L'?uvre d'Orient, viaggio alla scoperta dei cristiani in Egitto
Marine Henriot - inviata in Egitto
Nell’Egitto Paese al crocevia di due continenti, un gruppo di giovani francesi, di età compresa tra i 25 e i 33 anni, sta entrando a contatto con la vita quotidiana e le aspirazioni dei cristiani d'Oriente, grazie ad un viaggio che permette loro di incontrare diverse comunità religiose che aiutano le popolazioni più svantaggiate, sia locali che immigrate. L'iniziativa de "L'?uvre d'Orient" - associazione francese sin dal 1856 interamente dedicata all’aiuto ai cristiani d’Oriente - è la prima nel suo genere ed è guidata da Nicolas Meslin Sainte Beuve, che negli ultimi due anni è stato il responsabile del progetto di servizio ai giovani dell'associazione. L'obiettivo è quello di far vivere a questi giovani “un'esperienza diretta della realtà dei cristiani in Oriente”, in modo che possano poi testimoniarla.
“Vorremmo far capire ai francesi - spiega Sainte Beuve - che le grandi crisi in corso in Medio Oriente non devono lasciarci indifferenti, soprattutto perché hanno conseguenze in Francia, in particolare con la questione dei rifugiati”. “Se pure - osserva - intellettualmente comprendiamo che la culla del cristianesimo si trova qui, questo però tende a essere completamente dimenticato nel quotidiano”. Dei circa 109 milioni di abitanti dell’Egitto, circa il 90% sono musulmani, il 10% copti, in maggioranza ortodossa. I copti, discendenti della cultura egiziana ancestrale, e fondatori del monachesimo, rappresentano la più grande comunità cristiana del Medio Oriente. In una terra che ha contribuito a diffondere il cristianesimo, Nicolas Meslin Sainte Beuve spera che questa settimana di incontri con le comunità, “siano esse copte ortodosse, copte cattoliche o cattoliche latine”, possa sensibilizzare i giovani.
Un'avventura umana
Per alcuni partecipanti non è la prima esperienza di questo genere. Per Maxime, che in passato, ha lavorato come assistente in una comunità religiosa in Libano, questo modo di viaggiare sarà un modo per capire come “aiutare al meglio i fratelli e sorelle sull'altra sponda del Mediterraneo”. Anche Xavie, 25.enne alsaziana, ha già svolto attività di volontariato trascorrendo tre mesi in Terra Santa per aiutare i rifugiati, un'esperienza che l'ha resa consapevole dell'importanza dei cristiani d'Oriente. Oggi continua ad avvicinarsi a questa realtà perché, spiega, “più si impara, più si è in grado di trasmettere”. Il suo entusiasmo è contagioso. Albane non conosceva i cristiani d'Oriente, ma “senza esitazione”, si è unita al gruppo, spinta dal desiderio di viaggiare in modo diverso in un Paese dove suo nonno ha vissuto i suoi primi anni.
Alla scoperta della convivenza
Nel corso del pellegrinaggio di questi giovani, si fanno sempre più evidenti il fascino dell'Oriente e l'umanità delle comunità. Di ritorno dal villaggio di Hagaza, simbolo della convivenza tra musulmani e copti cattolici, dove questi ultimi gestiscono una scuola per bambini di tutte le religioni, Albane è rimasta colpita dalla maturità dei piccoli che ha incontrato. “Percepiamo - dice -una saggezza nel loro atteggiamento e nei loro occhi, ma allo stesso tempo corrono dietro all'autobus e ci salutano come bambini”.
L'emozione è palpabile anche negli occhi di Adèle, dopo un momento di preghiera condiviso con i copti cattolici di Al-Maris, davanti alle rovine della chiesa del villaggio distrutta pochi mesi prima. Se si sia trattato di un incidente o di un atto intenzionale è ancora oggetto di indagine, ma per la studentessa questo momento di preghiera “calma i cuori prima di ricostruire la chiesa pietra per pietra”. “Siamo venuti - aggiunge commossa - solo per dire loro che siamo con loro”.
La spiritualità del deserto
Questo viaggio fuori dai sentieri battuti ha portato i giovani anche a Wadi el Natrun, cuore della spiritualità dei padri del deserto, oggi importante luogo di pellegrinaggio copto, reso accessibile da una gigantesca autostrada. È in questo wadi, originariamente sperduto nel deserto di Scété, che Antonio il Grande scelse, all'età di 19 anni, alla fine del II secolo, di spogliarsi di tutte le sue ricchezze per affrontare il vuoto del deserto, gettando così le basi del monachesimo. Accanto alle celle dei fratelli, che ora si sono allontanati dall'eremo, sorgono chiese copte davanti alle quali bisogna togliersi le scarpe per entrare. Per chi lo desidera la preghiera è in ginocchio su pavimenti in moquette. “Il rito copto ha molte differenze dal nostro, ma allo stesso tempo molti punti in comune”, osserva affascinata Gabrielle, 25 anni. “In questo modo si allarga di più il nostro orizzonte di ‘piccoli francesi’, che potrebbero pensare che il cristianesimo sia nato a Parigi, in Francia”.
Nel monastero siriano, i cui affreschi sono stati coperti e ridipinti nel corso dei secoli e delle incursioni, Adéle si sente piccola di fronte alla storia secolare della Chiesa. Lo stesso fascino è avvertito dai giovani ad Anafora, il centro ecumenico di ritiro spirituale creato nel deserto nel 1999, che si è arricchito di una chiesa sotterranea durante la pandemia di Covid-19. Il pavimento, ricoperto di tappeti colorati e le pareti dipinte con scene bibliche attirano i visitatori in una spirale di colori scintillanti. I bambini corrono a piedi nudi davanti all'altare: la Chiesa copta è viva e vegeta. In questo Paese desertico, ogni giovane partecipante al viaggio ha aspirazioni diverse, ma tutti insieme stanno vivendo un'avventura umana e solidale che sicuramente permetterà di affrontare con ancora maggiore benevolenza e umanità le prove vissute dalle minoranze cristiane in Medio Oriente.
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