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80 anni fa il "Manifesto della razza" che aprì alle leggi razziali in Italia

Il razzismo è un veleno che continua ad insinuarsi nelle società. Così ieri il Presidente Mattarella in occasione degli 80 anni del "Manifesto della razza". Ai nostri microfoni Matteo Corradini, ebraista e scrittore, sottolinea la necessità di lavorare tutti i giorni per una cultura che non ceda alla paura del diverso

Adriana Masotti - Città del Vaticano

Il 25 luglio del 1938 il fascismo fece proprio il cosiddetto "Manifesto della razza" firmato da scienziati, medici, intellettuali. Per il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, questo atto “rimane la più grave offesa recata dalla scienza e dalla cultura italiana alla causa dell'umanità”.

Mattarella: una pagina infamante

Il Capo dello Stato ha ricordato ieri l’ottantesimo anniversario del documento in una dichiarazione dai toni forti: "L' aberrazione dell'affermazione della supremazia di uomini su altri uomini considerati di razze inferiori, la volontà di dominio che esprimeva, la violenza, segregazione, pulizia etnica che portava con se', avrebbero segnato nel profondo la storia del XX secolo e, con essa, la coscienza dei popoli”. Dieci i punti del documento pubblicato il 14 luglio 1938 su “Il Giornale d’Italia” con il titolo: “Il fascismo e i problemi della razza”.
Perentoriamente vi si affermava l’esistenza di più razze umane su base biologica, la purezza della razza italiana di origine ariana e il dovere assoluto di evitare qualsiasi alterazione dei caratteri degli italiani mediante incroci con razze extra-europee.

Riflettere sul passato per comprendere l'oggi

Nella sua nota Mattarella guarda all’attualità denunciando chiaramente come il veleno del razzismo continui a insinuarsi nelle società e a creare nuove barriere. “Compito di ogni civiltà è evitare che si rigeneri”, è il richiamo del Presidente che conclude: “Ciò che è accaduto rappresenta un monito perenne e segna un limite di disumanità che mai più dovrà essere varcato". Riflettere sui meccanismi di propaganda del passato è utile per capire meglio i meccanismi del presente, sostiene ai nostri microfoni Matteo Corradini, ebraista, scrittore, ricercatore e responsabile di progetti educativi. (Ascolta l'intervista a Matteo Corradini sulle leggi razziali in Italia)     .

A Corradini abbiamo chiesto che influenza ebbero le tesi del "Manifesto della razza" sulle leggi razziali che colpirono gli ebrei italiani qualche mese dopo la loro pubblicazione:

R. - Le legge razziali si appoggiano sul cosiddetto manifesto degli scienziati razzisti, perché il fascismo aveva bisogno di una giustificazione biologica. Quindi il manifesto degli scienziati era funzionale all’introduzione pubblica dell’idea che le razze esistessero e che esistessero, dal punto di vista scientifico, razze inferiori e razze superiori.

Il manifesto sostiene, tra l'altro, che la pura razza italiana non deve essere alterata in nessun modo. Oggi queste cose ritornano di attualità, nei fatti, spesso, sono già un atteggiamento a cui assistiamo nelle nostre società …

R. - Oggi in Italia, più che razzismo, mi pare ci sia diffusamente una fortissima xenofobia, ossia l’idea della paura di chi è diverso da noi. Questa xenofobia era anche alla base delle leggi razziali di 80 fa: gli ebrei venivano vissuti come diversi e, come tali, venivano visti con scetticismo e addirittura con timore. Oggi il meccanismo è lo stesso: ci sono persone che arrivano da tante parti del mondo e queste persone, in molti casi, vengono viste con odio, scetticismo, egoismo.

Adesso più che gli ebrei altri gruppi, altri popoli sono diventati bersagli di pregiudizi, discriminazioni …

R. - È verissimo. Oggi, grazie al cielo, contro gli ebrei non c’è lo stesso antisemitismo di 80 fa, in Italia in particolare. Però, anche contro gli ebrei in Europa in generale, c’è un ravvivarsi – purtroppo - di fenomeni di antisemitismo, di fenomeni anche violenti. Oggi certamente altri gruppi umani vivono le stesse violenze. È un odio che passa attraverso Twitter, attraverso Facebook. Pensiamo a tutto quello che è successo nelle ultime settimane con gli sbarchi. Questi proclami hanno fatto male come atti concreti; hanno creato una mentalità negativa, per certi versi più negativa di eventuali fatti concreti compiuti in silenzio, ad esempio. Allora, studiare i meccanismi del passato significa in parte anche comprendere i meccanismi di oggi: il meccanismo della propaganda contro il diverso si basa quasi sempre sul fatto negativo che coinvolge qualche straniero e la propaganda fa diventare questo atto negativo la totalità.

Le leggi razziali escludevano dalle scuole e da molti impieghi pubblici gli ebrei. All’epoca come furono accolte dagli italiani?

R. - In tanti modi diversi; c’è chi ha compreso la gravità di queste azioni e in altri casi c’è chi ne ha approfittato. Emblematico il caso, ad esempio, dei professori universitari che senza nessun problema andavano a ricoprire le cariche perdute dagli ebrei per motivi razziali … L’italiano medio ha tutto sommato acconsentito che questo avvenisse. Quando si ascoltano gli ebrei che hanno vissuto le leggi razziali in Italia, la sensazione generale è che abbiamo vissuto una grande solitudine.

Come fare perché il razzismo, o forse meglio la xenofobia, non torni tra noi a farsi elemento culturale?

R. - Vedo che oggi tante persone lavorano quotidianamente contro l’idea che le razze esistano, contro l’idea che esistano razze inferiori. Che cosa si può fare? Intanto continuare su questa strada ogni giorno, creando una cultura diffusa, più consapevole rispetto a chi arriva da fuori. Dall’altro lato la cosa evidente oggi in Italia è la mancanza di una rappresentanza politica che possa dare voce ai tanti italiani che non la pensano esattamente come il ministro degli interni. Questa rappresentanza non c’è in questo momento. E questo è un male per la politica.
C'è da dire poi che la Chiesa oggi si sta schierando più apertamente contro la xenofobia, mentre 80 anni fa ha lavorato un po’ di nascosto, in parte per timore di accendere dell’odio anche contro i cristiani. Anche se poi ci sono stati tantissimi laici e consacrati nella Chiesa che hanno aiutato gli ebrei. Ma oggi la Chiesa è meno riluttante ad esprimere il proprio pensiero anche pubblicamente e questo va riconosciuto perché poi va a finire che tutti si attaccano alla gonnella della Chiesa per dire cose come: “Li prendano loro in Vaticano gli immigrati se proprio li vogliono”. Invece, oggettivamente, anche nelle parrocchie si vede che la Chiesa sta facendo tante cose concrete.

 

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26 luglio 2018, 14:07