Gallagher: bisogna avere il coraggio della pace e lavorare per una riconciliazione vera
di Charles De Pechpeyrou
Il coraggio della pace oggi non si limita alla semplice ricerca di un cessate il fuoco e all'adozione di misure per proteggere le popolazioni civili, ma significa anche «credere che sia possibile agire prima che scoppi la violenza, rifiutare le logiche disumanizzanti che stanno alla base dei conflitti, cercare di costruire ovunque solidarietà e fraternità, avere la forza d'animo e la determinazione di superare le ostilità» e «lavorare con i popoli per una riconciliazione vera e duratura». Questo è stato l'appello formulato, «nel contesto molto complesso in cui ci troviamo oggi», dall'arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, in occasione della Conferenza intitolata «Militari per ottenere la pace» svoltasi oggi, 7 febbraio, all'Institut Français - Centre Saint-Louis, a Roma, nell'ambito del Giubileo delle Forze Armate, della Polizia e degli Agenti di Sicurezza.
Il riferimento del presule al coraggio richiamava le parole pronunciate da Papa Francesco l'8 giugno 2014, durante una cerimonia nei Giardini vaticani, alla quale avevano partecipato i presidenti israeliano e palestinese. Alla presenza, tra gli altri, del vescovo Antoine de Romanet, ordinario militare per la Francia, e dell'ambasciatore francese presso la Santa Sede, Florence Mangin, monsignor Gallagher ha evidenziato i cambiamenti della realtà militare, in un contesto in cui «la pace oggi non può più essere data per scontata» e in cui «cresce il dubbio sulla capacità della comunità internazionale e delle sue istituzioni di mantenere la fiducia tra le nazioni». Nel suo intervento, intitolato “Militari, il coraggio di vincere la pace oggi” e incentrato in particolare sulla configurazione dei conflitti attuali, l'arcivescovo britannico ha ricordato, sulle orme dei Papi a partire dal Concilio Vaticano II, che «sarebbe illusorio ridurre la pace alla pura assenza di conflitti», poiché «la guerra oggi non si limita all'uso della forza». Spesso multidimensionali, i conflitti odierni richiedono «un approccio integrale nelle questioni di sicurezza. La sicurezza alimentare, ambientale, sanitaria ed economica deve essere presa in considerazione ha spiegato il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali —; in altre parole, la pace richiede la costruzione di un ordine basato sulla giustizia e sulla carità. È anche il frutto della solidarietà, della salvaguardia della nostra casa comune e della promozione del bene comune».
All'aspetto multidimensionale della ricerca della pace, si aggiunge la considerazione della natura stessa dei conflitti che varia notevolmente, ha sottolineato il rappresentante della Santa Sede. «Oltre alle guerre convenzionali dirette, oggi assistiamo a guerre per procura, guerre civili, guerre ibride, conflitti congelati e rinviati, e guerre che si stanno trasformando in conflitti transnazionali», ha detto Gallagher, rimarcando che «la situazione geopolitica è talvolta così complessa e polarizzata che qualsiasi risoluzione del conflitto diventa estremamente difficile». Un terzo aspetto dei conflitti attuali è l'uso di nuovi tipi di armamenti, che stanno portando alla produzione di un numero sempre maggiore di armi in tutto il mondo. In particolare, molti Paesi dispongono di armi di distruzione di massa e fanno uso dell'intelligenza artificiale. Questo uso di tecnologie e sistemi avanzati, in grado di identificare e colpire obiettivi senza l'intervento diretto dell'uomo, «non elude da seri interrogativi etici», ha insistito il presule, ricordando che la recente Nota Antiqua et Nova del Dicastero per la Dottrina della Fede e del Dicastero
per la Cultura e l'Educazione «lancia l'allarme sul rischio che i sistemi di armi autonome letali possano a loro volta rendere più “praticabile” la guerra». La natura incontrollabile di tale potenza distruttiva, che può colpire un gran numero di civili innocenti, ha affermato il relatore, «richiede quindi un'attenzione molto seria, un dialogo tra i vari attori e un impegno deciso ad adottare un arsenale di regole che ci consente di procedere con decisione verso la smilitarizzazione del mondo, anche lavorando istantaneo alla costruzione della fiducia tra i popoli».
Infine, l'arcivescovo Gallagher si è soffermato sulla necessità di un «nuovo approccio alla questione della sicurezza», in uno «spirito completamente nuovo», come indicava il Concilio Vaticano II. Tale approccio, ha aggiunto, deve essere innanzitutto non violento: «si tratta di proseguire gli sforzi compiuti nei tempi moderni per escludere il ricorso alla guerra come mezzo affidabile di risoluzione delle controversie internazionali, privilegiando sempre la non violenza». Il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali ha osservato che comunque, fin dal Medioevo, la Chiesa ha sempre avuto potenti sostenitori della non violenza. E i Papi contemporanei hanno «severamente condannato la guerra, qualsiasi guerra, anche al di là del concetto di “guerra giusta”, il cui quadro morale era stato definito da sant'Agostino e san Tommaso ai loro tempi». In secondo luogo, questo «spirito del tutto nuovo» nel considerare la guerra «richiede un serio esame del rispetto del quadro normativo volto a proteggere la dignità e l'integrità degli esseri umani nel mezzo delle ostilità», ovvero «del diritto internazionale umanitario. È essenziale che il diritto umanitario abbia il suo giusto posto nel mezzo delle ostilità, qualunque sia il tipo di conflitto. Infatti, civili e combattenti devono essere protetti dalle norme in vigore, ispirate ai principi umanitari dettati dalla coscienza pubblica», ha chiarito il presule, deplorando il fatto che nei mesi scorsi, «in vari contesti e conflitti recenti, il diritto internazionale umanitario sia stato spesso trascurato, a volte in modo apparentemente deliberato».
E in proposito ha fatto notare come l'aumento delle atrocità sia anche parte di una tendenza alla banalizzazione della violenza in molte zone di conflitto, mettendo in luce che «la violazione dei diritti umani e delle leggi che regolano la condotta della guerra sta diventando così comune da essere talvolta considerata semplicemente inevitabile». Tuttavia, «non ci può essere una pace genuina e duratura, e nemmeno una pace “giusta”, se questo quadro normativo del diritto umanitario non viene rispettato». Se si vogliono applicare pienamente i principi del diritto umanitario, è anche necessario riconoscere i cambiamenti della realtà, in particolare la crescente complessità dei conflitti, ha affermato il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali. Questi conflitti, infatti, «non coinvolgono più necessariamente solo attori statali, ma anche gruppi armati e milizie private». Se da un lato è necessario «adattare questo quadro normativo e il modo in cui viene applicato», dall'altro «non è sufficiente, in quanto dobbiamo anche riscoprire, sia personalmente che collettivamente, i principi etici fondamentali che devono orientare ogni nostra azione concreta, anche nelle condizioni sul campo che a volte rendono così difficile il discernimento». «Cercare e riscoprire il significato della dignità umana ei principi morali che sono alla base della nostra comunità umana e ci uniscono al di là delle differenze politiche, culturali o religiose, ed attenersi ad essi — ha concluso l'arcivescovo Gallagher — richiede coraggio, e questa è anche una condizione per costruire una vera pace e creare un ordine internazionale armonioso».
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