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Piazza san Pietro durante un recente Angelus del Papa Piazza san Pietro durante un recente Angelus del Papa 

La Chiesa e le donne: una questione ancora tutta aperta

Il 1968 ha dato una spinta decisiva a quelle istanze del mondo femminile che da tempo covavano sotto la cenere. 50 anni dopo è utile riflettere su quella stagione di luci e ombre. Sul rapporto donne e Chiesa, il parere della teologa Marinella Perroni

Adriana Masotti - Città del Vaticano

Sono passati 50 anni da quel 1968 che rievoca, almeno in Occidente, un periodo storico molto particolare, di grande fermento in tutti gli ambiti della vita civile, politica, sociale con profondi riflessi nella vita quotidiana. Si sognava un cambiamento generale: i giovani alzavano la loro voce chiedendo il diritto allo studio per tutti, le donne per esigere la parità dei diritti rispetto agli uomini, la famiglia era spesso luogo di conflitto tra le generazioni. La contestazione ha scosso anche la Chiesa cattolica e le altre Chiese. Molti i sacerdoti in crisi, in calo le vocazioni religiose e l'adesione alla fede.

La Chiesa e le donne del '68 

Oggi,  a distanza di tanti anni è possibile leggere con più obiettività quella stagione e vedere con più chiarezza ciò che c’è stato di positivo e di negativo, i danni prodotti e le conquiste, insieme alle contraddizioni e alle strumentalizzazioni avvenute. Ma facendo riferimento in particolare alle rivendicazioni delle donne e del movimento femminista, come ha vissuto la Chiesa cattolica quel momento? "Ufficialmente la Chiesa cattolica, nel senso magisteriale e gerarchico - afferma ai microfoni di Pope, la teologa Marinella Perroni, docente di Nuovo Testamento al Pontificio Ateneo Sant'Anselmo - ha rifiutato qualsiasi istanza che porti accanto l’aggettivo 'femminista'. Di fatto, Paolo VI però aveva cominciato a sentire … io ricordo un discorso in cui disse: 'Si sentono voci lontane con cui prima o poi dovremo avere a che fare: sono voci di donne'. Non dimentichiamo poi che Giovanni XXIII nel 1963 aveva ricordato, nella sua Enciclica 'Pacem in Terris', che il riconoscimento della dignità, preteso dalle donne, era un segno dei tempi con cui i credenti, e quindi la Chiesa, dovevano assolutamente fare i conti". (Ascolta l'intervista alla prof.ssa Marinella Perroni)

La questione femminile negli anni successivi

Di diritti delle donne, del loro ruolo e contributo all'interno della società e della Chiesa si continua a discutere. Papa Francesco spesso ritorna sulla questione riconoscendo la necessità di una nuova e profonda riflessione su questa realtà. E, nell'Esortazione apostolica 'Evangelii gaudium', scrive: “Le rivendicazioni dei legittimi diritti delle donne, a partire dalla ferma convinzione che uomini e donne hanno la medesima dignità, pongono alla Chiesa domande profonde che la sfidano e che non si possono superficialmente eludere”. 
Ripercorrendo la storia di questi ultimi 50 anni, la Perroni afferma: "Diversa è stata la posizione della Chiesa nei confronti della questione femminile negli anni successivi al '68. Proprio per questo rifiuto di avere a che fare con un movimento sicuramente difficile, confuso, complesso e anarchico, come quello delle donne, la tentazione è stata quella di proporre una visione tutta cattolica della figura femminile e delle istanze delle donne. 

Le consacrate e la Chiesa 

A sentire profondamente la necessità di uno spazio e un riconoscimento maggiori all'interno della Chiesa cattolica, sono proprio le Religiose. Anche nei giorni scorsi, all'interno del Sinodo sui giovani, si è affrontato il tema ed è emersa una richiesta di pari diritti tra le Superiori religiose presenti ai lavori e i loro omologhi, non sacerdoti, riguardo alla possibilità di votare i documenti sinodali che per ora non è riconosciuta alle Religiose. In molte consacrate - sostiene Marinella Perroni -  c’è inevitabilmente una stanchezza rispetto a tante cose che avevano sperato potessero certamente cambiare, e che invece non sono cambiate". 

Molte le teologhe che insegnano nelle Università

Una cosa che invece è cambiata è stata la possibilità, che in passato non c'era, di accedere agli studi accademici di teologia anche per le donne. E quindi all'insegnamento... "Sì, un filone che, a partire dal Concilio si è aperto - dice la Perroni - è stato l’apertura delle facoltà teologiche, quindi della possibilità di accedere ai corsi che danno diritto ai titoli accademici, anche per i laici, e le donne fanno parte del laicato. E così oggi abbiamo ormai una presenza massiccia di teologhe. E questo ha un peso, questo è stato un cambiamento significativo".

Al Sinodo emerge la necessità di un cambiamento

“Saremmo stolti se rinunciassimo al potenziale delle donne”, che devono essere coinvolte “oggi, non domani”, nei “processi decisionali” che riguardano la Chiesa". Così il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga e presidente della Conferenza episcopale di Germania, intervenendo al briefing di mercoledì scorso sul Sinodo dei Vescovi. Il cardinale ha sottolineato che è fondamentale “capire l’evoluzione dei tempi, come già fatto da Giovanni XXIII”. Parole, e non sono state le uniche pronunciate in questi giorni da altri esponenti della Chiesa, che fanno ben sperare. "Io credo che dobbiamo accettare strategie di tempi lunghi - dice da parte sua la Perroni -. Da parte nostra, ci sono evidentemente delle responsabilità storiche da assumere e accettare, ma ci sono sempre state per quelli che, maschi o femmine, hanno voluto vivere la loro fede e la loro appartenenza ecclesiale dentro la storia e non come una spiritualità individuale. Quindi io capisco che la responsabilità storica di noi teologhe oggi è intanto questa: servire la nostra Chiesa nella verità e nella libertà".

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26 ottobre 2018, 12:20