Don Primo Mazzolari e il carcere, la relazione da riscoprire in un libro
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Il 13 gennaio scorso è stato il 135.mo anniversario della nascita di don Primo Mazzolari: quale migliore occasione per riscoprire questa figura così importante, proprio all’inizio del Giubileo 2025, dedicato alla speranza? “Questo libro, che vanta la prefazione dell’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, monsignor Gian Carlo Perego, è uscito in un momento significativo ed è un dono del Giubileo di cui raccoglie l’istanza di far pensare alle persone in termini di redenzione e misericordia, sull’esempio di don Primo Mazzolari - racconta ai media vaticani uno degli autori, don Bruno Bignami - ed è una riflessione cristiana sul senso della pena e sul valore della persona”.
Don Primo Mazzolari e il carcere
Il rapporto del sacerdote cremonese con il carcere affonda le radici nell’esperienza personale: per ben due volte, infatti, fu arrestato nel 1944 con l’accusa di collaborare con i partigiani e di partecipare alla Resistenza: “D’altronde anche Gesù venne arrestato – spiega don Bignami – ma la sensibilità del sacerdote cremonese verso i detenuti risiede anche nel fatto che molte famiglie nelle parrocchie dove celebrava avevano parenti in carcere; inoltre, la sua fama spingeva molti ristretti a scrivergli per parlargli delle condizioni in cui vivevano in carcere”. Colpisce anche il fatto che dopo il 25 aprile 1945, giorno della Liberazione, don Mazzolari fu tra i primi a celebrare la Messa per i fascisti: “Dava attenzione all’uomo, alle persone, che venivano prima della loro appartenenza politica”, spiega ancora l’autore.
Non c’è giustizia senza misericordia
Tra i temi affrontati nell’opera, che raccoglie scritti inediti e storici di Don Primo Mazzolari, anche quello della giustizia riparativa come strumento per gettare quel famoso ponte tra il carcere e la società di cui parla spesso il Papa: “Naturalmente don Primo non usa l’espressione ‘giustizia riparativa’ che ancora non esisteva - prosegue don Bignami – ma diceva che la giustizia da sola non basta e che dove si ferma, deve continuare la misericordia: in pratica chiede di aprire il cuore per accogliere il mistero della redenzione, di una profonda rivisitazione delle posizioni che hanno portato l’uomo a sbagliare e a commettere reato”. Poi c’è il tema della vittima, che a volte la giustizia dimentica: “La condanna non rende giustizia perché la vittima resta sullo sfondo - afferma l’autore – con la giustizia riparativa, invece, c’è riconciliazione, si stabilisce una relazione tra chi ha commesso e chi ha subìto l’errore: è una risposta”.
“L’uomo è molto più del suo errore”
Lo dice spesso Papa Francesco e lo diceva don Primo Mazzolari: davanti a un detenuto dobbiamo chiederci, perché lui e non io? “C’è bisogno di ‘riconoscere’ l’uomo anche se è molto difficile – risponde don Bignami – molte persone sono così immerse in logiche di esclusione sociale da non capire che le grandi opportunità che ognuno di noi riceve nella vita non dipendono dalla meritocrazia, ma da chi si è preso cura di noi e ce le ha offerte”. Questo libro, allora, diventa una guida davvero per tutti, per vivere concretamente il Vangelo, ma anche per approfondire una visione coraggiosa e cristiana della giustizia.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui