro di una crisi umanitaria

Le condizioni dei civili sono disperate e agli immigrati provenienti da Sudan, Nigeria, Somalia, Eritrea ed Etiopia si uniscono gli sfollati interni che, secondo le Nazioni Unite, si avvicinano ormai alla cifra di diecimila unità. Già presente in Libia con un progetto per il miglioramento dell’assistenza umanitaria e delle condizioni igieniche di alcuni centri per migranti e rifugiati, Terre des Hommes ha deciso di fornire alimenti d’emergenza e beni di prima necessità a oltre 270 famiglie libiche sfollate, tra cui 420 bambini, nella regione industriale di Alfallah, Tripoli, e a oltre 1.300 rifugiati e migranti, tra cui 200 bambini e 25 donne in gravidanza o che allattano, provenienti da altri Paesi africani nei centri di detenzione di Qasr bin Ghasheer e Tajoura, sempre nella capitale. Il rischio di una crisi umanitaria – paventato ieri dal Presidente del Consiglio italiano Conte – è reale e cresce con il passare dei giorni. In questo senso va letto l’insistente ed accorato appello ad un immediato cessate il fuoco da parte dell’Onu e dell’Unione Europea.

Il bilancio delle vittime

É di almeno 75 morti e 323 feriti il bilancio finora degli scontri scoppiati in Libia lo scorso 4 aprile. Lo ha reso noto parlando via telefono da Tripoli Syed Jaffar Hussain, rappresentante dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) in Libia, nel corso di una conferenza stampa a Ginevra. Secondo Hussain, tra le vittime si contano almeno sette civili morti e 10 feriti. Dall'inizio degli scontri a Tripoli, "tre medici e un autista di ambulanza sono stati uccisi. Altri quattro primi soccorritori sono rimasti feriti". Lo denuncia su Twitter Medici Senza Frontiere (Msf), precisando che "il personale medico e umanitario che tenta di fornire assistenza salvavita alle persone colpite dalla crisi non è un bersaglio".

 

 

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12 aprile 2019, 12:16