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Religiose a Manila impegnate nel recupero dei tossicodipendenti Religiose a Manila impegnate nel recupero dei tossicodipendenti 

Religiose in prima linea in zone di guerra e contro la tratta

Seminario a Roma all’Ambasciata statunitense presso la Santa Sede sulla presenza delle suore in zone di conflitto e contro la tratta

Philippa Hitchen - Città del Vaticano

C’è attesa per l’incontro di domani organizzato dall’Ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede con l’Unione delle Superiori generali sulla presenza delle religiose impegnate in prima linea nelle zone di guerra e contro il traffico di esseri umani. Tra i relatori, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati. Una delle partecipanti al seminario, suor Carmen Bandeo, spiega l’importanza che hanno le religiose nei conflitti in tutto il mondo

R. – Direi non soltanto nelle zone di conflitto, ma anche nelle situazioni di conflitto all’interno delle zone di guerra. Personalmente, penso infatti che siano le donne ad avere una posizione chiave, al fine di costruire la pace e le relazioni che sottolineano l’importanza della vita.

Può darci qualche esempio concreto dei luoghi in cui lei vede tutto ciò in azione?

R. – Un esempio è la presenza delle suore nelle carceri. Io stessa ho svolto quel tipo di lavoro e ho visto come la nostra presenza abbia ridato dignità ai detenuti. Un altro esempio sono le vittime del traffico di esseri umani o ancora le donne che si trovano a vivere in carcere o in altri centri di detenzione insieme ai loro bambini. Per cui, siamo noi – donne – ad aver ridato loro la dignità. E al tempo stesso abbiamo dato l’opportunità alle guardie carcerarie e agli agenti di polizia di riscoprire che anche queste persone sono esseri umani. Anche chi vive dietro le sbarre è un essere umano Il nostro lavoro serve quindi a ristabilire questa relazione tra entrambe le parti.

Il vostro è un ruolo vitale. Spesso, tuttavia, questo vostro lavoro resta quasi nascosto e non è riconosciuto, non crede?

R. – Sì, io sento che la società a volte ci trascura. Le persone sono consapevoli, verranno a chiedere il nostro aiuto; ma al tempo stesso non ci riconoscono, forse perché sono così abituati all’idea che le donne sono lì, presenti. Ma le donne non hanno solo bisogno di essere visibili: noi abbiamo anche bisogno di essere ascoltate. Il punto è quello: essere ascoltate in modo tale che tutti – tutti i membri della società: non solo le donne, ma tutti – possano cambiare per un mondo migliore.

Ascolta l'intervista a suor Carmen Bandeo

Dal canto suo suor Yudith Pereira affronterà l’impegno delle religiose nel tormentato Sud Sudan dove è in corso una sanguinosa guerra civile

R. – Sì, le donne religiose in Sud Sudan si occupano di educare e di assistere le persone nelle zone dove nessuno vuole recarsi. Assistono le persone che sono considerate pericolose o che si trovano in zone a rischio, dove anche le Ong hanno un accesso limitato. Le persone sentono che noi siamo loro molto vicine: anche noi patiamo le sofferenze di chi ha subito violenze, è stato assassinato o derubato. Le persone sentono la nostra vicinanza. E il nostro ruolo è anche quello di essere madri per così tante persone - adulte e giovani - che sono in guerra, e vivono perennemente in conflitto. Noi offriamo loro degli spazi educativi, dove possano trovare tutto ciò di cui necessitano per stare bene e per vivere, crescere e cambiare. E questo è molto importante.

Che altro, secondo lei, dovrebbe fare la Chiesa per cercare di incoraggiare il ruolo vitale che voi religiose svolgete?

R. – Sarebbe bello se riuscissimo a costruire delle strutture insieme, attraverso il lavoro delle congregazioni religiose: non solo delle donne, ma soprattutto delle donne. Costruire all’interno della Chiesa delle strutture ufficiali per collaborare, svolgere programmi congiunti, non solo per assistere o per essere viste come qualcuno nella chiesa anche se differente, ma veramente per lavorare insieme.

In questo quadro, anche la rappresentanza alle Istituzioni svolge un ruolo importante in questo senso, non trova?

R. – Sì, penso che la rappresentanza alle Istituzioni sia una delle cose più importanti, perché se non si prende coscienza delle situazioni, è come se queste non esistessero. Quindi, la domanda è: come possiamo condividere ciò che facciamo? Come possiamo ricevere e dare a nostra volta degli orientamenti alle gerarchie della Chiesa in posti diversi così che queste ultime possano influire al loro livello?

Ascolta l'intervista a suor Yudith Pereira

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10 aprile 2018, 11:27