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Crisi migratoria senza precedenti in Venezuela, la testimonianza di p. George

Il Venezuela stretto nella crisi economica sta affrontando anche un’epocale emergenza migratoria: oltre 2 milioni di abitanti hanno lasciato il Paese dal 2015. All’Urbi et Orbi non è mancata la preghiera del Papa; padre George Engel da Caracas: "la gente muore di fame"

Cecilia Seppia - Città del Vaticano

“Questo tempo di benedizione consenta al Venezuela di ritrovare la concordia e a tutte le componenti sociali di lavorare fraternamente per lo sviluppo del Paese e per assistere le fasce più deboli della popolazione”. Papa Francesco il giorno di Natale ha pregato ed esteso la benedizione dell’Urbi et Orbi anche al Venezuela che da diversi anni è stretto tra una crisi economica con un tasso di inflazione superiore al 340 mila% e una crisi politica, inasprita dal secondo mandato di Nicolas Maduro, giudicato da molti incostituzionale, che ha generato proteste e rivolte e dalla minaccia del Presidente americano Donald Trump di voler invadere il Paese. Questo doppio binario sta fiaccando la popolazione costretta a fuggire da uno Stato che ha le più grandi riserve petrolifere al mondo, ma dove di fatto manca tutto dai generi alimentari ai farmaci.  Anche la criminalità è in aumento. Nel 2017 sono stati registrati 89 omicidi ogni 100.000 persone: un tasso quindici volte superiore alla media globale.

Crisi migratoria senza precedenti

Ma ciò che spaventa oggi è la crisi migratoria. Secondo l’Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) e l’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), ogni giorno in media 5.500 persone lasciano il loro Paese. E la crisi anziché diminuire dovrebbe addirittura aggravarsi nel 2019; le Nazioni Unite prevedono per la fine del prossimo anno 5,3 milioni di migranti e rifugiati venezuelani. Questo esodo è considerato dall’Onu come il più massiccio spostamento di persone nella storia recente dell’America Latina. Padre George Engel, parroco della parrocchia di Notre-Dame dell’Assomption in un quartiere popolare di Caracas, è in Venezuela da 16 anni, e al microfono di Marine Henriot della nostra redazione francese ribadisce che la situazione è drammatica e che la gente ormai muore anche di fame.

La testimonianza di p. George

“In questi ultimi tempi la crisi in Venezuela si è aggravata in maniera preoccupante, segnata dalla fame e poi soprattutto dalla violenza che ne deriva. Non bisogna dimenticare – afferma - che, secondo l’ultimo rapporto dell’associazione Secours Catholique sul piano internazionale – un rapporto pubblicato qualche giorno fa – la Caritas indica che il salario minimo mensile in Venezuela è attualmente pari a sei dollari: ovvero il più basso di tutta l’America Latina. L’ultimo rapporto Caritas afferma che il 53% della popolazione è obbligata oggi a trovare il cibo in luoghi “non convenzionali”; e quando la Caritas fa questa affermazione, la usa come eufemismo per dire che le persone oggi si sono ridotte a cercare da mangiare persino nella spazzatura. Stamattina ho ricevuto la notizia che un bambino di quattro mesi, appena deceduto nell’ospedale pediatrico vicino alla mia parrocchia, è stato per quindici giorni in terapia intensiva, e durante questo periodo non è mai stato sottoposto ad una radiografia perché le apparecchiature sono rotte, e non gli sono state fatte neanche le analisi del sangue perché i laboratori dell’ospedale non funzionano più”.

Parrocchie vuote, cervelli in fuga

La crisi migratoria è però secondo padre George il problema più importante da affrontare. “Per quanto riguarda la parrocchia dove mi trovo, la parrocchia 'El Salvador' nel centro di Caracas – racconta - più della metà dei giovani che di solito la frequentavano sono andati via: più della metà e questo è orribile...! E hanno lasciato il Paese per andare in Colombia, in Cile o in Perù. La parrocchia dove sono io, El Salvador, si svuota, ogni giorno drammaticamente. Credo – prosegue - che la situazione sarà sempre più difficile. Non bisogna dimenticare che il problema principale per il futuro del Paese non è quello economico: il problema riguarda la fuga dei cervelli. Perché dei prestiti il Paese li troverà sempre grazie al Fondo Monetario Internazionale, ma con i giovani che saranno partiti, come potrà in seguito ricostruirsi il Paese? Questo è il problema più importante secondo me”.

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27 dicembre 2018, 12:40