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Nicaragua: i vescovi credono ad un dialogo franco e sincero

Dall'inizio della crisi in Nicaragua, importante ruolo pacificatore del card. Leopoldo Brenes e dei vescovi del Paese, che hanno sempre esortato i fedeli a non lasciarsi provocare dalle aggressioni subite dal governo di Daniel Ortega. Saliti a 448 i morti causati dalle violenze

Patricia Ynestroza - Città del Vaticano

Il card. Brenes continua ad esortare il popolo nicaraguense a non rispondere al male con il male, a non lasciarsi provocare, e assicura che “possiamo vincere l'odio con l'amore che Cristo ci dona". Domenica scorsa, l’arcivescovo di Managua ha affermato che, nonostante la feroce campagna diffamatoria del governo contro il clero, insisterà per mantenere vivo il dialogo". “Siamo pastori, non politici – ha dichiarato - e crediamo e insistiamo sul fatto che il dialogo franco e sincero è la migliore soluzione a questa violenza che colpisce e ferisce noi pastori e tutto il popolo nicaraguense".

La sofferenza della Chiesa accusata di cospirare contro lo Stato

Di fronte alle accuse fatte alla Chiesa da parte del Presidente Ortega di cospirare per un colpo di stato, il card. Brenes ha dichiarato che si è raccolto davanti al Santissimo Sacramento, ed ha sentito la pace, necessaria in questo momento di sofferenza. Il 25 luglio scorso, festa di San Giacomo apostolo, il porporato ha presieduto una Messa nella parrocchia di San Giacomo nella città di Jinotepe; una Messa di espiazione, per riparare alle offese di cui sono stati vittime i sacerdoti e la Chiesa, un atto di umiltà per chiedere il perdono dei peccati.

Dall’inizio delle proteste il 18 aprile si contano 448 morti ed oltre 2800 feriti

Il Nicaragua la violenza dei primi 100 giorni della sua crisi più sanguinosa dagli anni '80, secondo un rapporto pubblicato dalla Ong nicaraguense Associazione per i diritti umani, ha causato 448 morti, 2.830 feriti, 595 dispersi, per lo più civili, e un'economia sempre più in crisi. Durante le manifestazioni pacifiche, i sacerdoti hanno letteralmente camminato tra i proiettili, per salvare la vita dei giovani, attaccati dalle forze armate del governo composte da poliziotti, polizia antisommossa, paramilitari e gruppi di incappucciati dotati di armi da guerra.

La lettera dei vescovi al Presidente Ortega

I vescovi del Paese in questi giorni si riuniranno per discutere il loro ruolo nella mediazione di pace con il governo. Il mese scorso hanno inviato una lettera al Presidente Ortega per esortarlo ed intraprendere la strada della democratizzazione del Paese ma la sua risposta per riavviare il dialogo – ha affermato ai nostri microfoni mons. Carlos Avilés, vicario generale dell'arcidiocesi di Managua e consigliere della Commissione per il Dialogo Nazionale - è stata molto diplomatica.

Le richieste dei vescovi che non sono state ancora accolte

Nella Lettera i vescovi del Nicaragua hanno chiesto al Presidente Ortega: 1. cessazione di ogni forma di violenza da parte delle forze governative; 2. il disarmo delle forze paramilitari, per impedire che le armi scendano in piazza; 3. l’eliminazione dei blocchi stradali e delle barricate che la polizia ha già fatto sgomberare dalle strade; 4. Vietare l'accaparramento delle terre con azioni condotte dal governo per distrarre l'attenzione dalla repressione in corso. “Ma tutte queste richieste fino ad oggi sono state disattese dal governo – afferma mons. Avilés - in quanto la violenza non si è fermata ed i paramilitari continuano a circolare armati nelle strade”.

Anche oggi giornata di riparazione e intercessione per la pace e la riconciliazione

Intanto oggi, per il secondo venerdì consecutivo, la Chiesa del Nicaragua ha convocato una Giornata di riparazione e intercessione per la pace e la riconciliazione, chiedendo il digiuno e distribuendo in tutto il Paese un’apposita preghiera di affidamento. È prevista per domani, invece, una manifestazione di solidarietà alla Chiesa e in particolare ai vescovi, nelle ultime settimane particolarmente sotto attacco da parte dei paramilitari. Le forze speciali continuano a presidiare le due città che più di altre si erano ribellate al regime: Masaya e Jinotega.
 

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27 luglio 2018, 12:17