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Metodo Rondine: trasformare i conflitti in opportunità

È stato presentato questa mattina, alla Camera dei Deputati, il Metodo Rondine per la trasformazione creativa dei conflitti

Salvatore Tropea – Città del Vaticano

Nella cornice della Nuova Aula del Palazzo dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati è stato presentato questa mattina il Rapporto Annuo 2017 dell’Associazione Rondine Cittadella della Pace e i dettagli del metodo per la trasformazione creativa dei conflitti. L’associazione, candidata al Nobel per la Pace nel 2015, da circa vent’anni lavora a livello internazionale per promuovere il dialogo e la trasformazione del conflitto. Rondine si occupa dei conflitti a tutti i livelli, da quello interpersonale a quello sociale e internazionale.

Convivere con il proprio nemico per crescere insieme

Il “Metodo Rondine” ha sperimentato nel laboratorio della Cittadella della Pace di Arezzo, la convivenza reciproca per due anni tra circa 180 ragazzi provenienti da luoghi di guerra, in particolare dal Medio Oriente al Caucaso, dall’Africa sub-sahariana al subcontinente indiano, fino ai Balcani e all’America. Il metodo, che parte dalla pratica di decostruire la figura del nemico, è oggi codificato e riconosciuto a livello accademico. Ciò che è scaturito da questa convivenza con il proprio “nemico” è la capacità, per i giovani, di imparare ad affrontare il conflitto e a gestirlo, sviluppando nuovi modelli relazionali e competenze specifiche, fino anche ad arrivare a nuovi modelli di governance e leadership, come spiega Franco Vaccari, presidente di Rondine.

La cultura del conflitto paralizza i giovani

“In così tanti anni di studio – sottolinea Vaccari – abbiamo visto che c’è una logica di inganno che paralizza miliardi di giovani in tutto il mondo, perché le relazioni umane vivono i loro conflitti naturali, ma c’è bisogno di capire come non soccombere, ma tirare fuori dai conflitti stessi un potenziale creativo”. Questo è appunto il Metodo Rondine che, spiega sempre Vaccari, può essere applicato tanto alle situazioni di guerra quanto a particolari situazioni connotate da conflitti sociali, come accade nei territori soggetti alla presenza mafiosa o ai forti contrasti tra cittadini italiani e migranti. Il presidente di Rondine fa l’esempio di Prato, dove “è bellissimo vedere giovani pratesi e cinesi, che prima non si parlavano mai, adesso fare festa e lavorare insieme”.

Un esempio da cui partire: la Sierra Leone

Un’ulteriore testimonianza delle nuove frontiere applicative del metodo è stata la presentazione dei risultati del progetto “Initiative for democratic and peaceful elections”, che rappresenta la prima applicazione concreta del Metodo Rondine nei luoghi del conflitto ed in particolare in Sierra Leone, come racconta Manuella Markaj, responsabile del progetto e vice presidente di Rondine International Peace Lab. Il progetto, della durata di diciotto mesi – da gennaio 2017 a maggio 2018 – ha comportato un’azione di awareness raising, ovvero di sensibilizzazione in vista delle elezioni presidenziali in Sierra Leone del 7 marzo scorso, attraverso un percorso di formazione per i leader delle comunità e per la popolazione in generale. L’azione del Metodo Rondine ha quindi contribuito concretamente a sviluppare durante la campagna elettorale un clima che non ha fomentato nessuna forma di violenza, soprattutto quella fisica e in alcuni casi tribale come spesso accadeva nel Paese africano. L’efficacia del Metodo Rondine è stata dimostrata grazie al progetto di ricerca: “Studio e Divulgazione del Metodo Rondine”, realizzato grazie al contributo di Fondazione Vodafone Italia e con la collaborazione dell’Università Cattolica di Milano e l’Università degli studi di Padova.

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05 luglio 2018, 13:57