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Momenti di vita ecclesiale ordinaria, Il vescovo della diocesi di Butembo-Beni in visita ai malati mentali dell'ospedale cittadino Momenti di vita ecclesiale ordinaria, Il vescovo della diocesi di Butembo-Beni in visita ai malati mentali dell'ospedale cittadino

RD Congo, il vescovo Paluku: "Segni di speranza in una nazione in guerra"

Mentre Il Paese dell'Africa Centrale è devastato dal conflitto civile e dalla povertà, il pastore della diocesi di Butembo-Beni, monsignor Melchisedec Sikuli Paluku, racconta come la sua porzione di Chiesa continui con ottimismo a vivere in una situazione di paura ma anche di apparente calma. Le celebrazioni eucaristiche e la pastorale stanno continuando senza grandi stravolgimenti mentre tra poco verranno ordinati nuovi diaconi. Il ruolo ecclesiale nel priocesso di pacificazione nazionale

Federico Piana- Città del Vaticano

Sembra quasi un miracolo. I preti sono ancora al loro posto, solo 2 parrocchie su 70 sono state attaccate dalla guerriglia, tre quarti dei fedeli sono ancora tutti lì a sostenere come possono la Chiesa locale. Eppure, in teoria, non dovrebbe essere così perché il territorio della diocesi di Butembo—Beni si estende per 45.000 chilometri quadrati nel Kivu del Nord, una delle 26 provincie della Repubblica Democratica del Congo, Paese dell’Africa centrale stritolato dalla guerra civile e annientato da una emergenza umanitaria senza precedenti in tutto il continente. Dovrebbe essere come in altre zone del sud e dell’est dove i gruppi armati sostenuti dal Rwanda, che combattono contro con le forze governative e perfino tra di loro, uccidono, saccheggiano, devastano. Senza guardare in faccia a nessuno.

Fotografia dettagliata

Venire a sapere che la celebrazione dei sacramenti e le attività pastorali non hanno subito scossoni o cambiamenti potrebbe suonare strano solo però se non si analizzasse nel dettaglio il quadro della situazione che il vescovo diocesano traccia per i media vaticani. E che contiene una fotografia, dettagliata ed obiettiva: «Solo una piccola parte della mia diocesi è stata occupata dai ribelli del movimento M23 che arrivano dal sud. Per il resto, c’è timore ma anche una relativa calma dovuta alla presenza dei soldati dell’Uganda che dal 2021, dopo il protocollo d’intesa firmato con il nostro governo, si sono uniti all’esercito regolare congolese per combattere i paramilitari. Il loro intento dichiarato è quello di difendere i civili e finora non hanno mai fatto male a nessuno».

La vita ecclesiale non si ferma

Monsignor Melchisedec Sikuli Paluku se deve raggiungere qualche villaggio per una cresima ci va senza problemi e se la mancanza di sicurezza proprio non lo permette delega qualche suo vicario episcopale. «Le condizioni in cui viviamo la nostra fede, per il momento, sono normali. Ad esempio, quest’anno stiamo ricordando i primi due vescovi della diocesi, miei predecessori: un’occasione per invitare i fedeli a pregare ancora di più».

Ascolta la testimonianza di monsignor Melchisedec Sikuli Paluku

Calma flebile

E anche se questa calma surreale potrebbe presto sciogliersi come neve al sole perché la diocesi di Butembo — Beni e stretta nella morsa dei gruppi armati che premono da nord—est e da sud, il presule non ha voluto perdere l’occasione per preparare ogni singolo cristiano a vivere il Giubileo nel miglior modo possibile: «Tutta la nostra pastorale è incentrata sulla speranza, tema portante di questo Anno Santo. Cerchiamo di seguire il calendario dei grandi eventi. Molti gruppi, associazioni e movimenti stanno venendo nella cattedrale della sede episcopale per vivere pienamente il Giubileo. Stiamo pensando di organizzare anche un pellegrinaggio a Roma ma dobbiamo capire come fare per ottenere i visti necessari».

Speranza continua

I segni di speranza non finiscono qui. Altri, considerati provvidenziali, sono le ordinazioni di 23 diaconi che si svolgeranno il 27 febbraio ed il 2 marzo. «Sono eventi che mostrano la vivacità della Chiesa anche in un frangente così doloroso. Non posso assolutamente lamentarmi quando vedo che la mia gente prega con tanta intensità nonostante il dolore e la povertà».
L’ottimismo speranzoso della Chiesa si nota anche sul fronte diplomatico. I vescovi hanno messo in campo un’iniziativa — alla quale hanno aderito anche i leaders protestanti — con la quale far dialogare le parti contrapposte per tentare di porre fine ad un conflitto insensato: «Per me, come per tanti altri, questo sforzo rappresenta l’unica via d’uscita concreta. Quando saranno stabiliti tutti i contatti giusti, si farà un incontro per cercare di capire cosa si può fare per costruire la pace, non solo nel nostro Paese ma nell’intera regione». Intanto, assicura ancora monsignor Melchisedec Sikuli Paluku, un primo vertice «si potrebbe svolgere già nei prossimi giorni in Kenya o in Tanzania tra il nostro cardinale Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa, l’arcivescovo di Kigali, in Rwanda, cardinale Antoine Kambanda, ed il presidente dell’Aceac, l’associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa centrale, monsignor Marcel Madila Basanguka, arcivescovo emerito di Kananga. L’obiettivo è quello di trovare una soluzione condivisa insieme ai capi di Stato e di governo. E bisogna fare presto».

Attenzione agli sfollati

Come immediatamente occorrerà trovare una soluzione per gli sfollati interni che fuggono dai combattimenti per salvarsi la vita. «A Butembo — Beni ne sono arrivati tantissimi e sono in aumento. È impossibile avere dei numeri precisi.». Gli organismi caritativi della Chiesa locale fanno l’impossibile per aiutare, in collaborazione con le agenzie internazionali, ma certamente non basta. «Quando gli sfollati arrivano qui da noi vengono ospitati dai loro parenti o da gente di buona volontà ma tutti finiscono per vivere nella precarietà».

Il copione non cambia

Eppure, uno straniero che visitasse Butembo non si accorgerebbe di queste difficoltà, gli sembrerebbe che la popolazione tutto sommato non se la passi poitanto male. «La mia gente è capace di essere resiliente e tutto ciò è ammirevole. Ma è così da molto tempo. Sono vescovo da ormai 26 anni è la situazione della nazione è sempre stata più o meno la stessa: guerre, scontri, insicurezza». E anche il comportamento dei gruppi armati non è mai cambiato: «Dicono di voler aiutare la popolazione ma poi. quando chi li sostiene smette di finanziarli, si trasformano in ladri ed assassini». In fondo, ogni volta, è sempre lo stesso copione che si ripete, nell’indifferenza della comunità internazionale.

 

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23 febbraio 2025, 09:00