Siria, dove si prega per la riconciliazione
Stefano Leszczynski - Città del Vaticano
L'ultima cittadina prima di arrivare a Deir Mar Musa è al-Nabek. Qui nonostante l'apparente tranquillità, nei giorni più bui della guerra era difficile entrare senza una motivazione più che valida e senza le opportune autorizzazioni. L'ingresso del centro abitato al lato della strada principale che corre verso Damasco, presenta ancora la testimonianza dei check-point e delle fortificazioni abbandonate dopo la caduta di Assad. Vi arrivo negli ultimi giorni di gennaio al seguito dell'inviato del Papa, il cardinale Gugerotti, e del nunzio in Siria, il cardinale Zenari, per fare visita alla piccola comunità monastica fondata da padre Paolo Dall'Oglio proprio nell'antico monastero di Mar Musa al-Habashi, san Mosè l'Abissino.
Preghiera e lavoro
Ad accoglierci è padre Jihad Youssef, che da maggio 2021 è il superiore della comunità di Deir Mar Musa. Questo energico monaco siriano ci mostra i frutti del lavoro per strappare frammenti di terra al deserto. Ai piedi del monastero sorge l'uliveto, rigoglioso e ben curato nonostante le rigide temperature e la poca acqua a disposizione. Ci sono pero due pozzi che sono stati scavati a 300 e a 500 metri di profondità. Da poco è stato impiantato un vigneto, mentre il tentativo di avviare la produzione di miele si è dovuta arrendere di fronte al freddo e alle malattie che hanno colpito le arnie. Ma c'è quanto basta per l'auto-sostentamento alimentare. Ad aiutare ci sono anche un postulante, un novizio e un ospite dalla Svizzera; oltre alle due monache, suor Houda e suor Carol.
La chiamata di Dio
Con lo sguardo rivolto verso la catena montuosa dell’Antilibano, là dove svetta il monte Hermon, la piccola comunità monastica al-Khalil di Deir Mar Mousa al-Habashi al tramonto si riunisce in preghiera. Osservando la distesa desertica dell’altipiano a 1200 metri sul livello del mare si viene pervasi da una sensazione di pace, avvolti in un silenzio che neppure il vento sembra scalfire.
Quando chiedo a suor Carol Cooke-Eid in che modo è approdata al monastero, nella comunità fondata da padre Paolo dall’Oglio, ride e mi risponde che non l’ha realmente scelto lei: “E’ stato l’appello di Dio”. Suor Carol è libanese, ma ha vissuto per più di vent’anni in Germania per poi fare ritorno nella sua terra. “Ero una laica, consacrata. Non cercavo nulla e soprattutto non cercavo nulla in Siria. La guerra tra i due paesi e la lunga occupazione aveva lasciato un segno profondo su di me. - racconta la religiosa - e invece i piani del Signore non sono i nostri piani, i suoi pensieri non sono i nostri pensieri e mi ha fatto capire che mi voleva qui e questo posto. Mi ha trasformata”.
Sulle orme di Paolo dall’Oglio
La comunità monastica al-Khalil di Deir Mar Musa è una comunità spirituale ecumenica mista di rito siro-cattolico composta da monaci e monache provenienti da diverse Chiese e paesi. A fondarla è stato padre Paolo Dall’Oglio nel 1992 per promuovere il dialogo tra cristianesimo e islam. “Padre Paolo credeva fortemente nell'amicizia tra le diverse componenti della società civile siriana e lavorava per una vera fratellanza tra musulmani e cristiani.– dice suor Carol – soprattutto voleva rappresentare l'amore di Cristo per il mondo musulmano, invitando anche i cristiani orientali che vivono da minoranza in un paese a maggioranza musulmana, invitandoli a capire la loro vocazione il senso della loro presenza qui come sale e come lievito”.
Fratellanza e riconciliazione come missione
Nella Siria di oggi devastata da una guerra pluridecennale e smarrita di fronte al capovolgimento politico determinato dalla caduta di Assad il progetto di Deir Mar Musa assume una rilevanza enorme. “Questo monastero è il simbolo di un dialogo indispensabile nella Siria di oggi.” – dice suor Houda Fadoul, originaria di Damasco. “Per troppo tempo, durante il periodo della guerra e a causa della guerra, l’immagine dell’Islam è stata distorta. Condividendo la nostra esperienza di dialogo e confronto, anche teologico, possiamo contribuire a una riaffermazione del rispetto reciproco”. “Lo stesso padre Paolo” – aggiunge suor Carol – “mi diceva sempre: non credere Carol che Dio abbia dato solo a noi qualcosa per loro, ma devi stare attenta al dono che ci vuole fare attraverso di loro. Questo luogo è un posto che vuole invitare alla conoscenza reciproca alla riconciliazione, all'affetto, al lavoro comune ed è molto importante per il bene di tutti”.
Un luogo di condivisione
La vocazione dei monaci e delle monache di Mar Musa non è quella di vivere lontani dal mondo. Le storie personali di questi uomini e di queste donne, che hanno scelto la strada della preghiera e del lavoro in nome della pace sono cariche di esperienza del quotidiano tanto nei suo aspetti migliori come in quelli peggiori. Il bagaglio umano e intellettuale dei religiosi e delle religiose di Mar Musa li spinge inesorabilmente nel mondo e nel tempo presente. “Siamo sempre stati aperti all’ospitalità.” – sottolinea suor Houda - “E’ un’opportunità meravigliosa poter condividere la nostra esperienza e mostrare che un’altra vita è possibile. E’ importante soprattutto per i giovani di questo paese che sono chiamati a ricostruire questo paese: una Siria da amare”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui