Pulji?: diritti umani, dignità e uguaglianza per pace in Bosnia-Erzegovina
Giada Aquilino - Città del Vaticano
“La pace piena e giusta non regna ancora nella Bosnia-Erzegovina”. Lo dichiarano, in una nota, i vescovi dell’Austria e quelli del Paese balcanico al termine della plenaria svoltasi la scorsa settimana a Sarajevo. I presuli esortano leader locali e internazionali a realizzare un percorso di uguaglianza e rispetto dei diritti umani sia nella Federazione di Bosnia ed Erzegovina, sia nella Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, previste dagli accordi di Dayton che posero fine alla guerra degli anni Novanta. Eppure dopo tali intese, “la situazione in Bosnia-Erzegovina non è mai stata stabile” spiega il cardinale Vinko Pulji?, arcivescovo di Sarajevo: “vogliamo creare una uguaglianza” in tutto il Paese e per tutti e tre i popoli costitutivi, bosniaci, serbi e croati. “Questa espressione ‘tre popoli costitutivi’ viene proprio Dayton ma - spiega il porporato - quanto previsto negli accordi non è stato ancora realizzato nel profondo”. “Per questo - aggiunge - non c’è pace. E manca la fiducia perché non esiste una verità, cioè non tutti i crimini sono proclamati come tali”.
Non c’è pace stabile nel Paese
E’ la convivenza pacifica ad essere “in pericolo”, sottolineano le due Conferenze episcopali riunitesi a Sarajevo. Sono necessarie “tre cose molto importanti per creare una pace vera”, precisa il cardinale Pulji?. “Costruire uno Stato dove si realizzino e si rispettino i diritti umani ma anche la dignità umana, insieme all’uguaglianza. Mancano tutti e tre. Per questo non c’è pace stabile. E il popolo è stanco: in tanti emigrano perché sono stanchi di questo ‘gioco’ della comunità internazionale e locale”.
I tre popoli
A proposito dei tre popoli costituitivi, l’arcivescovo di Sarajevo ricorda che si ha a che fare pure con “tre religioni: i serbo-ortodossi, i bosniaci musulmani e i croati cattolici”. “I diritti di noi cattolici – spiega - dipendono dai diritti che vengono riconosciuti ai croati e per questo è molto importante creare uno Stato nel quale esista una democrazia, nel quale ci sia rispetto per i diritti umani, dove possiamo essere uguali”.
Identità culturale, nazionale, religiosa
Guardando ad una integrazione europea auspicata dalla Chiesa locale, con l’appoggio della Conferenza episcopale austriaca, da Sarajevo - ad oltre vent’anni dall’assedio, considerato il più lungo nella storia bellica della fine del XX secolo - parte l’appello a “creare un rapporto di fiducia con le persone, tutta la popolazione della Bosnia-Erzegovina deve sapere di poter vivere sicura nella propria casa”. “Vogliamo vivere in libertà e - conclude il cardinale Pulji? - anche vivere la nostra identità culturale, nazionale, religiosa rispettando le diversità e creando l’uguaglianza di fronte alla legge” in tutto il Paese.
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