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Rifugiati siriani chiusi nella propria baracca a causa della tempesta "Norma" Rifugiati siriani chiusi nella propria baracca a causa della tempesta "Norma" 

Allarme Unicef: in Libano 11 mila rifugiati siriani colpiti da tempesta

"Norma" è solo l'ultima tempesta che ha colpito nei giorni scorsi il Libano danneggiando decine di insediamenti di profughi siriani. Caritas, Croce Rossa e altre organizzazioni lavorano per portare loro il necessario. L'Unicef richiama l'attenzione sui più deboli: i bambini

Adriana Masotti - Città del Vaticano

Tempeste di neve e pioggia si sono abbattute sul Libano, in particolare dal 6 al 9 gennaio, tanto da costringere la chiusura delle scuole in tutto il Paese. A subire i danni più gravi sono state le decine di migliaia di profughi siriani che, dall'inizio della guerra, hanno trovato accoglienza nel nord e nord-est del Libano. Drammatiche le loro condizioni, fortunatamente nessuna vittima. Immediata la mobilitazione delle organizzazioni presenti sul territorio nazionale, tra cui la Croce Rossa e la Caritas locale per portare in salvo centinaia di persone tra cui donne e bambini. E per l’assistenza e il soccorso ai più piccoli si stanno adoperando gli operatori dell’Unicef, consegnando alle famiglie colpite kit per l’inverno, kit igienici, coperte e teli di plastica. 

Unicef: profughi a rischio in insediamenti di fortuna

In un comunicato, l’Agenzia dell’Onu per l’infanzia scrive che “151 insediamenti per rifugiati siriani, che ospitavano 11.000 persone, sono stati pesantemente colpiti" e che "fra questi rifugiati, un bambino risulta disperso”. Inoltre a causa delle condizioni meteorologiche estreme, che ancora persistono, “altri 850 siti, che ospitano in totale 70.000 rifugiati, sono a rischio”. "Il Libano ha una sua specificità rispetto all'organizzazione dell'accoglienza dell’esodo siriano in Giordania, in Iraq o in Turchia - spiega ai nostri microfoni il portavoce di Unicef, Italia Andrea Iacomini -.  In Libano non ci sono campi profughi ufficiali, ma ci sono insediamenti più o meno spontanei. Quindi è molto difficile riuscire ad arrivare dappertutto. Questi insediamenti sono abitazioni di fortuna, costruite con legni, con carta trovata per strada, strappata dai manifesti, a volte riscaldate con legna e fuoco, tanto è vero che spesso abbiamo registrato addirittura incendi dentro queste baracche, chiamiamole così, a volte costruite con l’amianto, dove hanno perso la vita tantissimi bambini. Ecco perché noi stiamo cercando di individuare proprio le zone più lontane, più difficili per poter arrivare a questo numero enorme di bambini che vivono fuori dalla capitale Beirut, specialmente nelle valli al confine con Israele".

Ascolta l'intervista integrale a Andrea Iacomini

Il generoso impegno del mondo del volontariato

Iacomini parla di grande generosità del mondo del volontariato e delle organizzazioni umanitarie civili ed ecclesiali per sostenere i siriani, ma conferma che la loro presenza così ingente e così prolungata sta mettendo in crisi il Libano. I vescovi locali da tempo sollecitano un accordo di pace in Siria per permettere a questa gente di far rientro nelle loro case. "Devo dire che se c’è qualcosa di bello che possiamo registrare in questo momento - afferma Iacomini - è veramente questa grande macchina dell’aiuto, questo grande movimento che ha nella Caritas e in tutte le altre agenzie e ong che operano in questo settore e in tutti noi dei protagonisti assoluti. Lo voglio ricordare perché ci sono operatori, funzionari della Caritas, dell’Unicef, dell’Unhcr, delle altre organizzazioni, che lavorano sul campo in questo momento in condizioni proibitive, a stretto contatto con le municipalità ma in condizioni in cui arrivare da una parte all’altra per seguire gli aiuti è veramente complicato".

Il sogno comune è di tornare in Siria

Un milione e mezzo di siriani sono arrivati qui dal 2011 in poi, un peso enorme per il Libano che conta sei milioni di abitanti e già ospita mezzo milione di rifugiati palestinesi della guerra del 1948. "La prima cosa da tenere a mente, dopo questi quasi 8 anni disastrosi che hanno visto centinaia di migliaia di bambini morire, ma altrettanti sono quelli rifugiati con cui abbiamo parlato, è che per molti di loro, quasi tutti, il sogno è tornare a casa. Qualche spiraglio c’è, ci sono zone pacificate dove la vita è ripresa ma noi dobbiamo fare in modo che la vita riprenda dappertutto". Per l'Alto Commissariato per i Rifugiati dell'Onu però, non ci sono ancora le condizioni di sicurezza per un ritorno in massa. Secondo il governo libanese, invece, la maggior parte delle città siriane sarebbero ormai sicure.

Occorre l'impegno di tutti per permettere il rientro dei rifugiati

A fine giugno circa 600 siriani, dopo anni di lontananza, hanno fatto ritorno nella loro Siria. Pochi per rassicurare i libanesi. "Il popolo libanese - ci dice il portavoce di Unicef Italia - è un popolo straordinario che dovrebbe essere preso come modello da tanti altri Paesi del mondo, da tanti continenti del mondo. Credo che il Libano sia anche più piccolo della Lombardia e ospita un numero di siriani enorme, spropositato, difficilissimo da gestire.  Già quando io sono stato qualche anno fa in Libano ho incontrato tanti libanesi di grandissima umanità, però che facevano presente quanto fosse complessa questa convivenza, non tanto dal punto di vista umano quanto per la difficoltà di un Paese che ha strutture particolari, che ha vissuto guerre, che ha problematiche interne. Ma rigiriamo questo appello alle potenze che hanno creato questo scempio e che ancora non sono riuscite a trovare un’intesa nel Consiglio di sicurezza. Credo che serva un impegno da parte di tutti affinché queste persone possano tornare a casa in pace. Questo purtroppo non dipende dai siriani: dipende da chi ha fatto scappare i siriani da casa loro".

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11 gennaio 2019, 10:30