Libano, Hariri: Caritas, in atto conflitto tra sciiti e sunniti, serve pace
di Giada Aquilino
Il premier libanese dimissionario Saad Hariri è stato ricevuto stamani a Ryad dal re Salman. È infatti dall’Arabia Saudita che Hariri ha annunciato sabato le proprie dimissioni. È stata una “sorpresa” per tutto il Paese, commenta padre Paul Karam, presidente di Caritas Libano. Il capo dello Stato, Michel Aoun, ha dichiarato che “sta aspettando il ritorno” di Hariri in patria per qualsiasi decisione, riferisce il sacerdote.
Hariri ha denunciato l’interferenza iraniana negli affari interni libanesi. La comunità internazionale nota dunque il protrarsi del confronto a distanza tra Ryad e Teheran: “è molto chiaro già da diversi anni, se non secoli, che c’è - spiega padre Karam - un grande conflitto tra la comunità sciita e la comunità sunnita”: sicuramente, aggiunge, quando entrano in gioco “la politica, gli interessi personali” chi paga il prezzo più alto è sempre “il popolo povero, il popolo semplice, che sta aspettando il ‘suo pane quotidiano’”. È auspicabile, prosegue, che ci sia “un grande sforzo per la pace, per il dialogo”, invece di tensioni e sfide “uno contro l’altro”, perché “le guerre non hanno mai risolto i problemi, li hanno creati”. Hariri era stato ricevuto dal in Vaticano lo scorso 13 ottobre.
Ora l’esortazione è a lavorare e operare “per la pace”, come ha già fatto il patriarca di Antiochia dei Maroniti, il cardinale Béchara Boutros Raï. Nei giorni scorsi era stata annunciata una prossima visita del porporato in : a tal proposito padre Karam ammette di non sapere se “questo piano” verrà portato avanti “visti gli ultimi eventi che sono accaduti”. Il pensiero del sacerdote va invece al delicato momento che vive il Libano, anche in ragione del gran numero di profughi presenti nel Paese. Proprio il cardinale Béchara Raï aveva evidenziato come, con siriani e palestinesi, la popolazione libanese fosse passata da 4 a 6 milioni: un fardello giudicato dal porporato “troppo pesante” per il piccolo Stato, che copre un territorio di 10 mila chilometri quadrati.
“Il Libano - sottolinea padre Karam - è l’unico Paese dell’area che sta accogliendo un numero così grande di profughi. Tale situazione ha creato delle tensioni tra le comunità”, perché questi migranti “stanno prendendo una gran parte dei lavori” disponibili, spesso “in nero”. Le ultime statistiche, riferisce il presidente della Caritas locale, dicono che i disoccupati “sono tra il 36 e il 38%”: c’è un grande rischio per la vita sociale dei libanesi”, in tanti scelgono la via dell’emigrazione.
Questo non significa non rispondere all’esortazione di Papa Francesco ad accogliere, che poi è una chiamata “al Vangelo”: la comunità internazionale, spiega ancora padre Karam, ha detto che il Libano ha accolto oltre la propria capacità, quindi è essa stessa che ha il compito ora di “cercare soluzioni adeguate”. L’importante, conclude, “è lavorare per la pace”, trovando anche una soluzione “per coloro che vogliono tornare in Siria”. La Caritas rimane “sempre impegnata” per chi ha bisogno, pure se “le risorse sono molto ridotte” e si vive un clima di “grande tensione”, in cui si è complicata “la situazione politica, sociale e umanitaria”.
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