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A cinque anni dalla morte, Nelson Mandela resta un’icona di pace

Ricorre oggi la Giornata internazionale “Nelson Mandela”, indetta dall’Onu nel 2010 per rendere omaggio al prezioso contributo dato dall’ex Presidente sudafricano alla costruzione di una cultura di pace e libertà

Barbara Castelli e Linda Bordoni – Città del Vaticano

Un pacifico guerriero instancabile, il cui cuore ha sempre battuto per ideali immortali. L’odierna Giornata internazionale “Nelson Mandela”, indetta dalle Nazioni Unite, offre l’occasione per ricordare l’esempio di un uomo che ha vissuto dalla parte della libertà, testimoniando il potere straordinario del perdono: premio Nobel per la pace, protagonista indiscusso della lotta all’apartheid, tanto da trascorrere 27 anni nel carcere di Robben island, dopo la condanna all’ergastolo. “Oggi ricordiamo un uomo di una calma silenziosa che lavorò instancabilmente per la pace e la dignità umana – scrive nel messaggio per tale occasione il segretario generale Onu, António Guterres – il suo sacrificio non servì solo al popolo della sua nazione, ma servì anche a fare del mondo un posto migliore per tutti, ovunque”. Partendo dal tema della Giornata, “Agite e ispirate al cambiamento”, il capo del Palazzo di Vetro sottolinea la centralità del “lavoro volontario a favore delle persone e del pianeta”, e invita “la famiglia umana a intensificare i propri sforzi per costruire un mondo di pace sostenibile e giusto”.

Il ricordo dell'ambasciatore sudafricano

Un sognatore che non si è arreso, maestro del perdono

A cento anni dalla nascita e a cinque dalla morte, “Madiba” resta vivo soprattutto nella memoria riconoscente di quanti lo hanno conosciuto, come George Johannes, ambasciatore della Repubblica del Sudafrica presso la Santa Sede. “La sua eredità – sottolinea ai microfoni di Pope – è la testimonianza che non importa quanto sia disperata o difficile una situazione, se c’è la determinazione e la volontà, ci si può parlare e arrivare ad una soluzione”: “noi lo chiamiamo ‘effetto Mandela’”. Il diplomatico ricorda Nelson Mandela con affetto, precisando quanto egli abbia fatto non solo nella “lotta per la liberazione”, ma anche “per i bambini, per gli anziani, per le donne e per quanti erano ai margini della società”. “E’ stato uno dei primi”, rimarca, a dire “‘dimezzate il mio salario e datelo ai poveri’”. “Un giorno eravamo in macchina insieme – prosegue l’ambasciatore della Repubblica del Sudafrica presso la Santa Sede – e gli chiesi di poter vedere le sue mani”. Era già Presidente, ma “erano ancora indurite dagli anni di lavoro forzato a spaccare le pietre a Robben Island”; mi disse: ‘se sarai un politico devi sempre tenere il popolo nel cuore’”.

Intervista a George Johannes

Il piccolo Madiba e i grandi ideali

“Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è arreso”: e Nelson Mandela non si è mai sottratto alle sfide, nonostante dieci arresti, due processi e oltre un quarto di secolo di carcere sull’isola-prigione di Robben Island. Figlio di Gadla Henry Mphakamyiswa, capo della tribù Thembu, Rolihlahla Dalibhunga nasce il 18 luglio del 1918 nel villaggio di Qunu. Chiamato “Madiba”, titolo onorifico attribuito dagli anziani della sua tribù, Rolihlahla perde il padre a soli 9 anni. Studia in una scuola presbiteriana e saranno proprio i religiosi a cambiargli il nome in Nelson Rolihlahla Mandela. Conseguita la laurea in giurisprudenza, nel 1944 entra nella politica attiva diventando membro dell’African National Congress (Anc), guidando per anni campagne pacifiche contro il cosiddetto “Apartheid”, ossia quel regime politico che favorisce la segregazione dei neri.

“Un vincitore è un sognatore che non si è arreso”

L’icona della giustizia

Nel 1960, il Sudafrica attraversa una delle sue pagine più buie: “il massacro di Shaperville”, durante il quale il regime di Pretoria apre il fuoco ad altezza uomo durante una manifestazione, causando la morte brutale di 69 persone, incluse donne e bambini, per poi mettere al bando l’Anc. Nelson Mandela finisce in manette nel 1963 e dopo un procedimento di nove mesi, il processo di Rivonia, è condannato all’ergastolo. Chiuso nella sua cella, con una sola visita al mese, osservato a vista, spesso provocato, porta avanti la sua battaglia, sotto gli occhi dell’opinione pubblica mondiale. E’ solo nel 1990, su pressioni internazionali, che Nelson Mandela viene liberato. Nel 1991 divine presidente dell’Anc; nel 1993 è insignito del premio Nobel per la pace; mentre l’anno dopo, durante le prime elezioni libere del Paese, è eletto Presidente della Repubblica del Sudafrica e capo del governo. Resta in carica fino al 1998. All’età di 85 anni decide di ritirarsi per passare il maggior tempo possibile con la sua famiglia, fino al 5 dicembre 2013, quando il mondo perde Nelson Mandela. Oggi il suo nome campeggia in molti angoli, piazze, vie, luoghi anche sconosciuti del pianeta, ma quello che resta soprattutto è la saggezza, l’equilibrio, la disciplina, la tenacia, l’ostinazione, perché tutto “sembra sempre impossibile finché non viene realizzato”.

“Sembra sempre impossibile finché non viene realizzato”

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18 luglio 2018, 08:05