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Memoria Shoah. Sr Loparco: Quando metà Roma nascose l'altra metà

Almeno 4500 ebrei, in fuga dai rastrellamenti nazisti del 1943 su Roma, trovarono accoglienza presso istituzioni ecclesiali. La ricerca storica non ha ancora censito l’ospitalità data dalle parrocchie. Lo spiega la suora salesiana Grazia Loparco, docente di Storia della Chiesa alla Pontificia Facoltà Auxilium

Paolo Ondarza - Città del Vaticano

R.  – Dalla documentazione sicura che abbiamo reperito si può parlare di almeno 4.500 ebrei nascosti nelle case religiose di Roma, maschili e femminili. In questa stima non stiano includendo tutte le parrocchie.

D. - Provenivano tutti dalla Comunità Ebraica di Roma?

R. - In genere sì ma non del tutto nel senso che proprio perché c’era da parte degli ebrei l’idea che Roma sarebbe stata risparmiata, allora anche da altre città o dall’estero erano arrivati alcuni ebrei. Metà Roma nascose l’altra metà, nel senso che ci fu un aiuto notevolissimo.

D. – La decisione di aprire auna Chiesa o un convento apparteneva alla singola comunità religiosa o era una disposizione che veniva da più in alto?

R.  – Non si può dire che tutti gli istituti abbiano aspettato un’indicazione dall’alto né che tutti si siano mossi autonomamente. Il 16 ottobre molti si mossero autonomamente, quindi hanno aperto le porte perché hanno visto l’emergenza e hanno ritenuto giusto che fosse loro dovere fare quello. In alcuni casi invece ci fu paura, ci fu una maggiore prudenza diremmo…

D. – Riparare in una chiesa o in un convento, era garanzia di trovarsi effettivamente in una zona inviolabile?

R.  – Delle irruzioni ci sono state. La più nota è quella a San Paolo, al Lombardo, credo anche dalle suore di Maria Bambina... Le case religiose misero in atto delle disposizioni per prevenire tutto questo. E anche la Santa Sede aveva procurato dei cartelli che furono distribuiti, cartelli bilingue, in italiano e in tedesco, in cui si diceva che quella casa non era soggetta a perquisizioni o requisizioni perché era proprietà della Santa Sede o comunque aveva a che fare con la Santa Sede.

D. – L’accoglienza degli ebrei era condizionata ad aderire alla religione cattolica?

R. - Nella maggioranza dei casi si può attestare il rispetto per la fede religiosa degli ebrei. Per esempio le Suore Brigidine o anche le Oblate di Tor de Specchi predisposero anche una stufa per poter cuocere il pane azimo per gli ebrei. A parte questo poi c’è il discorso delle preghiere che invece dovettero imparare perché nel momento in cui c’era una perquisizione la prima cosa che veniva chiesto ai bambini o alle bambine era di recitare le preghiere cristiane, fare il segno della croce.

D. –Suor Grazia ci sono aspetti inediti e finora poco esplorati da un punto di vista storico di questa vicenda?

R. –Quello che è da ricostruire, anche con estrema difficoltà, devo dire, sarebbe la rete dei salvataggi un po’ in tutta Italia, i percorsi attraverso i quali da una regione all’altra a volte con le case dello stesso Istituto, a volte invece di altri istituti, riuscivano a riparare in Svizzera, per esempio. Oppure fino a Genova per poter poi riparare verso l’America.

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29 gennaio 2019, 06:30