La lebbra esiste ancora: lo ricorda l'annuale Giornata mondiale
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Centoquarantatre i Paesi del mondo in cui oggi è presente la lebbra o morbo di Hansen, una malattia grave, oggi curabile, che ancora colpisce molti uomini, donne e bambini nelle aree più povere del mondo. In soli 12 Paesi, si trova infatti il 94% dei nuovi ammalati. La Fondazione Follereau la cui missione è la cura degli ammalati, è attiva in Mali, Benin, Costa d’Avorio, Guinea Bissau, Niger, Senegal, Congo, Mauritania, Gabon, Madagascar, Tchad, Burkina Faso, Camerun, Togo, India, Cina, Cambogia e Vietnam.
In aumento i casi di lebbra nel mondo
Guido Barbera è membro del direttivo dell’Unione internazionale delle Associazioni Raoul Follereau ed è il presidente di “Voglio vivere Onlusâ€, una di queste associazioni. "Sicuramente - conferma ai nostri microfoni - la lebbra esiste ancora e non solo, purtroppo, negli ultimi anni stiamo vedendo una ripresa di questa malattia in alcuni Paesi. E questo perché la lebbra da sempre è la malattia della miseria, della povertà, oltre che dell’emarginazione. E in alcuni Paesi stiamo vedendo un peggioramento delle situazioni di vita. Secondo gli stessi dati dell’Organizzazione mondiale della sanità ogni anno abbiamo oltre 215 mila, 250 mila casi di nuovi malati, di cui una parte sono multibacillari, cioè il livello di malattia peggiore, dovuto soprattutto a un ritardo della diagnostica della malattia per quei malati di lebbra che vivono in villaggi separati dove non ci sono persone preparate a riconoscere la malattia".
Cause e cure della lebbra
Le cause principali della malattia continuano ad essere la povertà, l’assenza di servizi sanitari, d’igiene e di alimentazione, ma anche l'ignoranza e i pregiudizi culturali Si trasmette attraverso le vie respiratorie, non è ereditaria e, contrariamente a quanto forse si crede, è una malattia poco contagiosa. La cura è lunga ma efficace: la Commissione Medica della Fondazione Follereau ha messo a punto, in collaborazione con l'Oms, una terapia multifarmaco (MDT) composta da tre antibiotici che uccidono il batterio responsabile. Il trattamento guarisce la persona ammalata di lebbra in un periodo da 6 o 12 mesi, ma non ripristina le disabilità conseguite.
Ridare dignità alla persona e combattere l'emarginazione
Non solo curare il malato, ma ridare la dignità alla persona: questo ciò che è necessario. E questo significa il rientro del malato, dopo le cure, nel suo villaggio, rientro però non sempre scontato. "Diciamo che oggi la lebbra sotto questo punto di vista - afferma Barbera - è molto meno emarginata di quando Follereau negli anni 60 iniziò la sua battaglia. Sicuramente l’ignoranza ha però un peso notevole nei confronti dei malati, quindi non si tratta semplicemente di curarli ma di curare anche la società in cui si trovano. Quando un malato arriva da villaggi isolati, dove non c'è informazione sulla malattia, si vivono ancora problemi di forte respingimento ed esclusione. Vorrei però sottolineare come questo rientri in quello che Follereau chiamava lotta non solo alla lebbra, ma a tutte le lebbre che sono ben più gravi: l’esclusione sociale, l’abbandono. Io credo che oggi un migrante nei nostri Paesi sia un lebbroso forse più escluso dei malati stessi nei Paesi africani, nel senso che quel concetto che ci porta a rifiutare la persona che viene da un Paese diverso, che ha una pelle diversa, è un concetto di lebbra veramente emarginante e purtroppo sono le lebbra del nostro tempo.
L'appello e l'impegno di "Voglio vivere Onlus"
Di ritorno, pochi giorni fa, da un viaggio nel nord del Camerun a pochi km dalla base di Boko Haram, in riferimento alla prossima Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra, Barbera scrive sul sito di “Voglio vivereâ€: “Il giorno di Natale, sono arrivati due bambini con evidenti segni di lebbra! Oltre alle violenze, qui c'è fame vera! La luce non c’è, l’acqua, sporca, è pochissima… Chi vivrebbe in queste condizioni?â€. Il suo è un appello forte a vincere l’indifferenza e ai nostri microfoni dice: “Follereau sosteneva: “La sola verità è amarsiâ€. E’ stato lo slogan che mi ha colpito da ragazzino. Noi dobbiamo imparare a non desiderare sempre di più, a vivere con il necessario che soddisfa i nostri bisogni e quindi a imparare anche a rapportarci con le altre persone, convivere nel rispetto reciproco, sapendo che abbiamo bisogno uno dell’altro e dobbiamo imparare a camminare insieme, ad andare tutti verso un’unica direzione: la direzione del rispetto, della dignità, dei diritti e dei beni comuni dell’intero pianeta“.
Chiesa e malati di lebbra: 610 lebbrosari nel mondo
Secondo i dati dell’ultimo “Annuario Statistico della Chiesaâ€, la Chiesa cattolica gestisce nel mondo 610 lebbrosari. Questa la ripartizione per continente: in Africa 192, in America 55 (totale), in Asia 352, in Europa 10 e in Oceania 1. Le nazioni che ospitano il maggior numero di lebbrosari sono: in Africa: Repubblica Democratica del Congo (30), Madagascar (25), Kenya (21); in America del Nord: Stati Uniti (2); in America centrale: Messico (9); in America centrale-Antille: Haiti (4); in America del Sud: Brasile (19); in Asia: India (243), Indonesia (63), Vietnam (13); in Oceania: Papua Nuova Guinea (1); in Europa: Germania (6), Polonia (2). La Chiesa missionaria ha una lunga tradizione di assistenza verso i malati di lebbra, spesso abbandonati anche dai loro familiari, ed ha sempre fornito loro, oltre alle cure mediche e all’assistenza spirituale, anche possibilità concrete di recupero e di reinserimento nella società. In molti paesi è ancora grave la discriminazione verso questi malati, per la presunta incurabilità della malattia e per le tremende mutilazioni che provoca.
I santi che hanno dato la loro vita per i lebbrosi
Sono diversi i santi missionari che hanno dedicato la vita ad alleviare le sofferenze dei malati di lebbra, come San Jozef Daamian De Veuster, universalmente conosciuto come l’Apostolo dei lebbrosi di Molokai, e santa Marianna Cope, che trascorse 35 anni a Molokai coadiuvando con altre consorelle l’opera di p. Damiano; o Santa Teresa di Calcutta, il beato Jan Beyzym, che svolse il suo ministero tra i lebbrosi del Madagascar, il venerabile Marcello Candia e Raoul Follereau, lo scrittore e giornalista francese cui si deve l’istituzione, nel 1954, dell’odierna Giornata mondiale dei malati di lebbra, nell’ultima domenica di gennaio.
AIFO: il miele della solidarietà nelle piazze d’Italia
L’Aifo (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau), organizzazione non governativa di cooperazione internazionale, in questa 66.esima Giornata, richiama l’attenzione, oltre che sulla lebbra, anche sulle altre malattie tropicali, ‘malattie dimenticate’, come filariosi, oncocercosi, malattia del sonno, elefantiasi, che devono essere ancora debellate. Ma per finanziare cure e programmi di prevenzione e di inclusione sociale per tutti questi malati, sono necessari più fondi. Per questo migliaia di volontari Aifo saranno oggi nelle piazze italiane, per offrire “Il miele della Solidarietàâ€, il cui ricavato finanzierà i progetti dell’associazione in Africa, Asia e America del Sud.
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