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Fiori sul luogo del disastro aereo Fiori sul luogo del disastro aereo 

La memoria degli operatori umanitari morti in Etiopia: persone semplici e speciali

Non si spegne l’eco della ˛ő´Ç±ôľ±»ĺ˛ą°ůľ±±đłŮĂ  nel mondo intero per il sacrificio offerto dai tanti operatori umanitari, vittime dell’incidente che ha coinvolto il Boeng dell’Ethiopian Airlines, precipitato domenica scorsa, poco dopo il decollo da Addis Abeba diretto a Nairobi. In attesa dell’esito delle indagini si allunga la lista dei Paesi che hanno interdetto i voli agli aerei 737 Max 8

Roberta Gisotti – Città del Vaticano

Uomini, donne, laici e religiosi, almeno 35 di diverse agenzie dell’Onu e di vari organismi religiosi e non governativi erano a bordo di quell’aereo per servire il prossimo, i più poveri, i più deboli, i più svantaggiati, i più bisognosi.  Le loro vite sono emerse drammaticamente nelle cronache della stampa, che hanno portato in luce l’impegno, la dedizione, l’altruismo di queste persone accomunate da un tratto distintivo: l’essere persone speciali nella loro semplicità.

Sei operatori cattolici a servizio della dignità umana

Tra di loro anche sei operatori cattolici, un sacerdote missionario della Congregazione di Mariannhil, p. George Mukua Kageche, originario del Kenya, una religiosa, suor Florence Wangary Yongi delle Missionarie di nostra Signora degli Angeli, anch’ella originaria del Kenya e quattro membri del Catholic Relief Services (Crs), organismo umanitario della Chiesa cattolica statunitense, Getnet Alemayehu, Sara Chalachew, Mulusew Alemu, Sintayehu Aymeku, tutti di nazionalità etiopica. Grande il cordoglio nelle loro famiglie religiose e nello loro comunità di lavoro e  tanti i ricordi e le parole di omaggio tra chi li ha conosciuti.

Padre George

Padre George, 40 anni, nativo di Nairobi, aveva studiato all’Istituto teologico St Joseph’s di Cedara e all’Università del Sud Africa,  aveva lavorato per il Catholic Development Center (Cdc) a Mthatha, nella provincia del Capo Orientale, prodigandosi per i poveri specie tra gli agricoltori nei territori più sperduti di quella regione; dopo la sua ordinazione nel novembre 2017 si era trasferito a Roma presso la casa generalizia della sua Congregazione. Ben noto a molti nella Chiesa sudafricana, don Mukua era popolare e famoso per la sua calma e il suo senso dell'umorismo.

Suor Florence

Suor Florence, 35 anni, nata della diocesi di Nakuru, aveva studiato in Canada, dove è stata fondata a Quebec nel 1922 la sua Congregazione dedicata in particolare alla cura dei malati, all’insegnamento e alla promozione della donna e con questo mandato da tre anni e mezzo era stata inviata missionaria a Goma, nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc) e stava rientrando a Nairobi per rinnovare il suo passaporto.

Getnet, Sara, Mulusew, Sintayehu


I quattro colleghi del Crs si recavano a Nairobi per partecipare a un corso di formazione. Getnet vi lavorava da dieci anni ed era sopravvissuto alla morte della moglie e della sua unica figlia in Etiopia; Sara era arrivata nel 2010 e dal dicembre scorso si occupava delle sovvenzioni; Mulusew era funzionario dal 2015 nel settore finanziario; Sintayehu, aveva perso in patria la moglie e tre figlie e si occupava dal 2017 degli approvvigionamenti. “I nostri colleghi – ha scritto Sean Callahan presidente di Crs sul sito dell’organismo ecclesiale - hanno svolto un lavoro incredibile nel rispondere alle crisi di sicurezza alimentare e ai bisogni dei loro connazionali. Il futuro dell’Etiopia è molto più radioso grazie al lavoro e alla dedizione della nostra squadra. Siamo onorati che questi colleghi si siano uniti alla nostra organizzazione e abbiano condiviso l’impegno a servire a dispetto dei rischi e dei sacrifici”. “Ogni giorno – prosegue Callahan – la nostra squadra continua a generare rispetto per la nostra missione condivisa di proteggere e sostenere la dignità di ciascuna vita umana.

Le indagini sull’incidente e le precauzioni degli Stati


Si continua intanto ad indagare sulle cause dell’incidente. Di oggi la notizia che la scatola nera con i dati del volo del Boeing 737 Max 8 sarà inviata in Europa per essere decodificata, poiché – come ha dichiarato l’Ethiopian Airlines – il Paese africano non ha le capacità di farlo. In attesa di conoscere le cause della tragedia si allunga di ora in ora la lista delle compagnie aeree e dei Paesi che a partire dell’Etiopia stessa hanno deciso di interdire i voli al modello aereo sotto inchiesta. Tra questi Gran Bretagna, Irlanda, Germania, Austria, Italia, Francia, Belgio, Olanda, Serbia, Kosovo, Bulgaria, Uzbekistan, Turchia, Marocco, Libano, Emirati Arabi Uniti, Oman, Cina, Hong Kong, Indonesia, Cayman, India, Malaysia, Singapore, Mongolia, Corea del Sud, Brasile, Argentina, Australia, Nuova Zelanda, Figi. Stesso provvedimento ha preso dalle 19 del 12 marzo l'Agenzia dell’Unione Europea per la sicurezza aerea (Easa). Numerose anche le compagnie che hanno bloccato nelle loro flotte le partenze dei Boeing uguali a quello precipitato ad Addis Abeba.

 

 

 

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13 marzo 2019, 14:14